Ripley, la recensione: noir olio su tela sulla costruzione dell’illusione

Ripley

Il cinema è il linguaggio per eccellenza con cui mettere in scena l’illusione, risultato che si ottiene dal rapporto tra finzione e realtà. Dopotutto l’intero movimento, almeno fino agli anni ’50, girava intorno all’idea di poter alterare il racconto del reale attraverso la propria capacità di ingannare i sensi, alimentata dall’alone di mistero che circondava la Settima Arte in quel periodo, simile a quello che poteva trovarsi negli spettacoli teatrali o, anche, nella pittura. C’è una letteratura sostanziosa al riguardo, comprensiva anche delle tecniche adoperate per l’alimentazione dell’illusione filmica.

Nella recensione di Ripley, la miniserie è disponibile su Netflix dal 4 aprile 2024, vi parliamo di un titolo che, per raccontare la storia del suo protagonista, che di mestiere fa il truffatore/illusionista, cerca la sua dimensione ideale a metà tra i tre linguaggi sopradescritti. Un’idea straordinariamente intelligente quella di Steven Zaillian (sceneggiatore premio Oscar per Schindler’s List e creatore dell’acclamata The Night Of), che, coadiuvato dal geniale direttore della fotografia, Robert Elswit (collaboratore storico di Paul Thomas Anderson e premio Oscar per Il petroliere), ha ripensato l’adattamento del romanzo del 1955 di Patricia Highsmith come non è stato mai fatto prima sullo schermo, nonostante le due eccellenti trasposizioni del 1960 e del 1999.

L’autore ha deciso infatti di mettere il suo Thomas Ripley, interpretato da un Andrew Scott per cui ormai sono finiti gli aggettivi, all’interno di un continuo quadro in bianco e nero, in cui si confondono verità e messa in scena, fantasia e realtà, immaginazione e programmazione e la luce la fa da padrona, come in un dipinto di Caravaggio, continuamente chiamato in causa. Pittore e truffatore, attratti da un mondo alternativo, illusionisti accomunati da un’affinità elettiva.

La loro realtà è reinterpretata da Zaillian come un labirinto cittadino itinerante composto da scale, bivi, volti, firme, feticci e… acqua, accompagnatrice instancabile, nel bene nel male. Sia Ripley che Caravaggio sono prigionieri e fautori di questo universo alterato, metafora di uno spirito complesso e maledetto, alla ricerca di uno stile di vita al di fuori delle regole sociali, condannati a poter vivere nel mondo solo attraverso i panni di altri, mettendo in scena sempre una versione differenti di se stessi.

Outsider per vocazione

Il talento di Ripley (Scott), lo si vede fin dall’inizio della narrazione, in cui lo troviamo a New York nel 1960, ed è quello di riuscire a sparire nel mondo reale nel tentativo costante di crearne uno diverso. La sua finestra sul mondo è, non a caso, un dipinto. Questo fa di lui un outsider per vocazione, un uomo che vede tutto con distante non curanza e che si muove sulla Terra con un distaccato atteggiamento di disprezzo, sentimento che cela una sociopatia crudele e senza scrupoli.

Andrew Scott

Lo incontriamo in un momento di passaggio tra una fase della sua vita arrivata al capolinea e un’altra che sta per iniziare e che il destino gli consegna tra le mani. Come una scelta divina, arrivata sotto forma di un ricco industriale nautico, tale Herbert Greenleaf, che, senza un motivo reale, lo vede come amico intimo di suo figlio Richard “Dickie” Greenleaf (Johnny Flynn) e per questo lo assolda per andare in Italia, ad Atrani, per interrompere la vita bohémien del rampollo e convincerlo a tornare a New York dalla famiglia.

Una volta arrivato sul posto Tom entra facilmente nelle grazie di Dickie, divenendo in breve tempo la sua ombra, il suo confidente, il suo allievo e il suo modello. L’unico ostacolo ad una completa sintonia con il ragazzo sta nella sua amica (lei intima sul serio), Marge Sherwood (Dakota Fanning), la quale da subito intravede in Tom qualcosa che non va, additandolo come un inquietante omosessuale ossessionato dalla ricchezza e il cui unico scopo è approfittarsi dell’ingenuità e della generosità della famiglia Greenleaf. Una sorta di buco nero pronto a fagocitare qualsiasi cosa e chiunque gli si pari davanti.

Ripley

Marge in un certo senso ha anche ragione, ma le manca una prospettiva completa: Tom è così determinato a non mollare l’opportunità che gli si è parata davanti da non disdegnare anche la possibilità di ricorrere a omicidio, truffa, furto, frode e annessi e connessi. Dopotutto, voi non fareste qualsiasi cosa per evitare di rinunciare alla vita che avete sempre desiderato? Forse, in fondo, se la merita più lui di chi la vive per diritto di nascita.

Un noir sul rapporto tra finzione e realtà

C’è un sentimento ambivalente che permea tutta Ripley, in perfetta linea con quello che suscita il suo protagonista. La miniserie è straordinariamente curata a livello formale, al limite della perfezione. Il suo bianco e nero è sontuoso, espressionista e algido, caloroso e spettrale, neorealista, ma anche noir. Cinematico, teatrale e pittorico. Esso attrae, ma disorienta, accoglie e respinge, come il suo protagonista, illeggibile, ma a tratti irresistibile.

