Una collaborazione interdisciplinare, durata 10 anni, ha utilizzato un approccio di scienza dei materiali per “prendere le impronte digitali” dei depositi di minerali di calcio noti come microcalcificazioni, piccoli depositi di sali di calcio che sono troppo piccoli per essere sentiti ma possono essere rilevati dall’imaging usati negli strumenti diagnostici. Il nuovo lavoro del gruppo di ricerca si basa proprio su questo aspetto, pubblicato su Science Advances si basa sul concetto di biomineralizzazione, cioè il processo tramite cui gli organismi controllano la crescita dei cristalli calcificati nei loro tessuti. La deposizione sana di minerali è un processo delicatamente orchestrato, come si vede nella formazione delle ossa e dei denti. A volte, però, i depositi di minerali si formano in luoghi non adatti, come succede nei reni – formando i calcoli renali – e nel il tessuto mammario. Nel contesto del cancro al seno, e microcalcificazioni vengono spesso usate come indizi patologici sulla progressione del cancro: sono uno strumento di screening fondamentale perché appaiono come macchie bianche e vivaci nelle mammografie e, in alcuni casi, indicano la presenza di un cancro al seno.
Attingendo alle tecniche di caratterizzazione ad alta risoluzione, ben consolidate dalla scienza dei materiali, e accoppiandole con la conoscenza della biomineralizzazione e del modo in cui gli organismi possono controllare la deposizione di minerali, i ricercatori hanno ottenuto informazioni uniche su un minerale patologico che può avere importanti implicazioni per le malattie”. “Di solito, dopo la mammografia iniziale, le microcalcificazioni vengono ampiamente ignorate. Quello che stiamo dicendo è che possiamo guardare oltre la risoluzione della mammografia, a livello microscopico e chimico, e ottenere maggiori informazioni da queste microcalcificazioni”, ha dichiarato la co-autrice Lara Estroff, professoressa di scienza dei materiali e ingegneria alla Cornell Engineering.
Come sfruttare la biomineralizzazione
Il gruppo di Estroff è specializzato nella biomineralizzazione, Più di dieci anni fa, ha iniziato a collaborare con Claudia Fischbach, professoressa di ingegneria biomedica e coautrice dell’articolo, per studiare la diffusione metastatica del cancro al seno nelle ossa. Questo ha portato all’esplorazione di un fenomeno “bizzarro” in cui minerali, con composizione chimica molto simile a quella delle ossa, apparivano nei siti tumorali primari. Partendo da questa scoperta, il gruppo di ricerca si è interessato al modo in cui queste microcalcificazioni possono catturare elementi dell’ambiente tissutale in cui si formano, quasi come un’istantanea. L’ambiente o microambiente tissutale, noto anche come matrice organica, può a sua volta influenzare la composizione, la morfologia e le proprietà meccaniche del minerale. “I minerali hanno regole diverse dalla biologia”, ha detto Kunitake. “I minerali che si formano nel cancro al seno potrebbero intrappolare informazioni chimiche che riflettono l’ambiente in cui si sono formati e che potrebbero avere un valore e una rilevanza clinica”. Mentre alcuni biologi del cancro hanno studiato le microcalcificazioni, il fenomeno non era ancora stato esplorato dagli scienziati dei materiali.
“La biomineralizzazione è un’area piuttosto di nicchia che coinvolge contributi dalla scienza dei materiali, dalla geologia, dalla biologia e altro ancora. È molto multidisciplinare”, ha detto Estroff. “Ci siamo detti: “Possiamo prendere tutto ciò che sappiamo dallo studio dei biominerali fisiologici e applicarlo ora a questi minerali patologici?”.
Le mappe tridimensionali
Fischbach ha messo in contatto Estroff e Kunitake con i ricercatori del Memorial Sloan Kettering Cancer Center, che hanno fornito campioni di tessuto contenenti microcalcificazioni provenienti da 40 pazienti affette da cancro al seno. Kunitake ha quindi iniziato l’arduo processo, durato anni, per cercare di capire esattamente cosa stessero osservando. Si è rivolta al dottor Daniel Sudilovsky, allora al Cayuga Medical Center, che ha aiutato a caratterizzare la patologia di ogni tipo di microcalcificazione trovata. Poi, invece di macinare i campioni di tessuto, come avevano fatto altri studi, i ricercatori hanno cercato di ottenere mappe tridimensionali ad alta risoluzione della chimica del minerale e della matrice organica, in modo da non alterare la struttura del tessuto. Hanno quindi collaborato con Admir Masic del Massachusetts Institute of Technology (MIT), coautore dell’articolo, che ha utilizzato una tecnica di spettroscopia vibrazionale chiamata microscopia Raman. Grazie a questa tecnica Masic è stato in grado di rilevare le firme della chimica organica e inorganica, distinte per ogni molecola biologica, e di mappare la posizione di tali firme. Kunitake si è quindi occupato di integrare e analizzare tutti i dati utilizzando tecniche ispirate alla ricerca omica in biochimica e genetica.
La strategia delle comunità “omiche”
In biologia molecolare, ci si riferisce comunemente al neologismo omica (in inglese omics) per indicare l’ampio numero di discipline biomolecolari che presentano il suffisso “-omica”, come avviene per la genomica o la proteomica. Il suffisso correlato -oma (in inglese -omes) indica invece l’oggetto di studio di queste discipline (genoma, proteoma) “Un modo per esaminare i dati, quando se ne hanno molti, è usare le strategie delle comunità omiche”, ha detto Kunitake. “Non deve essere necessariamente quantitativo, basta visualizzare il comportamento dei dati. Abbiamo potuto osservare i nostri dati come una mappa di calore e questo ci ha dato un’idea di come i diversi parametri misurati fossero correlati tra loro e di come le diverse calcificazioni si raggruppassero in base alle loro impronte digitali”. Tra le principali scoperte dei ricercatori c’è sicuramente quella del raggruppamento delle microcalcificazioni: le microcalcificazioni, associate al cancro, si raggruppano in gruppi fisiologicamente rilevanti che riflettono il tipo di tessuto e la malignità. Ad esempio, il carbonato minerale presenta una varietà sostanziale all’interno del tumore; gli oligoelementi – tra cui zinco, ferro e alluminio – sono presenti in alte percentuali nelle calcificazioni localizzate al tumore; il rapporto tra lipidi e proteine all’interno delle microcalcificazioni è più basso nei pazienti con prognosi infausta.
Sebbene i ricercatori non siano sicuri se le microcalcificazioni si formino prima dello sviluppo del cancro o a causa di esso, i risultati indicano che esiste una correlazione con la gravità della malattia. I ricercatori sperano che i risultati possano permettere di sfruttare le calcificazioni anche in altri tipi di cancro, come quello alla tiroide e alle ovaie.