Il cinema documentaristico è una materia liquida. Probabilmente è, tra tutti, il genere in cui è più richiesto dare la medesima importanza sia alla chiarezza della linea guida che allo spazio di manovra da improvvisare. Anche in quelli di inchiesta, forse specialmente in quelli, ma in generale: sai da dove parti, non sai mai quello che trovi. Questa sua natura è anche ciò che lo rende più interessante in un certo senso, perché è veramente un viaggio: ti metti seduto, il film parte e non sai dove arriverai e, cosa più importante, non hai idea di come ci arriverai.
Nella recensione di Sr., dal 2 dicembre 2022 disponibile su Netflix, vi parliamo proprio di un viaggio di questo tipo, dato che nonostante sappiamo esattamente qual è il soggetto di interesse e la destinazione finale, la sua forma cambia sotto i nostri occhi, riuscendo a sorprenderci fino all’ultimo.
Esso è, insomma, un esempio perfetto delle potenzialità illimitate del documentario.
Lo dirige Chris Smith, che decide di farlo in bianco e nero proprio per alimentare questo senso di anarchia temporale, in modo da mettere ogni passaggio sullo stesso piano, tolto, ovviamente, parte del materiale d’archivio, a cui però è richiesto un posizionamento temporale preciso. È parte della sua natura, ma è anche essenziale nella composizione del mosaico (chiarezza della linea guida, ricordate?).
L’idea del film è niente meno che di Robert Downey jr., il quale, attraverso di esso, cerca di capire suo padre Bob Downey sr. (cineasta indipendente e grande esponente della controcultura nordamericana, attivo tra il 1960 al 1997), non per com’era e non per come sarà, ma per com’è ora, “perché non si quanto tempo ci rimane per entrare in contatto con i nostri cari.”
Non a caso la produzione della pellicola iniziò nel 2020 per concludersi l’anno scorso, con la scomparso del regista americano.
Downey and Downey
Sr. è pressocché tutto in bianco e nero, dicevamo, ed è concepito per avere la forma di un compromesso, quello che tra un figlio che vuole entrare in contatto con il proprio padre e un padre che vuole indirizzare il corso delle indagini su ciò che più lo aggrada e, essendo un artista, quello che più lo aggrada è girare un film.
Le abitazioni dei due Downey, dunque, diventano un crocevia a corrente alternata tramite il quale si passa dal ripercorrere la strada di Sr. attraverso le sue pellicole, la sua poetica e i volti della sua vita, tra cui alcuni illustri come quelli di Alan Arkin e di Paul Thomas Anderson, e al suo personale montaggio di un nuovo film, sconclusionato, anarchico, pigro, ma stimolante, come la sua filmografia. E viceversa.
Da un ritratto intimo completamente libero in cui padre e figlio mostrano la loro complicità, la loro somiglianza e le loro differenze (banalmente, uno è riuscito a “sfondare” e l’altro proprio non era la persona adatta) si passa dunque ad una lezione di cinema completa, sia teorica che pratica.
Questo perché entriamo a contatto con un autore a tutto tondo non solo attraverso la visione di frammenti delle sue opere con annesso commento, testimonianze argute, curiose e originali di un momento e di un movimento storico preciso, ma anche perché possiamo ammirare in tempo reale cosa lo muove quando concepisce una scena, si rapporta con una location, progetta un’inquadratura, dirige un movimento.
La genuinità totale di Bob sr. ci permette di cogliere le fragilità e financo le difficoltà evidenti nel rapportarsi con la losangelina industria del cinema nordamericano, lontanissima anni luce dalla comfort zone newyorkese in cui era libero di creare senza vincoli produttivi o codici di censura (titoli come Putney Swope o Greaser’s Palace).
Di più, perché stando a contatto con un contesto famigliare in cui il cinema è divenuto un modo di osservarsi e di parlarsi, possiamo arrivare a intuire anche quale sia l’importanza della telecamera, la sua tirannia, ma anche il suo potere, difficilissimo da gestire, ma ricco di opportunità.
La macchina da presa
La camera, in questa famiglia, è stata l’unica modalità con cui un bambino ha avuto modo di passare del tempo, sostanzialmente, con sua mamma e suo papà.
In fin dei conti siamo pur sempre di fronte ad un documentario che ha nelle sue radici l’esplorazione di un rapporto padre / figlio e, come tale, nasce dall’esigenza segreta di scoprirsi a vicenda, perché tutti abbiamo bisogno di specchiarci negli occhi di coloro che amiamo e che ci hanno reso la vita un inferno e un paradiso.
I due Downey si muovono secondo questo tacito accordo, anche se sembra che Sr. faccia di tutto per scansare un confronto diretto, serio e profondo, eppure ci mostra la sua malattia, ci mostra il Parkinson, il suo decorso e il suo deterioramento.
Lo fa apertamente, senza nessun tipo di censura, invitando quasi il figlio a seguirlo, a non nascondere nulla alla camera e quindi non nascondere nulla neanche a se stesso.
Robert Downey jr. , dal canto suo, ci mette tutta l’umanità e il coraggio di mettersi a nudo, perché è il suo modo di vivere con la sua famiglia, con la sua arte e con la camera, anche di fronte alle crisi, quelle passate in gioventù, quelle in cui era solamente il figlio di Downey a quelle attuali, presenti, immediate, legate alla paura che sia troppo e che troppo questa maledetta e benedetta telecamera abbia preteso.
Il divo che si fa semplice tassello di un ambiente in cui protagonista non lo è mai, perché è, anche lui, come noi, viaggiatore verso meta ignota, eppure spinto dal bisogno di chiudere un ciclo in modo da, chissà, magari, aprirne uno nuovo.
In Sr. tutto questo diventa uno solo. I linguaggi, i vissuti, le immagini, i percorsi, le generazioni, tutto si unisce nel cinema, un terzo incomodo imprescindibile perché se non ci fosse lui non ci sarebbe nient’altro, né la vita né la morte. Perché come la racconti, come la mostri, se non con una telecamera? Bellissimo, toccante e istruttivo, un piccolo trattato sul cinema perfettamente coerente con l’ambiente famigliare in cui prende forma. Esclusivo eppure universale.
Sr. è disponibile su Netflix dal 2 dicembre 2022.
Sr. è un documentario originale Netflix diretto da Chris Smith, ideato da Robert Downey jr. e dedicato a suo padre Downey sr.. Totalmente in bianco e nero, tolte le immagini di archivio, il film ripercorre la vita del cineasta esponente della controcultura nordamericana della seconda metà del secolo scorso, intrecciando il racconto della sua poetica cinematografica con la sua concezione di cinema in senso pratico e il suo rapporto con la camera. Un ritratto famigliare intimo, delicato, commovente e ironico che è sia un'originalissima lezione sul cinema sia un frammento sincero di un rapporto padre / figlio pieno di fragilità e idiosincrasie, ma anche ricco di complicità e affetto. Esclusivo eppure universale.
- Una bellissima lezione di cinema a tutto tondo, dalla teoria alla pratica.
- Un ritratto commovente, intimo e ironico della complessità del rapporto tra padre e figlio.
- Bellissima espressione delle potenzialità del genere documentaristico.
- Sarebbe stato interessante capire com'è possibile che da un esponente della controcultura americana possa essere nato un divo hollywoodiano.