Con una nuova tecnica di microscopia che utilizza la luce blu per misurare gli elettroni nei semiconduttori e in altri materiali su scala nanometrica, un gruppo di ricercatori della Brown University sta aprendo un nuovo ventaglio di possibilità nello studio di questi componenti critici, che possono contribuire ad alimentare dispositivi come telefoni cellulari e computer portatili. I risultati sono una novità assoluta nel campo dell’imaging su scala nanometrica e forniscono una soluzione a un problema di lunga data che ha limitato notevolmente lo studio di fenomeni chiave in un’ampia varietà di materiali che un giorno potrebbero portare a semiconduttori ed elettronica più efficienti dal punto di vista energetico. Il lavoro, pubblicato su Light: Science & Applications. Di solito, quando i ricercatori usano ottiche come i laser per studiare materiali su scala nanometrica, utilizzano luce che emette lunghezze d’onda elevate, come la luce rossa o gli infrarossi. Il metodo esaminato dai ricercatori nello studio è chiamato microscopia a scansione in campo vicino di tipo scattering (s-SNOM). Si tratta di diffondere la luce da una punta affilata di poche decine di nanometri. La punta si libra appena sopra il materiale del campione da analizzare. Quando il campione viene illuminato con luce ottica, la luce si disperde e una parte della luce diffusa contiene informazioni sulla regione di dimensioni nanometriche del campione direttamente sotto la punta. I ricercatori analizzano la radiazione diffusa per estrarre informazioni su questo piccolo volume di materiale. Questa tecnica è stata alla base di molti progressi tecnologici, ma si scontra con un ostacolo quando si tratta di utilizzare luce con una lunghezza d’onda molto più corta, come la luce blu. Ciò significa che l’uso della luce blu, più adatta per studiare alcuni materiali per i quali la luce rossa è inefficace, per ottenere nuove informazioni da semiconduttori già ben studiati è stato fuori portata fin dagli anni ’90, quando la tecnica è stata inventata. Nel nuovo studio, i ricercatori della Brown presentano come hanno aggirato questo ostacolo per eseguire quella che si ritiene essere la prima dimostrazione sperimentale di s-SNOM utilizzando la luce blu anziché quella rossa. Per l’esperimento, hanno utilizzato la luce blu per ottenere misure da un campione di silicio che non possono essere ottenute con la luce rossa. Le misure hanno fornito una valida prova di concetto sull’uso di lunghezze d’onda più corte per studiare i materiali su scala nanometrica. “Abbiamo potuto confrontare queste nuove misure con quelle che ci si aspetterebbe di vedere dal silicio e la corrispondenza è stata molto buona”, ha detto Mittleman.

Rendere le cose più facili rendendole più complicate

Per condurre l’esperimento, i ricercatori hanno dovuto essere creativi. In sostanza, hanno deciso di rendere le cose più facili rendendole più complicate. Con la tecnica tipica, per esempio, la luce blu è difficile da usare perché la sua lunghezza d’onda è molto corta, il che significa che è più difficile mettere a fuoco il punto giusto vicino alla punta metallica. Se non è allineata correttamente, la misurazione non funziona. Con la luce rossa, questa condizione di messa a fuoco è più rilassata, rendendo più facile l’allineamento dell’ottica per estrarre la luce diffusa in modo efficiente. Tenendo conto di queste sfide, i ricercatori hanno usato la luce blu non solo per illuminare il campione in modo che la luce si disperdesse, ma anche per produrre un’esplosione di radiazioni terahertz dal campione. La radiazione contiene importanti informazioni sulle proprietà elettriche del campione. Se da un lato la soluzione aggiunge un ulteriore passaggio e aumenta la quantità di dati che gli scienziati devono analizzare, dall’altro elimina la necessità di essere precisi nell’allineare la punta sul campione. La chiave è che, poiché la radiazione terahertz ha una lunghezza d’onda molto più lunga, è molto più facile da allineare.