La pelle umana ospita milioni di microbi. Uno di questi, lo Staphylococcus aureus, è un patogeno opportunista che può invadere le chiazze di pelle affette da eczema, nota anche come dermatite atopica. In un nuovo studio, i ricercatori del MIT e di altre istituzioni hanno scoperto che questo microbo può evolvere rapidamente all’interno del microbioma di una singola persona. Hanno scoperto che nelle persone affette da eczema, lo S. aureus tende a evolversi in una variante con una mutazione in un gene specifico che lo aiuta a crescere più velocemente sulla pelle. Con questo studi, per la prima volta, gli scienziati hanno osservato direttamente questo tipo di evoluzione rapida in un microbo associato a un disturbo cutaneo complesso. I risultati potrebbero anche aiutare i ricercatori a sviluppare potenziali trattamenti per alleviare i sintomi dell’eczema, prendendo di mira le varianti di S. aureus che presentano questo tipo di mutazione e che tendono a peggiorarne i sintomi. “Questo è il primo studio che dimostra che i genotipi dello Staph aureus cambiano nelle persone affette da dermatite atopica”, afferma Tami Lieberman, membro dell’Institute for Medical Engineering and Science del MIT. “A mia conoscenza, questa è la prova più diretta dell’evoluzione adattativa del microbioma cutaneo”.

L’adattamento batterico

Si stima che tra il 30 e il 60% delle persone ospitano lo S. aureus nelle narici, dove di solito è innocuo. Nelle persone affette da eczema, che negli Stati Uniti colpisce circa 10 milioni di bambini e 16 milioni di adulti, lo S. aureus spesso si diffonde nelle chiazze di eczema e infetta la pelle. “Quando c’è una lacerazione nella pelle, lo Staph aureus può trovare una nicchia dove crescere e replicarsi”, spiega Lieberman. “Si pensa che i batteri contribuiscano alla patologia perché secernono tossine e reclutano cellule immunitarie, e questa reazione immunitaria danneggia ulteriormente la barriera cutanea”. dice Lieberman. I ricercatori hanno dunque reclutato pazienti di età compresa tra i 5 e i 15 anni che erano in cura per un eczema da moderato a grave. Hanno prelevato campioni di microbi sulla loro pelle una volta al mese per tre mesi e poi di nuovo a nove mesi. I campioni sono stati prelevati dal retro delle ginocchia e dall’interno dei gomiti (i siti più comunemente colpiti dall’eczema), dagli avambracci, che di solito non sono colpiti, e dalle narici. Le cellule di S. aureus provenienti da ciascun sito di campionamento sono state coltivate separatamente per creare fino a 10 colonie da ciascun campione; una volta formatesi le colonie più grandi, i ricercatori hanno sequenziato i genomi delle cellule. In questo modo si sono ottenute quasi 1.500 colonie uniche, che hanno permesso ai ricercatori di osservare l’evoluzione delle cellule batteriche in modo molto più dettagliato di quanto fosse possibile in precedenza. Grazie a questa tecnica, i ricercatori hanno scoperto che la maggior parte dei pazienti manteneva un unico lignaggio di S. aureus: era cioè molto raro che un nuovo ceppo arrivasse dall’ambiente o da un’altra persona e sostituisse il ceppo di S. aureus esistente. Tuttavia, all’interno di ciascun lignaggio si sono verificate molte mutazioni ed evoluzioni durante i nove mesi dello studio. “Nonostante la stabilità a livello di lignaggio, vediamo molte dinamiche a livello dell’intero genoma, dove nuove mutazioni sorgono costantemente in questi batteri e poi si diffondono nell’intero organismo”, spiega Lieberman. Molte di queste mutazioni sono sorte in un gene chiamato capD, che codifica un enzima necessario per sintetizzare il polisaccaride capsulare, un rivestimento che protegge lo S. aureus dal riconoscimento da parte delle cellule immunitarie. I ricercatori hanno scoperto che in due dei sei pazienti sottoposti a campionamento profondo, le cellule con mutazioni capD hanno assunto il controllo dell’intera popolazione del microbioma cutaneo dello S. aureus. Altri pazienti sono stati colonizzati con ceppi inizialmente privi di una copia funzionale della capD, per un totale del 22% di pazienti privi di capD alla fine dello studio. In un paziente, quattro diverse mutazioni di capD sono emerse indipendentemente in diversi campioni di S. aureus, prima che una di queste varianti diventasse dominante e si diffondesse nell’intero microbioma.

Trattamento mirato

Nei test condotti su cellule batteriche che crescevano in laboratorio, i ricercatori hanno dimostrato che le mutazioni del capD consentivano allo S. aureus di crescere più velocemente rispetto ai ceppi di S. aureus con un gene capD normale. La sintesi del polisaccaride capsulare richiede molta energia, quindi quando le cellule non devono produrlo, hanno più carburante per alimentare la propria crescita. I ricercatori ipotizzano inoltre che la perdita della capsula possa consentire ai microbi di aderire meglio alla pelle perché le proteine che permettono loro di aderire alla pelle sono più esposte. I ricercatori hanno anche analizzato quasi 300 genomi di batteri isolati da persone con e senza eczema e hanno scoperto che le persone con eczema avevano molte più probabilità di avere varianti di S. aureus che non potevano produrre il polisaccaride capsulare rispetto alle persone senza eczema. L’eczema viene solitamente trattato con creme idratanti o steroidi topici e i medici possono prescrivere anche antibiotici se la pelle si infetta. I ricercatori sperano che le loro scoperte possano portare allo sviluppo di trattamenti che riducano i sintomi dell’eczema prendendo di mira le varianti di S. aureus con mutazioni nel polisaccaride capsulare. Il laboratorio di Lieberman sta ora lavorando allo sviluppo di probiotici che potrebbero essere utilizzati per colpire i ceppi di S. aureus negativi alla capsula. Il suo laboratorio sta anche studiando se i ceppi di S. aureus con mutazioni capD hanno maggiori probabilità di diffondersi ad altri membri della famiglia di un paziente con eczema.