Il ritorno di Massimo Venier per Aldo, Giovanni e Giacomo – diciamolo – stato un toccasana. Dopo Odio l’estate, che ha rappresentato l’ottimo ritorno sul grande schermo del trio, persosi in meandri della retorica e di una comicità che non funzionava più, arriva Il grande giorno, il nuovo film con loro protagonisti, incentrato su una sola location, un solo evento e una grande amicizia che rischia di essere minata.

Giovanni e Giacomo sono legati da un’amicizia che dura da trent’anni: soci in affari, con la gloriosa Segrate Divani, stanno per diventare anche parenti grazie ai loro due figli. Caterina Storti, infatti, sta per convolare a nozze con Elio Poretti, così da poter unire per sempre le due famiglie e creare un legame indissolubile. Da un lato c’è Giacomo, metodico lavoratore che alle 8:15 ogni giorno si ritrova in ufficio per portare avanti l’azienda, anche contrariamente, anche se i suoi sogni potrebbero essere altri, ma l’insegnamento più grande che dà al figlio – diversamente da come farà Lietta (Antonella Attili), la madre – è che bisogna perseguire una strada dritta, per avere certezze.

Dall’altro lato Giovanni, istrionico come sempre, desideroso di realizzare il matrimonio più bello e memorabile della storia del Lago di Como, su tre giorni e soprattutto per rivendicare, agli occhi dell’ex moglie Margherita (Lucia Mascino), che ha commesso un errore a lasciarlo. Il grande giorno è stato programmato tutto con grande precisione, finché non sarà proprio Margherita a irrompere sulla scena in compagnia del suo nuovo spasimante: Aldo, un fisioterapista conosciuto all’estero pronto a rovinare tutti i piani di Giacomo e Giovanni.

La malinconia e le gaff di Aldo

Il grande giorno è una storia che, così come era successo per Odio l’estate, nasconde la malinconia, cela una gestione complessa di un trio che negli anni ci ha sempre fatto temere che potesse rompersi, distruggersi, vanificando i sogni di tutti quanti noi. La nasconde nel voler tornare su delle tematiche che erano già state affrontate in Chiedimi se sono felice, film del 2000 sempre girato da Massimo Venier, nel quale Giovanni e Giacomo dovevano affrontare una profonda crisi per la loro amicizia. Una sfida che torna, quasi come un ricorso storico, e che li metterà nuovamente a dura prova, mentre già scricchiolano.

Una malinconia che sembra voler essere annullata e azzerata dall’intervento di Aldo, che nei panni del gaffeur, ruolo che gli riesce sempre benissimo, rovina non solo la festa, ma tutto ciò che tocca. Eppure, nel momento in cui si siede al pianoforte e intona Maledetta Primavera di Loretta Goggi emette in un sol colpo quello che è il quadro generale della storia: l’amore non corrisposto, quella patina di illusione che condiziona il girotondo dei rapporti e che è destinato, quasi sicuramente, a esplodere. Che si tratti di quello tra Giovanni e Giacomo o delle famiglie che a Villa Kramer danzano sulla punta di uno spillo.

Una commedia quasi corale

Al di là di questi aspetti che trasformano la commedia di Aldo, Giovanni e Giacomo in un racconto agrodolce, c’è tanto della loro comicità, c’è tantissimo delle loro mimiche e delle loro paturnie. Ma c’è anche il tentativo di trasformare l’intero film in un’opera corale, perché là dove resta il Trio il vero mattatore della vicenda, soprattutto dopo l’arrivo catastrofico di Aldo, ci sono tanti comprimari che si ergono con le loro storie, a volte ingombranti, a volte fuori luogo, altre volte molto indovinate. È il caso di don Francesco (Francesco Brandi), un prete sceso dalle montagne e totalmente estraneo alla vita oltre che alla sua professione, ma ligio fino alla fine al proprio dovere, ma anche del cardinale Pineider (Roberto Citran) e del maître interpretato da Pietro Ragusa.

Ciò che stona, in questo bailamme di sottotrame e di intrecci narrativi, è la necessità che Venier sente di accontentare nel costruire anche vicende estranee a ciò che riguarda principalmente il Trio. Quei filler narrativi che tolgono spazio a vicende inerenti i rapporti tra Giovanni e Giacomo che potrebbero guadagnare, così, più aria, più ritmo, dando più spazio alle comprensioni e alla tenerezza di uomini che devono imparare ad ascoltare, a comprendere, ad analizzare e, soprattutto, a prendersi le proprie responsabilità.

Sono, d’altronde, Aldo, Giovanni e Giacomo i tre personaggi meglio riusciti de Il Grande Giorno

Sono, d’altronde, Aldo, Giovanni e Giacomo i tre personaggi meglio riusciti di questo film, come era facile immaginare, da veri mattatori di quel matrimonio che viene preparato con la dovizia del precisino (stavolta non Giacomo, ma Giovanni) e con le problematiche sempre dietro l’angolo, per offrire quello spunto gioviale sempre necessario in un film del genere.

Il motore femminile

Nella scelta di un’ambientazione affascinante e lussuosa, che riuscirà a sua volta a dare degli spunti farseschi interessanti, non c’è da sottovalutare l’altro motore della trama, ossia la presenza femminile. A partire dalla già citata Lucia Mascino, la ‘barbie vintage’ ex moglie di Giovanni, che già in Odio l’estate si era ben distinta nel ruolo della moglie un po’ altezzosa. Qui, come se si fosse evoluta e come se i due film avessero un filone da rispettare, scopre la libertà, la leggerezza, la serenità, aspetti che hanno costretto, invece, Lietta e Valentina (Elena Lietti) a vivere dei rapporti che forse non danno la soddisfazione adeguata.

Bando alle ciance, però, perché se Odio l’estate era stato il grande ritorno al grande schermo, Il grande giorno è una conferma, pur essendo un film che – come specificato fino a qui – si perde in alcune esigenze, in deviazioni dal binario principale che avremmo preferito evitare. La commedia del Trio continua a essere elegante, mai volgare, in grado di strizzare l’occhio ai nostalgici appassionati di quelle che sono le loro paturnie e le loro problematiche, senza mai lasciarli andare via, perché quel timore di non poterli più vedere non dovrà mai più tornare. Quel trio funziona ancora benissimo, insieme riesce a offrire il meglio e sebbene ci abbiano provato a separarsi per provare delle esperienze nuove, è qui che li vogliamo. A Villa Kramer per celebrare il matrimonio dei loro figli, che finalmente li renderanno non solo amici e colleghi, ma parenti.

75
Il grande giorno
Recensione di Mario Petillo

Il grande giorno è una commedia che insegna quanto la fine sia, spesso, un nuovo inizio. Anche a 60 anni suonati c'è la possibilità di cambiare la propria vita e accettarsi per quel che si è, indagando nelle propri fragilità e imperfezioni. Massimo Venier è tornato a dare grande spazio alla comicità del Trio, esaltandone le particolarità e le difficoltà, proprio come solo lui ha saputo fare nel corso della loro carriera. A Natale, nonostante la malinconia e quel retrogusto amaro che ci doneranno tutti e tre, sarà tempo di tornare, finalmente, a ridere con loro.

ME GUSTA
  • Comicità mai volgare e risate assicurate
  • Gran parte dei comprimari vincenti
  • Una grande morale sulla rinascita
FAIL
  • Qualche filler di trama di troppo