Non ci credeva forse più nessuno, ma siamo qua. Dieci anni, due studi di animazione e 3 annunci di “final season” dopo, è giunto il capitolo finale di uno dei fenomeni contemporanei più importanti del mondo degli anime. Pur rimanendo comprensibilmente a distanza siderale da One Piece e, in generale, dal filone delle operazioni di impronta più pop, il manga di Hajime Isayama ha infatti segnato una pagina importante tra i titoli di nicchia del panorama nipponico (più di 90 milioni di volumi venduti) e il suo corrispettivo animato non poteva che avere un seguito altrettanto importante (la quarta stagione è stata nel 2021 la serie tv più richiesta negli USA, per dirne una). Il suo era però un finale attesissimo non solo per la durata e l’importanza del viaggio che lo ha preceduto, ma anche per la quantità di carne al fuoco che era chiamato a gestire. Tale da rendere impossibile una soluzione capace di accontentare a pieno il pubblico, ma potenzialmente in grado, allo stesso tempo, di creare un solco nel suo immaginario.
Nella recensione di Attack on Titan – The Final Chapters Special 2, disponibile su Crunchyroll dal 5 novembre 2023, vi parliamo della conclusione di una saga epica, in grado di trattare di temi politici e sociali purtroppo ancora attualissimi, rivitalizzando e rimescolando la memoria storica e creando una epopea dark dal respiro internazionale, pur avendo nel suo epicentro la cultura giapponese.
Un titolo che ha fondato molta della sua fortuna a volte sul ribaltamento e a volte sulla vera e propria smentita di snodi canonici del genere di appartenenza e ha preso molto non solo da fumetti che hanno fatto la storia dei comics in Occidente, ma anche da pellicole altrettanto importanti, testimoniando così sapienza e le passioni del suo autore.
Non ci credeva forse più nessuno, ma siamo qua.
Ciò che però ha caratterizzato maggiormente Attack on Titan (in italiano L’attacco dei giganti) è stato il suo fascino ermetico, ovvero la sua incredibile capacità di vivere di misteri, legati sia alle logiche narrative e sia (e questo è molto più importante) alla natura dei suoi personaggi. La trama del manga di Isayama si basa sulle controversie dell’animo umano. Esse sono come le fautrici di una ragnatela cosparsa di continui enigmi, che l’autore è stato straordinariamente bravo a curare dal momento della nascita a quello della rivelazione, in modo da mutare continuamente il suo racconto e renderlo spiazzante, ma anche coerente.
Le sue ambizioni erano di creare una saga dal sapore biblico (nell’ultima parte c’è più di un riferimento all’apocalisse cristiano) pensata per sovrastrutture inanellate in modo da essere inattaccabile nella sua forma finale, facendola però muovere intorno all’ossessione di perforarle tutte. Una contraddizione in termini, che ha portato Attack on Titan a divenire ambiguo come la Natura racconta, in bilico fino all’ultimo secondo, come se non fosse mai in grado di arrivare ad un compimento definitivo.
Alla fine la concentrazione del focus si è ridotta, come spesso capita, alla dimensione intima, che in storie di questo tipo diventa il minimo comune denominatore del macro, mostrando come il mondo esterno è sempre uno specchio di quello interiore. Se non riusciamo a cambiare noi stessi allora la Storia sarà destinata a ripetersi.
La guerra tra cielo e terra
Dopo il terribile inizio del Boato della Terra e la trasformazione di Eren nel Gigante Fondatore, i portatori dei Nove rimasti liberi si sono alleati insieme a Shadis, Magath, Gabi, Onyankopon e quello che rimane del Corpo di Ricerca per inseguire il ragazzo e fermare uno sterminio senza precedenti.
Un prospettiva perdente in partenza visto il vantaggio acquisito da Eren e i non pochi problemi organizzativi del gruppetto, che vanno dalle difficoltà di fare fronte comune dopo tanto sangue e l’impiccio di avere tra i piedi personaggi che non propriamente contenti delle loro intenzioni. Ciononostante i nostri proseguono con il piano e, anche grazie al sacrificio di Hange, riescono infine a raggiungere la testa dell’esercito di Colossali, purtroppo già arrivati a calpestare una grande parte del globo terrestre.
