La fatica dei metalli è un fenomeno che si verifica quando il metallo viene sottoposto a sollecitazioni o movimenti ripetuti, causando la formazione di microscopiche crepe che possono peggiorare nel tempo. Questo fenomeno può causare guasti catastrofici in settori importanti come l’aviazione e le infrastrutture. Ma ora, grazie a una nuova scoperta, potremmo essere sulla strada per risolvere questo problema. Gli scienziati hanno condotto esperimenti presso i Sandia National Laboratories, negli Stati Uniti, utilizzando piccoli pezzi di metallo di platino e rame. Hanno tirato le estremità dei metalli circa 200 volte al secondo. Inizialmente si è formata una crepa che si è estesa, dopo circa 40 minuti, qualcosa di straordinario è successo: il metallo si è fuso di nuovo insieme, guarito completamente. Questo processo di guarigione è chiamato “saldatura a freddo”, e si verifica quando due superfici metalliche si uniscono per riformare i legami atomici, come spiega Brad Boyce, scienziato dei materiali dei Sandia National Laboratories, che ha contribuito a guidare lo studio pubblicato sulla rivista Nature. Incredibilmente, questo meccanismo è avvenuto a livello nanometrico, con pezzi di metallo spessi solo 40 nanometri e larghi pochi micrometri. Nonostante l’auto-guarigione sia stata osservata solo nel platino e nel rame, gli scienziati ritengono che questa capacità possa essere estesa anche ad altri metalli, come l’acciaio. Tutto questo è un ottimo punto di partenza per la futura progettazione di materiali che possano sfruttare questo comportamento autorigenerante.
Pensare al metallo come “tessuto organico” che si auto-rigenera
Potremmo immaginare strutture e macchine costruite con materiali su misura, capaci di riparare da soli eventuali danni causati dalla fatica. Questa tecnologia potrebbe essere utilizzata per migliorare la resistenza e la durata di aeromobili, veicoli spaziali e infrastrutture, rendendo tutto più sicuro ed efficiente. Anche se ancora ci vorranno alcuni anni per sviluppare applicazioni concrete di questa scoperta, la prospettiva di avere materiali autorigeneranti non è più fantascienza. È come se stessimo facendo un passo verso il futuro, dove il metallo può somigliare a un tessuto organico in grado di curare le proprie ferite. Una volta sviluppata a pieno questa tecnologia, potremmo assistere a una rivoluzione nell’ingegneria dei materiali, con nuove possibilità e opportunità per migliorare il nostro mondo. E chissà, magari un giorno vedremo davvero strutture e macchine autorigeneranti.