Russell Crowe ha presentato a Roma, in particolare nella sezione gemella del RoFF “Alice nella città”, la sua opera seconda Poker Face. Un film potenzialmente intrigante ma che perde fin da subito il suo ipotetico fascino. Eredità, gioco d’azzardo e tradimenti sono i temi principali sviluppati a stento da una sceneggiatura scritta in fretta e, purtroppo, solo superficiale. Il paesaggio australiano viene sfruttato solo marginalmente, un vero spreco. Russell Crowe sia come attore che come regista si difende ma non brilla. 

Premesse queste piccole anticipazioni iniziali vi invito, come sempre, a giudicare il film in prima persona, la pellicola arriverà al cinema dal 24 novembre. Ora addentriamoci nell’analisi di Poker Face. 

Poker Face, il frutto dei problemi produttivi

Definirmi delusa non sarebbe depressione giusta. Non avevo elevate aspettative nei confronti di Poker Face, semplicemente speravo che si rivelasse una pellicola d’intrattenimento godibile. Purtroppo così non è stato. Poker Face è l’evidente e dichiarato da Crowe stesso frutto di tanti problemi produttivi. Appena uscita dalla sala, infatti, ho subito avuto l’impressione che la pellicola non fosse stata inizialmente progettata in questo modo. Russell Crowe durante la conferenza stampa ha infatti confermato i miei dubbi. 

Poker Face inizialmente avrebbe dovuto avere dietro la macchina da presa un altro regista. Crowe è stato coinvolto solo successivamente quando l’artista designato si è trovato coinvolto in situazione familiari complicate e inclinabili con la regia della pellicola. Russell ha affermato di aver accetto il progetto perché per lui rappresentava una vera e propria sfida, e che sfida! Il regista e attore neozelandese in 5 settimane ha riorganizzato l’intero film: dalla sceneggiatura che non era pronta, alla scelta del cast fino alla definizione delle location. Quello che inizialmente sarebbe dovuto essere un film thriller di sola azione è diventato un lungometraggio incentrato sull’eredità. Vi chiederete il perché di un simile cambiamento di rotta, la risposta è presto detta: l’attore aveva recentemente perso il padre ed ha scelto di introdurre nel suo film una sfumatura più personale.

Non pensate però che i problemi iniziali di Poker Face terminino qui, a peggiorare la situazione si è inserita la pandemia e le inondazioni che hanno colpito l’Australia. 

Poker Face è perciò un film sfortunato in partenza, purtroppo però le scusanti, per quanto comprensibili, non sono sufficienti a salvare il film.

Poker Face racconta la storia di Jake, un giocatore di poker di professione. La pellicola si apre con un piccolo scorcio dell’infanzia di Jake. Apprendiamo fin da subito che già da piccolo era un abile giocatore, non temeva le sfide ne gli scontri ma al tempo stesso era pronto a difendere i propri affetti. 

Peccato che il passaggio dall’età dell’innocenza a quella adulta sia stato repentino e privo di contestualizzazione. Solo mediante il voice over del protagonista apprendiamo cosa è accaduto durante gli anni che il film sceglie di non mostrare, voice over che in modo sbrigativo e superficiale riassume in 3 o 4 minuti almeno 15 anni di vita. Non vi sembra che la sceneggiatura stia già correndo troppo? Jake si è sposato ed ha avuto una figlia, ha perso poi la moglie in circostanze mai spiegate ed è ora un impresario di successo, un miliardario nel vero senza della parola. Grazie ai suoi amici ha sfruttato le sua abilità nel poker e le competenze informatiche per costruire un impero che ero è al servizio dei governi internazionali. Jake è ora risposato ma infelice, ama la figlia ma presto a causa di una malattia sarà costretto a lasciarla. Gli amici di sempre sono ora solo conoscenti pronti a tradirlo pur di salvarsi la pelle. Il poker non ha mai smesso di essere una passione per Jake e proprio grazie al gioco riesce a riunire i suoi vecchi amici per un’ultima volta. Segreti, tradimenti e desiderio di rivincita saranno i protagonisti della partita. 