Lo scontro finale è prossimo e avverrà sul dorso scheletrico del Fondatore, mentre sta attraversando l’ultimo lembo di terra che lo separa dal porre fine completa all’esistenza dei marleyani, i cui ultimi superstiti aspettano, terrorizzati, il loro triste destino.
Ciononostante i nostri proseguono con il piano e, anche grazie al sacrificio di Hange, riescono infine a raggiungere la testa dell’esercito di Colossali, purtroppo già arrivati a calpestare una grande parte del globo terrestre.
In palio non c’è solamente la salvezza di ciò che resta, ma anche il tentativo di recuperare parte dell’umanità di Eren, quella che ha mosso la mente e il cuore di un ragazzo curioso corrotto dal dolore e dell’odio, e trovare una redenzione per i peccati commessi dagli eldiadni, frutto di un lignaggio mostruoso e di scelte mosse da istinti primordiali che hanno oscurato qualsiasi forma di pietà, misericordia e comprensione.
Un confluire di intenti che arriva nel momento culmine di un climax collettivo costruito nel tempo e che sotto a tutti i suoi abiti bellicosi cela il desiderio di aggrapparsi alla speranza nostalgica che un altro mondo sia possibile. Uno dove poter vivere in pace e sentirsi di nuovo quei bambini che sognavano ad occhi aperti di poter finalmente essere liberi. Una speranza un tantino flebile oramai.
Un lungo sogno
Abbiamo già detto di quanto fosse difficile portare a termine una storia come quella di Attack on Titan, cucita su di una rete complessa persino dal punto di vista della logica degli eventi, per di più completamente stravolta dall’annullamento dell’ordine cronologico come indice del loro avvenimento, e dimora di una galleria di personaggi talmente sfaccettati che per ognuno di loro serviva concepire una soluzione singola piuttosto complessa. Infatti qualcosa per strada si è perso.
Ciò che fa più rumore sono i destini di Historia e Zeke, la prima gestita goffamente da diverso tempo e il secondo portato all’ultimo step con una pigrizia tangibile, pur rimanendo fondamentale per l’esito della vicenda. Molto meno chiasso hanno fatto invece gli ultimi passi di Levi, il cui avvio a divenire l’ombra di se stesso parte da lontano e per il quale serviva solamente una conferma (a lui comunque viene dedicata una delle inquadrature più belle e ricche di significato di tutto l’episodio finale), a fronte di un riscatto meraviglioso a cui finalmente va incontro il personaggio di Reiner, il vero eroe della saga. Lo diciamo qui una volta ancora, per quanto il finale voglia convincerci del contrario. Questi fati si compiono all’interno di una delle battaglie migliori di Attack on Titan, su cui la fanno da padrone montaggio e musica, straordinari agenti al servizio di una narrazione sempre tesa e pronta a precipitare.
Infatti qualcosa per strada si è perso.
Sono loro, che insieme all’ultima sortita di Falco e il coronamento della bontà dei fondamenti che hanno mosso da sempre il Corpo di Ricerca, portati fino all’estreme conseguenze dalle azioni di Jean, a prendersi la scena, rivelando come tutto il resto sia divenuto man mano un contorno e che ciò che conta sul serio è legato a Eren, Armin e Mikasa, il trio con cui è cominciata la storia. Se pensate alla conclusione dell’episodio non solo dal punto di vista del messaggio, ma proprio nel merito di ciò che accade in ultima battuta, non peserebbe neanche più la fine degli altri personaggi.
Loro sono il triangolo che regola il cuore di Attack on Titan, dal momento che rappresentano tutte le sfaccettature delle logiche che ne regolano la narrazione, di cui Eren diventa infine il sunto perfetto. Tutti a loro modo cercano di trovare il modo di cambiare la Storia dell’uomo nonostante la complessità con cui si trovano a fare i conti, ma solamente il primo riesce ad ottenere un potere tale da rovesciare questo ordine imprigionante. Il finale vuole far sentire allo spettatore tutto il peso che comporta questo obiettivo, mettendo persino in dubbio la validità di un risultato che non può dipendere dalle decisioni di una sola persona, anche quando questa decide di tornare all’origine della vicenda per distruggere tutto dalle fondamenta.
