Dal 27 febbraio all’1 marzo sarà nelle sale cinematografiche il film Frankenstein Junior, con una versione restaurata e digitalizzata. Approfittiamo di questo particolare evento per approfondire il lungometraggio e spiegare perché, ad oggi, Frankenstein Junior è ancora un cult imperdibile da vedere e rivedere.

Quel genio comico di Mel Brooks

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Era il 1974 quando Mel Brooks portò sullo schermo Frankenstein Junior. Stiamo parlando di uno de re della commedia americana, anche se il marchio di Mel Brooks è maggiormente riconoscibile rispetto ad altri, ed ha influenzato molto cinema del passato fino ad arrivare a quello di oggi. La comicità demenziale americana è figlia di Mel Brooks, ed il parodiare dei grandi classici o dei fenomeni cinematografici è figlio proprio delle logiche creative e produttive di Mel Brook. Se nei decenni si sono susseguiti i vari Una Pallottola Spuntata, il ciclo di Scary Movie e le altre parodie di cult del cinema, tutto ciò è partito da Mel Brooks. Certo, già negli anni Cinquanta con Gianni e Pinotto sono state prodotte parodie horror come Il Cervello di Frankenstein, lungometraggi che sono diventati delle basi per la cinematografia americana, e non solo. Ma proprio la comicità  i Mel Brooks applicata a certi tipi di storie ha creato una svolta, ed un modo di fare e vedere il cinema di commedia diverso dal solito, e con una carica di originalità fortissima.

Mel Brooks riuscì a rivoluzione la commedia americana nel giro di un anno, realizzando prima Mezzogiorno e Mezzo di Fuoco e subito dopo Frankenstein Junior.

Nel 1974 la critica non apprezzò molto Mezzogiorno e Mezzo di Fuoco, che venne considerato eccessivamente volgare, e fuori dai canoni tipici della commedia americana. Fu proprio questo modo di scardinare la tradizione che conquistò invece il pubblico, a tal punto da far sfondare al film i 100 milioni di dollari d’incassi. Gene Wilder propose a Mel Brooks l’idea di un nipote di Frankenstein che si vergognava di ciò che era accaduto nella sua famiglia, ed il regista giudicò questa proposta abbastanza divertente da farci un film.  Il resto è storia si direbbe, ma il nostro obiettivo è quello di scendere nel profondo.

 

Un universo horror-comico nuovo e vecchio allo stesso tempo

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Il fatto di proporre una storia in bianco e nero fu una decisione che riportò subito alle atmosfere dei film horror della Universal degli anni Trenta, ed in particolare al Frankenstein del 1931 di James Whale. Già questa scelta fa intuire come l’intenzione di Mel Brooks fosse quella di andare nel profondo di un citazionismo presente non alla lontana, ma capace di richiamare un po’ tutto ciò che era alla base dei classici horror della Universal. La scenografia di Frankenstein Junior è più che curata, impeccabile sotto ogni punto di vista, e capace d’immergere ancora di più nelle atmosfere, non solo dei vecchi film Universal, ma proprio all’interno di un universo narrativo tanto caro agli appassionati di storie dell’orrore. L’idea sembra essere quella di riprende la storia di Frankenstein senza però risparmiare altri riferimenti a grandi personaggi horror. Non a caso Frederick Frankenstein, il nipote di Victor von Frankenstein, si rittrova a recarsi in Transilvania per ereditare il castello lasciatogli dallo zio. In un incrocio tra Dracula e Frankenstein, il grande Mel Brooks riesce a creare un universo narrativo e visivo che incrocia i classici dell’orrore letterari, con la tradizione cinematografica horror della Universal, e, allo stesso tempo,  a introdurre un suo mondo fatto di personaggi bizzarri ma intriganti, come l’ aiutante gobbo Igor.

Proprio Igor e Frederick saranno i protagonisti di gag di coppia che sono divenute iconiche. Bisogna per forza chiamare in causa la celebre scena in cui i due, con l’obiettivo di dissotterrare una salma in cimitero, si alternano in un dialogo divenuto iconico. “Che lavoro schifoso!” dice Frederick. “Potrebbe essere peggio” risponde Igor. “E come?” – “Potrebbe piovere”. Lo scatenarsi del temporale subito dopo questa battuta è divenuto un sorta di meme ante-litteram, così come il  “Si-può-Fare!” di Frederick una volta che capisce di poter dare vita alla sua creatura. Prima di Mek Brooks le cosiddette gag da meme non esistevano, le scene erano orchestrate in una maniera più teatrale, basate su un misto di scenografia, movimenti e dialoghi, difficili da fermare in un singolo attimo o battuta. Mel Brooks ha avuto la capacità comica di sintesi, un misto di battute più serrate, situazioni da slapstick o simil tali, e tempi comici più rapidi, creando personaggi, frasi, e situazioni che tutt’oggi vivono ancora, anche nel linguaggio comune.

Frankenstein Junior è uno di quei film capaci di attirare gli amanti della commedia, così come quelli dell’horror. Ma è anche per coloro che vogliono riscoprire un certo tipo di cinema, che nei decenni ha generato tanti figli e nipoti, e di cui ci si è quasi dimenticati la discendenza. Ecco, tutto, o quasi, è partito da Mel Brooks, e da quel 1974 che vide in un solo anno stravolgere la commedia americana, prima con Mezzogiorno e Mezzo di Fuoco, e, subito dopo,  con Frankenstein Junior. E magari immaginiamo Gene Wilder e Mel Brooks, durante le riprese della loro parodia western, seduti a discutere di questa storia sul nipote di Frankenstein, con quest’ultimo che ad un certo punto esclama: “Si-può-fare!”.

                      Frankenstein Junior  è al cinema dal 27 febbraio all’1 marzo.