Non tutti conoscono l’importanza del temine finanziarizzazione e il suo legame stretto con il concetto di “casa”. Anche se non appare subito palese, il capitalismo è strettamente collegato all’housing. A partire dall’affitto fino ad arrivare al mutuo, le facce della crisi legata all’abitazione sono sempre più ampie.
Se si vuole comprendere meglio questo fenomeno al fine di capire cosa c’è dietro ad affitti proibitivi e a mutui non concessi, bisogna prima di tutto conoscere bene cosa si intende per finanziarizzazione, processo che ha uno stretto legame con il “diritto ad abitare”.
Cos’è la finanziarizzazione della casa?
Per finanziarizzazione si intende un insieme di processi tramite i quali i mercati giocano un ruolo determinante nel sistema economico e di conseguenza, in quello sociale. Potremmo vedere questo fenomeno, come una serie di interazioni che interessano sia la sfera economica che quella sociale.
Tra i beni primari, al primo posto vi è senza dubbio la casa. All’abitazione si affianca un diritto fondamentale, quello di abitare in un alloggio adatto ad ospitare un individuo. Ecco, dunque, perché la casa diventa la prima tra le merci più importanti che finiscono nel gioco finanziario. Lo spazio fisico occupato da quest’ultima, viene infatti sfruttato dalla finanza globale, e diventa l’infrastruttura essenziale di un mondo che si basa sul capitalismo.
Eppure, quello della finanziarizzazione, è un processo che inizia verso la fine degli anni ‘80 e coinvolge tutto il nuovo millennio. Per quanto riguarda l’housing, la trasformazione sociale ha avuto luogo in un contesto in cui è cambiato anche il significato di proprietà. In particolare, dall’anno 2008, si è visto il trionfo del processo di finanziarizzazione, collegato al quale l’ideologia neoliberista ne ha dato il profondo consenso. Ed è così che il significato di “casa di proprietà” è diventato un ingrediente fondamentale della società dalla fine degli anni ‘70 in poi.
Margaret Thatcher, con il diritto a comprare ha creato una nuova eredità societaria dal dopoguerra in poi. Il tessuto industriale e le sue esigenze sono cambiate in contemporanea con la crescita delle domande di alloggi. La priorità politica durante gli anni ‘80 diventa quindi quella di espandere gli strumenti di finanziamento e gli incentivi fiscali così che anche la classe media avesse accesso alla proprietà. Nasce poi l’istituto del mutuo, dove i cittadini concedono alle banche la possibilità di creare nuovi titoli finanziari che vengono poi dalle banche stesse scambiate nei mercati.
Il sogno keynesiano
L’economista e sociologo John Maynard Keynes, parlò anche di cartolarizzazione, una particolare tecnica finanziaria che a sua volta ha modificato tutto il sistema economico, in modo da favorire l’arricchimento individuale. Questo ha avuto però la triste conseguenza di rendere il ceto sociale più basso maggiormente soggetto a speculazioni.
Il sistema appena descritto si potrebbe riassumere con il nome di welfare finanziarizzato, che va a braccetto con i cosiddetti “mutui subprime”, ovvero quei mutui che vengono concessi senza il bisogno di chiedere nessuna garanzia.
Un tentativo fallito
Queste premesse vanno a descrivere perfettamente quello che si cela dietro al famoso sogno neoliberale, strettamente legato al concetto di proprietà. Con il concetto di casa nel ventunesimo secolo, non si può fare a meno di associare due incubi insostenibili per un gran numero di individui: lo sfratto e il pignoramento della casa. Dalla crisi del 2008 in poi, infatti, si sono verificati più di 10 milioni di sfratti, oltre che un gran numero di famiglie sottoposte ad un grave disagio abitativo negli stessi anni. Al contempo, le banche utilizzavano miliardi di euro, innescando la famosa crisi dell’Eurozona, ancora oggi in atto nel 2022.
Così, il tentativo di mettere un punto alla cosiddetta finanziarizzazione, ha causato solamente una nuova ondata del fenomeno, in cui la sfera dell’abitare e le dinamiche che ruotano attorno ad essa, hanno portato una forte regressione sotto il punto di vista sociale.
Ecco perché ad oggi si può dire che la privatizzazione di Keynes è stata un fallimento, che ha fatto crollare il desiderio di avere una società composta solo da proprietari. Ad oggi, al contrario, si parla della cosiddetta generazione in affitto, ovvero una classe sociale sempre più eterogenea che non può più permettersi di effettuare il passaggio da affittuario a proprietario.
Quali prospettive?
A questo punto ci si chiede quindi quali siano le soluzioni che la società sta cercando di adottare contro questa nuova ondata di finanziarizzazione. Ebbene, l’Europa partendo da Berlino fino ad arrivare a Barcellona, sta provando progressivamente a ribaltare la dinamica dell’abitare.
La lotta inizia a dare i suoi frutti solamente in alcune città nordiche, che cercano di riportare in vita un modello più equo e alternativo che non preveda quella serie di step che vanno a danneggiare il benessere dei cittadini. Rimane ancora un punto di domanda il modo in cui la generazione cresciuta a sfratti e pignoramenti potrà allontanarsi da una società basata sulla rendita di affitti, così da ricostruire un nuovo mondo con sempre meno disuguaglianze sociali.