Tetris, la recensione: i nerd hanno conquistato il mondo

Taron Egerton

Jon S. Baird è divenuto regista affermato quando si alleò con James McAvoy e portò sullo schermo l’adattamento di Filth (Il Lercio), uno dei migliori lavori di uno di migliori scrittori degli anni ’90, tale Irvine Welsh. In realtà la pellicola non andò benissimo se non per il mercato e i premi UK, non sopravvivendo granché nei cinema fuori la patria, ma il nostro cominciò a farsi un nome, tanto da entrare in produzioni televisive importanti come nel caso della sfortunatissima Vynil. La sua seconda opera per il grande schermo è Stanlio & Ollio, un altro adattamento, stavolta dal libro Laurel & Hardy – The British Tours di ‘A.J.’ Marriot. Un caso borderline che ha avuto come risultato un film su una storia vera romantizzata da un altro media. Comunque, candidatura ai Golden Globe.

Questo ci porta alla recensione di Tetris, il nuovo film di Baird, dal 31 marzo disponibile su AppleTv+, ovvero un’altra variazione sul tema di casa, stavolta però non c’è nessun libro, perché la sceneggiatura (di Noah Pink) si ispira direttamente dalla celebre storia vera delle origini, della paternità originale e della battaglia legale dietro i diritti di distribuzione del videogioco. Ecco, la pellicola è quanto di più vicino recentemente alla definizione: “ogni storia ha un suo genere”, oltre ad essere quanto di più infedele al materiale di partenza ci sia nella filmografia del regista scozzese.

Quasi nulla di quello che accade all’Henk Rogers baffuto portato sullo schermo da Taron Egerton corrisponde infatti alla realtà, ma al film non interessa mai realmente granché di questo, dato che il focus è da subito spostato sull’idea di creare una storia di un nerd, anzi un gruppo di nerd, alle prese con una realtà (politica, sociale, economica) che non permette loro di esprimersi, unirsi, trovarsi e creare.

Ecco, la pellicola è quanto di più vicino recentemente alla definizione: “ogni storia ha un suo genere“, oltre ad essere quanto di più infedele al materiale di partenza ci sia nella filmografia del regista scozzese.

Diventa dunque loro preciso dovere cambiare suddette regole. Dei pionieri, dei rivoluzionari. Un continuum narrativo cinematografico che da qualche tempo si interessa ai videogiochi e che continua a rileggere la (S)toria ponendo i nerd come i veri dominatori del mondo. Oggi cosa abbastanza nota, dopo tutto.

C’è un momento di Tetris in cui il gioco viene definito esplicitamente “libertà di arte e di espressione“.

Il resto è un rimescolamento di commedia, spy story, un biopic di Adam McKay (ma senza gli zoom improvvisi e la stessa capacità ironica, metaforica e di riscrittura della realtà pensando al what if) e la commedia più o meno action. Il tutto con un bel vestito da videogame retrò, con tanto di livelli di difficoltà.

Il protagonista ha pure i baffi di Super Mario.

I piccoli intoppi del mestiere

Henk Rogers (Egerton) è un semplice game designer che lavora per la Bullet Proof Software ed è solito cavare il meglio dagli intoppi del mestiere. Tipo quando un gioco ideato dalla sua azienda non riesce ad interessare nessuno, nemmeno chi dovrebbe venderlo, al punto da fargli marinare il lavoro per giocare ad un altro videogioco, uno sconosciuto, uno di cui nessuno ha i diritti per distribuirlo in Paesi come il Giappone. Che guarda caso è proprio l’area di interesse di Henk. Un intoppo che capita a fagiolo perché il gioco è veramente bello. Si chiama Tetris a proposito.

Il fatto è che il signor Rogers è un grande professionista e come tale, sa bene che dopo aver acquisito i diritti sopracitati dovrà passare gioco forza per il potere, l’autorità e il prestigio della Nintendo per assicurarsi una proficua vendita del gioco nella Terra del Sol Levante, cosa che ovviamente fa, non vendendo il titolo, ma decidendo di diventarne partner. Il problema è che per assolvere a tale compito necessita di un grandissimo prestito dalla banca, prestito per il quale dovrà mettere in palio praticamente tutta la sua vita e quella della sua famiglia.

Un intoppo che capita a fagiolo perché il gioco è veramente bello. Si chiama Tetris a proposito.

Tetris

Il problema è che la Mirrorsoft, la compagnia dalla quale il nostro ha acquisito i diritti per la distribuzione del gioco, non ha la minima intenzione di lasciare le cose così com’è e dunque mette da subito i bastoni tra le ruote a Rogers, puntando direttamente alla fonte dei diritti di Tetris, ovvero le autorità del Paese che gli ha dato i natali. Forte degli agganci politici di cui la famiglia padrona della multinazionale gode ormai da anni.

