Scott Pilgrim – La serie, recensione: Netflix ci propone il suo retelling di un cult

Siamo tutti fan dei Sex Bob-omb. Perché siamo stati tutti, noi nerd, per un periodo della nostra vita Scott Pilgrim e avremmo desiderato che la nostra vita si trasformasse in quello che ha vissuto quel fannullone bassista interpretato da Michael Cera. D’altronde il fumetto di Bryan Lee O’Malley, ispirato da un verso di una canzone, come avviene nei migliori momenti poetici in cui la musa discende dal cielo, era un inno al nerd, alla nostra vita: un tripudio di riferimenti ai videogiochi, ai fumetti, al cinema, così da rendere facile e accessibile qualsiasi tipo di operazione crossmediale. E se nel 2010 Edgar Wright aveva reso in carne e ossa quel successo editoriale, a distanza di 13 anni è il momento di tornare ad ammirare Scott Pilgrim per scoprire se quei malvagi 7 ex sono ancora a piede libero.

Take Off!

Scott Pilgrim è un giovane post-liceale che saltella da un lavoro all’altro senza trovare una vera e propria occupazione: l’unica, che sembra calzargli a pennello, è fare il bassista per i Sex Bob-omb, gruppo messo in piedi insieme ad altri due amici, Kim e Stephen, e con il Giovane Neil a supporto. Un giorno, nonostante la sua frequentazione con Knives Chau stia procedendo, Scott viene folgorato dall’incontro con Ramona Flowers, della quale si innamora di colpo: per poter coronare il suo sogno di stare con lei, però, dovrà prima sconfiggere i suoi 7 malvagi ex, che hanno deciso di creare una lega per evitare che qualcuno possa stare con Ramona. Se qualcuno dovrà coronare il proprio sogno di amore quello dovrà essere Gideon Gordon Graves, il creatore della lega. Inizia così la lotta di Pilgrim contro l’intero mondo.

L’innesco della trama ci lascerebbe così credere, nel caso in cui foste già a conoscenza del fumetto e del film, che Scott Pilgrim Take Off non muta niente nella sostanza dei fatti: la serie, ambientata a Toronto, ripercorre nel suo primo episodio le parti iniziali della storia in maniera quasi del tutto pedissequa, cambiando solo alcuni elementi (il lavoro di Ramona, l’aneddoto di Pac-Man ora sostituito da Sonic) ma mantenendo la medesima struttura fino all’incontro con Matthew Patel, snellendo molta della narrazione. Da quel momento in poi, la produzione Netflix prende un’altra direzione e si veste del concetto di “what if” tanto caro alle produzioni nerd dell’ultimo periodo. Cosa sarebbe successo se Scott avesse deciso di fare altro e fosse già a conoscenza di com’è andata nel film? È chiaro che questa scelta potrebbe far storcere il naso ai puristi, a chi desiderava che il film venisse trasposto 1:1 in animazione, ma dall’altro lato ci sono degli aspetti positivi che vanno considerati e che andiamo a snocciolare di seguito.

Partiamo dal tempo dedicato ai vari malvagi ex: la serie di Scott Pilgrim dura 8 episodi, con uno screen time di circa 25 minuti l’uno, il che ha permesso all’intera produzione di concentrarsi molto di più su quelle che sono le problematiche di Todd Ingram, di Roxy Richter, dei gemelli Katayanagi, Lucas Lee e così via, arrivando anche a intessere una del tutto nuova situazione per Gideon Graves. La lega dei malvagi ex diventa così un pretesto, un elemento dal quale partire per raccontare cosa si nasconde dietro quei personaggi che abbiamo visto solo abbozzati nel film: per noi erano uno skater, un vegano, dei musicisti e un magnate della produzione musicale, niente di più. Non solo, perché lo stesso Giovane Neil, insieme a Knives, potrà giovare di un ritrovato talento comico: sia ben inteso, funzionava già nel film, ma era tutto sottotesto, senza che gli si potesse dare l’occasione di emergere. Invece qui, nella serie, affiancato da Edgar Wrong (sì, l’opposto di Edgar Wright) spicca il volo più di tanti altri personaggi.