Andrew Scott

Andrew Scott è straordinario interprete di una figura sfuggente, disprezzabile, spaventosa e malata, ma anche in grado di meritarsi, paradossalmente, ogni risultato ottenuto, ogni volta vincendo il confronto con i suoi oppositori. Lui, dopo tutto, ha più mezzi: è più intelligente, più bravo degli altri sia a scrivere che a dipingere. Un uomo in grado di vincere la realtà tramite la sua capacità di creare un’illusione più convincente. Ecco perché l’unica anima con cui trova una vicinanza è quella di un pittore inquieto, vittima della sua furia, in fuga dalla società. Forse Ripley, come Caravaggio, ama e odia se stesso, così come ama e odia Greenleaf e la vita che fa o, meglio, ciò che rappresenta. Lo si capisce dal rapporto che instaura con Freddie Miles (interpretato da Eliot Sumner, donna nei panni di un uomo, altra ambivalenza), arrogante figlio di papà, e dal fatto che l’unica cosa che di cui ha paura è l’acqua.

L’acqua è presente in ognuna delle otto puntate della miniserie ogni volta in una forma diversa, divenendo così la compagna di viaggio costante del protagonista. Attraverso la trasformazione del suo rapporto con essa egli si evolve, prendendo le misure a ciò che più di ogni altra cosa può rappresentare la sua kriptonite, ma anche ciò che nel mondo reale può essere ciò si avvicina di più alla sua indole. Ciò che si adatta e riflette la realtà in modo diverso, nasconde e rivela, pulisce e inghiottisce. Dal mare della Campania alla laguna di Venezia.

Ripley

Ripley è una miniserie fantastica sul rapporto tra la finzione e la realtà. Un lavoro complesso e sofisticato, riadattato in modo splendido e messo in scena attraverso una regia e una fotografia di prim’ordine, anche se al centro di tutto c’è, ovviamente, la recitazione, fulcro nevralgico senza la quale la messa in scena non può avvenire. L’uso della finzione per raccontare la realtà è fondamentalmente l’essenza stessa dell’illusione e quindi del cinema. Un lavoro che parla di un truffatore / illusionista non poteva che partire da questo assunto.

Ripley è disponibile su Netflix dal 4 aprile 2024.

85
Ripley
Recensione di Jacopo Fioretti Raponi

Nella recensione di Ripley vi abbiamo parlato della nuova miniserie originale Netflix che adatta il primo romanzo del celebre ciclo letterario di Patricia Highsmith. Il titolo porta la firma d'eccezione di Steve Zaillian, che, insieme a Robert Elswit, da vita ad un labirintico noir sul rapporto tra realtà e finzione. La storia in bianco e nero di un'illusionista, raccontata attraverso una lente che prende da cinema, teatro e pittura, dando vita ad una rappresentazione attraente, complessa, stratificata. Al centro di tutto c'è la recitazione e dunque il protagonista assoluto, Andrew Scott, personificazione dello spirito del titolo e ancora una volta interprete fuori scala.

ME GUSTA
  • La messa in scena è curata in ogni suo aspetto.
  • Il bianco e nero è straordinario e ricco dal punto di vista semantico.
  • La recitazione è fantastica, soprattutto quella di Andrew Scott, sempre fuori scala.
  • L'adattamento è fedele, ma ricco di nuovi spunti e riflessioni.
FAIL
  • Una serie che per essere apprezza merita più visioni. Se è un contro decidetelo voi.
La vera storia della Banda Hood, la recensione: Wu Ming 4 esplora la leggenda di Robin Hood
La vera storia della Banda Hood, la recensione: Wu Ming 4 esplora la leggenda di Robin Hood
Scooby-Doo: la piattaforma Netflix realizzerà una serie live-action
Scooby-Doo: la piattaforma Netflix realizzerà una serie live-action
Mufasa: The Lion King, teaser trailer per il prequel de Il Re Leone
Mufasa: The Lion King, teaser trailer per il prequel de Il Re Leone
Il premio del Destino 2 - The Big Door Prize 2, l'intervista a David West Read, Chris O'Dowd, Josh Segarra, Gabrielle Dennis e Ally Maki
Il premio del Destino 2 - The Big Door Prize 2, l'intervista a David West Read, Chris O'Dowd, Josh Segarra, Gabrielle Dennis e Ally Maki
Il Signore degli Anelli arriva su Audible con una trilogia di audiolibri
Il Signore degli Anelli arriva su Audible con una trilogia di audiolibri
Ghostbusters - Minaccia Glaciale: tra oggetti apotropaici e dispositivi di stoccaggio in pericolo
Ghostbusters - Minaccia Glaciale: tra oggetti apotropaici e dispositivi di stoccaggio in pericolo
Spy x Family Code: White arriva anche nei cinema italiani
Spy x Family Code: White arriva anche nei cinema italiani