Luther: Verso l’inferno, la recensione del ritorno di Idris Elba nei panni del mitico detective

Il genere poliziesco è, da sempre, uno di quelli che più appassionano il pubblico: esiste praticamente da quando esiste la fiction e, col tempo, ha addirittura accresciuto i suoi spettatori, laddove altri generi hanno subito flessioni, spesso importanti. I serial di genere crime si creano spesso un pubblico affezionato che continua a seguirli per lustri, o decadi addirittura, lungo sequele interminabili di stagioni zeppe di personaggi che, nelle squadre investigative, finiscono per andare e venire. Personaggi che conquistano e diventano quasi “familiari” per i fan: e tra le emittenti che sono riuscite nell’intento, storicamente, c’è la BBC, che anzi negli ultimi quindici anni ha rinverdito il suo catalogo in merito… basta un solo nome, quello dello Sherlock con Benedict Cumberbatch e Martin Freeman. Tra i personaggi nati su BBC che si sono fatti strada nel cuore degli appassionati di detective stories c’è anche Luther, rude investigatore dalle buone intenzioni ma senza troppi scrupoli, interpretato dal 2010 dall’attore britannico Idris Elba, che ora torna a vestirne i pesanti panni in Luther: Verso l’inferno, primo lungometraggio della serie, dopo cinque stagioni andate in onda su BBC – per l’appunto – e internazionalmente su Netflix, che è entrata nella produzione negli ultimi anni.

A volte ritornano

Si tratta di uno di quei personaggi che, a dispetto di ascolti che magari non sono epocali e non hanno consentito una costanza regolare nelle riprese della serie – del resto cinque stagioni e un film, con di mezzo almeno un paio d’anni tra l’uno e l’altra sono di media poche, e la pandemia c’entra solo relativamente – ha comunque un suo pubblico di riferimento che ben volentieri ne segue le sue nuove avventure.

Elba e il creatore della serie, Neil Cross, paventavano l’idea di un lungometraggio da molti anni, già per dopo la terza stagione, ma solo recentemente il progetto ha ottenuto luce verde, portando il personaggio in una dimensione produttiva tutta nuova e, per certi versi, più consona al tipo di narrazione, che diventa così potenzialmente più accorata e meno sfilacciata di quanto a volte accadeva con la serie, che ha avuto diversi momenti di alti e bassi.

Si tratta difatti di una serie che punta molto sul mood dell’ambientazione metropolitana di una Londra tentacolare e “sporca”, che sembra volutamente coesistere con quella vista, per l’appunto, in Sherlock.
Un contesto urbano realistico al cui interno inserire minacce inquietanti, risolte da un uomo risoluto incarnato da Elba, tramite il cui fascino e carisma Luther è riuscito a diventare iconico. E non è certo l’unico ottimo interprete che la serie abbia visto e sia riuscito a bucare lo schermo, facendo perdonare anche scivoloni sulla plausibilità delle trame ed effetti visivi un po’ raffazzonati in virtù della bravura di attori come Ruth Wilson e Dermot Crowley: nel corso delle stagioni, inoltre, abbiamo visto anche volti noti come Sienna Guillory e Rose Leslie.

Doppia partita

In questo nuovo capitolo delle (dis)avventure di Luther ritroviamo il nostro impegnato, come al solito, a dare la caccia a criminali efferati, dopo aver sventato ormai diverse volte le minacce di terroristi e serial killer. L’avversario, questa volta, è un diverso tipo di mastermind, in grado di manipolare le persone comuni come pedine conoscendone i segreti più oscuri grazie alla rete e servendosene per i suoi giochi perversi, che prevedono anche la creazione e l’utilizzo di una red room per snuff movie nel deep web. Dotato di grande ricchezza, assenza totale di empatia e una determinata risolutezza, riesce a mettere in scacco Luther, facendolo condannare per condotta disdicevole sul lavoro per tutte le volte che ha oltrepassato la linea del lecito nel corso delle sue indagini. Inutile dire che Luther ora ha un conto in sospeso, e sente di dover assicurare il villain alla giustizia per le famiglie delle sue vittime, e quindi architetterà una rocambolesca fuga di prigione per poi partire all’inseguimento, braccato a sua volta dai suoi stessi ex colleghi, tra cui l’amico Martin Schenk e la nuova direttrice della sezione “Serious and Serial Crime Unit”, Odette Raine.

Nelle due ore e dieci di durata, il regista Jamie Payne presenta una costruzione abbastanza lineare, pur andando a sfiorare generi e visioni diversi: le diaboliche macchinazioni del villain interpretato da un parruccatissimo Andy Serkis a un certo punto sfiorano più Saw l’Enigmista che un episodio di Criminal Minds, mentre le scene d’azione fanno evidentemente il verso al Bond di Daniel Craig.

Niente di male in tutto ciò, soprattutto quando le scene riescono a tenere lo spettatore attento, ma l’indagine vera e propria è inconsistente, basata su deduzioni elementari ottenute seguendo un fragile filo tenuto teso solo dalla maestria degli interpreti. Cynthia Erivo, in particolare, è bravissima nel non far odiare il suo personaggio, che oggettivamente e inaspettatamente è totalmente in balia degli eventi, nonostante, visto il suo ruolo, dovrebbe poter invece trascinare gli accadimenti. In fin dei conti, tutto gira attorno a quattro personaggi principali e altrettanti collaterali, non dando alle vittime nessuno spazio: dosando diversamente certe scene l’introspezione psicologica avrebbe fatto un passo avanti.

65
Luther: Verso l'inferno
Recensione di Marco Lucio Papaleo

Luther: Verso l'inferno colpisce il bersaglio, ma in modo periferico. Il film è confezionato di modo che possa fungere da chiaro sequel per chi già conosce il personaggio da anni, ma è assolutamente fruibile anche da chi non ha mai visto neanche una puntata della serie. originale. La nuova dimensione filmica rende la narrazione, se possibile, ancor più fluida e accattivante del serial, sussistono però elementi e personaggi che meritavano maggior approfondimento, mentre, purtroppo, altri perdono subito di mordente nonostante le premesse. Ed è un peccato, perché al di là di un paio di effetti scenografici palesemente posticci, visivamente il film si fa ben volere, con alcuni momenti discretamente inquietanti per chi non è avvezzo ai polizieschi un po' truci. Un'operazione lievemente fuori fuoco, dunque, che come spesso accadeva anche nella serie si perde per strada sulla coerenza e sostanza narrativa affidandosi ai suoi interpreti, che fanno tanto ma, con materiale migliore di base, potrebbero fare ancor meglio. La direzione, ad ogni modo, ora è tracciata e l'intenzione è quella di realizzarne altri, sempre in continuity ma stand-alone, con un Luther che sarà sempre più un agente speciale che un “comune” ispettore. E il format cinematografico, a questo punto, è probabilmente più azzeccato di quello seriale, vista la centralità che si vuole fare assumere ai personaggi top rispetto alla storia, ma anche e soprattutto per necessità produttive e ambizioni di passaggio in sala.

ME GUSTA
  • Il fascino carismatico di Elba continua a riflettersi sempre su Luther
  • Il format cinematografico giova al personaggio
  • Il film è "inutilmente" lungo ma non pesa, grazie alle commistioni di genere
FAIL
  • L'investigazione vera e propria è marginale e ridicola
  • Alcuni elementi posticci rovinano un insieme scenografico che altrimenti funzionerebbe bene
  • Il personaggio di Odette è scritto in modo banale e poco significativo
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