Una direzione totalmente diversa

Come detto prima, però, bisogna scendere al compromesso che Scott Pilgrim Take Off vuole prendere una direzione diversa, vuole condurci altrove, col rischio quasi che il protagonista stesso venga offuscato, messo in disparte. Tra l’altro nel finale, prendendosi sempre molto poco sul serio, ci è parso che l’intreccio vada a diventare un po’ cervellotico, finendo per incartarsi su sé stesso tra trasformazioni, cameo, supposizioni, sci-fi e quant’altro. Scott Pilgrim era vincente perché era semplice e lineare, nella sua illogica rappresentazione della vita, invece la serie sembra essere un po’ schiava della necessità di strafare e di esagerare. Le stesse citazioni nerd che saltuariamente compaiono qui e lì finiscono per essere un po’ ridondanti e fuori posto: nel 2010 eravamo figli di una condizione quasi emarginata e sentire Scott parlare di Pac-Man per conquistare una ragazza ci poteva far sentire a casa; vederlo nel 2023 rabbrividire perché Ramona non coglie il riferimento agli X-Men non ci restituisce quel medesimo senso di serenità.

Al di là di questo, Scott Pilgrim Take Off arriva a essere – per mutuare i termini videoludici – un reboot delle vicende del nostro bassista preferito: l’universo narrativo ne esce vincitore, proprio per gli elementi aggiunti, ma anche per come possiamo andare a scoprire Toronto. Eravamo, d’altronde, fermi all’abitazione di Scott e Wallace, la casa del Giovane Neil e la caffetteria dove lavorano Stacey e Julie: adesso abbiamo visibilità e profondità di ciò che fanno gli altri protagonisti della storia, così da poter collocare la vicenda anche in un determinato periodo di tempo, grazie ai riferimenti di Netflix stessa. Tutti i personaggi riescono a essere caratterizzati in maniera ottima anche grazie a ciò che avviene dal punto di vista dell’animazione stessa, corroborata da onomatopee ed effetti che strizzano – così come faceva già l’originale film – l’occhio agli anime.

Scott Pilgrim Take Off arriva a essere una serie che decide di prendersi molto più sul serio rispetto a quanto accaduto nel fumetto e nel film: è Ramona che deve confrontarsi con ciò che è successo e che ha provocato, per i suoi comportamenti non adeguati, finendo per porsi domande e quesiti su ciò che ha creato lei stessa. Diventa difficile immaginare, in questo complesso intreccio di contenuti nerd, la serie come un entry point per chi non ha avuto già, a suo tempo, modo di assaporare le ambientazioni e le situazioni nelle quali Scott finiva per trovarsi: così come diventa difficile trovare una direzione univoca per giudicare un lavoro del genere, da un lato apprezzabile e dall’altro sorprendentemente spiazzante.

80
Scott Pilgrim - La Serie
Recensione di Mario Petillo

Scott Pilgrim - La Serie è divisione, ma divertimento puro. Divide perché da un lato in molti avrebbero potuto aspettarsi un remake del film di Edward Wright, ma allo stesso tempo, dall'altro lato, potrebbe convincere chi vuole ascoltare una nuova storia. Lo stesso Scott, in uno dei tanti momenti metanarrativi, parla di come in Sonic lo stesso attore si ritrovò a recitare due personaggi diversi: Michael Cera è così, perché il suo Pilgrim adesso non è lo stesso del 2010. I personaggi sono gli stessi, ma il videogioco è diverso: mantenuto lo stesso cast di voci, ottenuto più spazio per l'universo, che viene del tutto espanso, e dato maggior respiro a molti interpreti, Scott Pilgrim - La Serie è un ottimo modo per riconciliarsi con l'opera di O'Malley e magari farsi tornare la voglia di andare a vedere per l'ennesima volta il film di Wright, che non invecchierà mai, rimanendo un cult eterno.

ME GUSTA
  • È Scott Pilgrim...
  • Il retelling può attirare...
  • Ottima qualità delle animazioni
  • L'universo si espande e dà gloria a tutti
FAIL
  • ... ma con poco Scott Pilgrim
  • ... ma anche spiazzare
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