Se c’è un aspetto che è chiaro fin dalle prime battute in Aquaman e il Regno Perduto, il sequel del cinecomic DC più di successo della storia nonché il film che si è arrogato il compito di mettere una pietra sopra all’(oramai ex) DC Extended Universe, ora al cinema con Warner Bros. Pictures., è la sua impronta ecologista. La pellicola parla senza mezzi termini di surriscaldamento globale, di scioglimento dei ghiacciai e di cambiamenti sostanziali negli ecosistemi naturali, complice l’ambientazione fortemente subacquea e allo stesso tempo divisa con il bagnasciuga. Vediamo come tutto questo viene sviluppato nella pellicola, che chiude un universo condiviso per aprirne un altro, proprio mentre parla di mondi differenti (dimenticati dal tempo) che devono capire se e come possono convivere (come spiegato nella nostra recensione).
Acquatici ecologisti
La trama di Aquaman 2 parte proprio dai fenomeni sopra citati, derivanti dal riscaldamento globale, che portano al risveglio di una civiltà rimasta a lungo sopita sotto i ghiacciai, che permette a Black Manta (Yahya Abdul-Mateen II) di prendere il pericoloso Tridente Nero e di tornare ad essere una minaccia per il protagonista (Jason Momoa), e portargli via tutto ciò che ha perduto in prima persona. Galeotta in tal senso è la location in fondo al mar, anzi all’oceano, che permette alla tematica ecologista di posizionarsi in modo ancora più azzeccato e centrato nella storyline della pellicola, poiché la rappresenta per antonomasia. Non è un caso che la new entry più importante sia lo scienziato interpretato da Randall Park. Se pensiamo all’inquinamento ambientale oltre che all’aria con lo smog il nostro primo pensiero va all’elemento acquatico e a come venga quotidianamente rovinato e messo in pericolo, con le perdite dei carichi di petrolio, il cambiamento delle maree secolari e così via. Questo perché – complici film come Alla ricerca di Nemo – è impossibile non sentirci un po’ in colpa e tifare per gli animali, piuttosto che per noi umani. Anzi, nessun prodotto audiovisivo di questo tipo in fondo ci si fa parteggiare per la nostra stessa specie ma ne sbugiarda tutte le colpe. Eppure qui è lo stesso protagonista a tifare per gli umani perché sente di appartenergli forse più che alla controparte con le branchie: vuole provare a proteggere quel mondo in cui è cresciuto, ora che è Re degli Abissi e vuole frenare le ingerenze del “mondo di sotto”.
L’Oricalco come il Vibranio e l’Eternium
C’è una disperata ricerca di fonti di energia nel periodo storico in cui viviamo. Questo perché, col progressivo peggiorare del cambiamento climatico giorno dopo giorno, si provano a trovare dei metodi alternativi per sopravvivere come esseri umani, con le comodità e il comfort a cui siamo oramai abituati, e poiché questo pianeta su cui “abbiamo banchettato come fosse un all you can eat” (per citare Extrapolations) sta esaurendo drammaticamente gli elementi da cui attingerne. In questo senso un metallo prezioso, una fonte di energia rinnovabile, possono fare la differenza. In Aquaman e il Regno Perduto facciamo la conoscenza dell’Oricalco, una sostanza potente e potenzialmente dannosa, rara e unica che si trova solo in quell’antica civiltà perduta al sapore di avventura all’Indiana Jones presentata nella pellicola. Un qualcosa che fornisce energia oltre ad essere sinonimo di ricchezza. Lo stesso che accadeva col Vibranio in Wakanda, il regno fittizio iper-tecnologico -proprio grazie ad esso- dell’universo di Black Panther, ma anche un processo simile a quanto accaduto con l’Eternium nel Kahndaq di Black Adam. In questi ultimi due casi sono vere e proprie fonti alternative di energia non tossiche e non inquinanti, mentre l’Oricalco potrebbe rivelare delle sorprese nel corso della pellicola.
La scelta di Arthur
Non si tratta dell’unico elemento in comune tra Aquaman e il Regno Perduto e l’Arthur Curry di Momoa, e Black Panther e il suo (ex, a causa della dipartita dell’interprete Chadwick Boseman) sovrano T’Challa. Da qui in poi spoiler alert sul finale del film. Per tutto il film il protagonista è diviso tra le due sue anime essendo un mezzosangue, figlio della Regina di Atlantide e di un umano. È più interessato a proteggere la superficie dalla collera degli abissi poiché è nato e cresciuto in quel mondo, e ora sta facendo lo stesso con il figlio appena nato. Questo dilemma è acuito dal ritorno di Orm (Patrick Wilson), legittimo erede al trono di Atlantide, allontanato e imprigionato nel primo capitolo; tornato per aiutarlo, gli ricorda costantemente quanto sia inadeguato a quel ruolo. O forse no. La scelta finale di Aquaman, infatti, è simile a quella compiuta da T’Challa alla fine del primo capitolo dedicato al Wakanda, ovvero aprire la segretezza del Regno al mondo, proprio come fa Arthur con Atlantide, esponendola ai pericoli e alle richieste di energia (il metallo prezioso). Non solo: l’uomo-pesce punta ad una convivenza pacifica con il “mondo di sopra”, andando contro alla tradizione proprio come avevano fatto i rispettivi predecessori, dettati soprattutto dalla paura. Il supereroe DC degli abissi sceglie di condividere le risorse del proprio Regno con quelle della Terra, mettendo definitivamente un punto sulla tematica affrontata dalla pellicola e dando una chiara dichiarazione d’intenti da cui forse, nel mondo reale, dovremmo un po’ imparare.