Guardando verso quell’albero sulla collina
Eren si allea con Ymir per ricreare quel sodalizio adamantino che quest’ultima aveva creato con il primo Re Fritz, ma per ribaltarne le basi, per distruggere le conseguenze a cui quello aveva portato. Il ragazzo diventa così schiavo della libertà, l’immagine simbolo di tutto ciò che Attack on Titan ha rappresentato.
La confessione pietosa che Eren fa ad Armin è quella di un Ozymandias che cerca in un Dio celeste il conforto dopo aver dovuto prendere una decisione che nessun umano dovrebbe prendere mai, inserendo di diritto l’opera di Isayama nel novero di quelle che si sono occupate del lato oscuro del superomismo, ritratti delicatissimi delle figure che hanno più insanguinato la Storia umana. Il lavoro per immagini che il mangaka fa in questo caso è straordinario e sicuramente più efficiente dei tanti discorsi che riempiono (come hanno sempre fatto per l’intera serie) il capitolo finale, regalando, anche grazie al contributo di MAPPA, due sequenze chiave. La prima è quella del neonato che piange mentre viene passato di mano in mano per non cadere in mare e l’altra è quella del bacio tra Mikasa e Eren.
Eren diventa così schiavo della libertà, l’immagine summa di tutto ciò che Attack on Titan ha rappresentato.
Quest’ultima ci porta alla disquisizione conclusiva, estremamente cervellotica. Mikasa è infatti l’espressione della “flebile speranza” nominata sopra, che ha primo mosso Erwin poi Armin e, infine, scopriamo, anche Eren, che nella sua forma distorta ed estremamente condannabile l’ha perseguita a costo della sua stessa vita. Alla ragazza è infatti riservato il compito di distruggere definitivamente il legame da Eren e Ymir, ponendo fine anche a quello che tra la Fondatrice e Fritz e chiudendo quindi il cerchio dell’incontro scontro tra due coppie uguali per solidità, ma agli antipodi per finalità. Un atto di perforazione totale, come una forza prima contraria e uguale e poi solo contraria, ma più forte.
L’ultimo atto di Attack on Titan ci dice che la speranza non deve essere solamente raggiunta, ma continuamente alimentata. Questa è la prova risolutiva dell’uomo e può essere raggiunta solo tramite un esercizio collettivo, dal momento che solo insieme si può dar vita ad un ciclo nuovo, che nella visione di Isayama è un atto ancora impossibile. La forma finale della saga è quella di una testimonianza e di un monito per il mondo contemporaneo, che diventa straordinariamente importante data la potenza struggente con cui urla il suo messaggio. Il cambiamento deve partite dallo studio della Storia e dal ricordo delle sofferenze perpetrate e subite. Se feriamo gli altri feriamo noi stessi.
Attack on Titan – The Final Chapters Special 2 è disponibile su Crunchyroll dal 5 novembre 2023
L'anime già cult tratto dal manga di Hajime Isayama si è concluso con Attack on Titan - The Final Chapters Special 2 dopo dieci anni e due studi di animazione. Una conclusione attesissima e che rimarrà nella mente di tutti gli appassionati del titolo, che ha confermato ancora una volta di essere uno dei più importanti nel panorama nipponico attuale. La fine di un'opera straordinaria, terminata portando avanti le sue idee fino alla fine con un ultimo episodio sicuramente divisivo, estremamente complesso e cervellotico, ma così potente, spettacolare ed emozionante da non poter essere deludente.
- La tensione, la drammaticità, la potenza struggente del finale.
- Ci sono alcune immagini straordinarie per bellezza e significatività.
- MAPPA fa un lavoro eccellente dal punto di vista dell'animazione.
- Le musiche e il montaggio sono straordinari.
- Le risoluzioni di alcuni personaggi sono più che soddisfacenti.
- Il messaggio di fondo rimane coerente fino alla fine.
- Alcuni personaggi sono gestiti in modo palesemente goffo o pigro.
- La soluzione finale è piuttosto cervellotica e rischia di far perdere lo spettatore.
- La velocità con cui si compiono i destini di Mikasa e Eren rischia di penalizzarli.