Il Paese è infatti la Russia di Gorbačëv, perché l’inventore è Aleksej Pažitnov (Nikita Yefremov), un fiero membro della società comunista. Sapete, negli anni ’80 l’URSS era chiusa più o meno com’è oggi. Con tutto il dramma dell’accostamento.

Avevamo parlato di intoppo all’inizio, no? Starà a Rogers recarsi in loco e tentare di far valere i suoi diritti.

Le idee non hanno confini

Tetris assume da subito le sembianze di un thriller geopolitico sfumato di commedia condito di una speziatissima salsa al sapor nostalgia (voilà). Pensato con una struttura che, appena scavalcato l’intro a flashback (strautilizzato in questo periodo tra l’altro), diventa sempre di più una pellicola anni ’80, che nei toni della messa in scena, nei momenti di tensione e nella rappresentazione dei personaggi (soprattutto i russi) rimane ancorata ad un cinema europeo piuttosto che nordamericano.

Chi conosce la storia vera potrebbe non amare per nulla la pellicola, che non si preoccupa di tenere conto per nulla neanche dell’ordine cronologico reale nel quale gli eventi narrati si collocano (basti pensare alla data di uscita del primo Game Boy) o al modo in cui liquida figura fondamentali per la “liberalizzazione” del titolo, come Vladimir Pochil’ko, o, ancora, alla rapidità con il quale il gioco viene creato nelle sue forme più mature.

Tetris assume da subito le sembianze di un thriller geopolitico sfumato di commedia condito di una speziatissima salsa al sapor nostalgia (voilà).

Tetris

Tetris è infatti fondamentalmente un pretesto per Baird e soci, che vogliono raccontare una storia che parli della forza delle idee, che non possono essere ingabbiati da qualsivoglia regime, né economico né politico. Di come queste possano mettere a repentaglio l’importanza che deve avere la famiglia per un padre e un marito, ma anche di come esse possano arrivare a legare due uomini agli antipodi da qualsiasi punto di vista.

L’idea è quella classica della rivoluzione degli outsider, sfigati, emarginati e con le camicie colorate, della loro purezza infantile quando si occupano di ciò che veramente fa battere loro il cuore e che sono anche in grado, incredibilmente, di guidare come farebbe un Tom Morello alle prime armi (cioè meglio di qualsiasi essere umano sul pianeta Terra). Tetris è un bel revival, se si accetta di vederlo con quest’ottica, che si salva dal rischio di prendersi sul serio più di una volta, non pretendendo mai di fare una cosa diversa da quella che un revival di quel tipo di cinema promette di fare. Premiato da una compattezza e da una coerenza di personaggi che regge bene uno sfilacciamento dovuto ai tanti fatti da mettere in fila.

Tetris è disponibile su AppleTv+ dal 31 marzo 2023.

65
Tetris
Recensione di Jacopo Fioretti Raponi

Tetris è la terza pellicola diretta dallo scozzese Jon S. Baird, specializzato in adattamenti e storie vere e non a caso anche questo film, prodotto da AppleTV+, rientra in questa categoria. Il titolo è fondamentalmente una spy story geopolitica intrisa di commedia con al centro un Taron Egerton baffuto e che utilizza la storia vera dietro i diritti del celeberrimo gioco per raccontare una storia che parla della forza delle idee. Un nucleo tematico classico che va a braccetto con la trovata dei nerd in grado di conquistare il mondo, rivoluzionari in una realtà che non li capisce. Nonostante delle debolezze rispetto alla messa in scena, dei limiti riguardo ambizioni e raggio d'azione e un finale di cui non interessa più nulla a nessuno arrivati a quel punto, il film è compatto, coerente, solido, divertente e non si prende mai sul serio.

ME GUSTA
  • Il film è compatto, dalla scrittura all'idea visiva.
  • Riesce a non prendersi mai sul serio e a non alzare mai troppo l'asticella.
  • Il nucleo tematico è evidente e posto in modo piuttosto sincero.
  • La regia è ordinata e premia un Egerton in grado di reggere da solo la pellicola.
  • I toni, tra la commedia e lo spy, sono molto equilibrati.
FAIL
  • Non tiene quasi per nulla in considerazione la storia vera.
  • Un film limitato dal punto di vista del raggio d'azione.
  • La fotografia restituisce, a tratti, un'idea di ricostruito.
  • Il terzo atto ha un calo tensivo evidente, ma anche inevitabile, visto come ci si arriva.
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