Si parla tanto di appropriazione culturale e rappresentanza nel cinema, anche quando ruoli relativi a personaggi storici sono affidati ad attori che non condividono nazionalità o etnia dei personaggi originali. Si tratta di una problematica ricorrente che negli ultimi anni ha fatto sempre più parlare di sé: tra gli ultimi casi, la tanto chiacchierata Cleopatra affidata a Gal Gadot nell’ormai famigerato film di Kari Skogland. Pierfrancesco Favino si è lanciato nella discussione in occasione di Venezia 80, dove è presente e durante la conferenza stampa del film di Stefano Sollima, Adagio, ha affermato, tra il serio e il faceto, che “Non lo sapevate che i Gucci avevano l’accento del New Jersey?” riferendosi al film di Ridley Scott House of Gucci, al centro di polemiche, nel 2021, proprio per il cast sì grande, ma decisamente scimmiottante l’archetipo dell’italiano da film, con tanto di accento italoamericano in alcuni casi davvero ridicolo.

C’è un tema di appropriazione culturale: non si capisce perché, non io, ma attori di questo livello [indicando colleghi come Toni Servillo, Adriano Giannini e Valerio Mastandrea, ndr] non sono coinvolti in questo genere di film, che invece affidano ad attori stranieri lontani dai protagonisti reali delle storie, a cominciare dall’accento esotico. Se un cubano non può fare un messicano perché un americano può fare un italiano? Solo da noi. Ferrari [e qui il riferimento è al recentissimo film di Michael Mann] in altre epoche lo avrebbe fatto Gassman, oggi invece lo fa Driver e nessuno dice nulla. Mi sembra un atteggiamento di disprezzo nei confronti del sistema italiano, se le leggi comuni sono queste allora partecipiamo anche noi.

C’è da considerare che Favino è uno dei pochi attori italiani effettivamente considerato da Hollywood, che l’ha voluto in diverse pellicole, anche blockbuster. Altresì, c’è chi gli ha fatto notare che anche lui, in carriera, ha interpretato personaggi di altre nazionalità.

Mads Mikkelsen, presente a Venezia per Bastarden, di Nikolaj Arcel, ha colto la palla al balzo per replicare:

Favino ha ragione: gli americani hanno avuto molto più spazio nei film italiani rispetto al contrario. Anche se Favino è apparso diverse volte in film americani, non possiamo assolutamente fare un paragone. E poi nel film su Gucci, per amor di Dio, gli attori sono bravi… ma non sono italiani.

Tra i problemi collaterali che Mikkelsen segnala c’è quello del doppiaggio:

Farei una premessa. Se in Francia, in Germania, in Italia, in Spagna smettessero di doppiare i film in tutte le lingue, questo potrebbe essere un elemento importante per affrontare il problema. Ma finché continuano col doppiaggio, a chi volete che importi quale sia la lingua, la cultura, d’origine? Non ho mai capito perché fate questa cosa, per me folle.

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