Poker Face, eredità e sospense i protagonisti di una sceneggiatura superficiale 

Il nuovo film di Crowe purtroppo non brilla. Poker Face è privo di una sceneggiatura in grado di tenere lo spettatore con gli occhi fissi sullo schermo come un thriller dovrebbe fare ed al tempo stesso non è in grado di emozionare o commuovere la dove dovrebbe farlo. Il mix tra thriller e pellicola sentimentale non è assolutamente riuscito. Anzi, la trama thriller, per colpa del villain di turno, appare fin troppo comica, stereotipata e priva di tensione. Il “cattivo”, se così si può definire, non ha alcuna backstory. È arrabbiato e in cerca di vendetta punto e basta, non sappiamo nulla circa le sue motivazioni semplicemente le apprendiamo come un dato di fatto. La mancanza di caratterizzazione e la teatralità della messa in scena privano di credibilità l’intera parte thriller della pellicola. 

Sicuramente più interessante, anche se non esplorato a sufficienza, è il rapporto padre e figlia che lega Crowe alla giovane Molly Grace, che ricopre il ruolo della figlia di Jake, Rebecca Foley. Sfortunatamente la tematica dell’eredità viene sviluppata sono nel senso letterale, nessuna riflessione circa il lasciato morale o sentimentale. L’imminente morte di Jake fornisce, nel film, solo lo spunto circa la spartizione economica del suo ingente patrimonio, tutto si limita ad un espetto meramente burocratico ed economico. Il rapporto padre figlia viene limitato ad una scena collocata nella prima parte del film e li si esaurisce. Da sottolineare che anche in questo contesto la relazione tra la giovane figlia e il padre è legata al denaro. Il padre viene rappresentato come colui che è pronto ad accontentare la figlia ad ogni minimo capriccio, probabilmente per cercare di colmare il vuoto lasciato dell’assenza della madre, mancanza a cui non viene mai data una contestualizzazione. Priva di struttura è la relazione tra Jake e la nuova moglie, sono convita che in tanti potrebbero anche non aver compreso la natura del rapporto talmente è solo abbozzata. Per riassumere il film si dedica apertamente all’aspetto economico del lasciato del protagonista e praticamente è assente l’origin story dei personaggi e l’approfondimento delle loro relazioni. 

La regia di Crowe ha qualche spunto interessante nelle primissima parte ma poi si rivela abbastanza accademica. Senza infamia e senza lodi. Interessante il montaggio a tinte mistiche posizionato nei primissimi minuti. Peccato che il paesaggio australiano non sia stato sfruttato a dovere né messo al servizio della storia.

Liam Hemsworth ed Elsa Pataky non sono i protagonisti di Poker Face

Un errore da non fare se deciderete di andare in sala il 24 novembre a vedere Poker Face: non pensate che Elsa Pataky e Liam Hemsworth siano i protagonisti della pellicola perchè non è assolutamente così! In tanti, critici e non, stanno commettendo l’errore di associare la pellicola alla moglie ed al fratello di Chris Hemsworth, i due sono si tra il cast di Poker face ma sono due personaggi secondari. L’assoluto protagonista è Russell Crowe, attore e regista. Se andrete in sala solo per i famigliari di Thor resterete delusi. Liam Hemsworth interpreta i panni di un amico d’infanzia di Jake, per il ruolo è stato invecchiato con il trucco ma l’operazione non è riuscita nell’intento. Liam resta sempre molto più giovane rispetto a Crowe e la dinamica tra i due personaggi perde credibilità. 

Chris Hemsworth, Liam Hemsworth, Thor

Elsa Pataky, invece, è colei che gestisce la partita privata di poker a casa del protagonista. Il suo ruolo si riduce ad una parte estremamente secondaria di soli pochi minuti. Sicuramente nominare in fase promozionale i nomi di Elsa Pataky e Liam Hemsworth è utile per attirare il pubblico ma non bisogna cedere al clickbait. 

50
Poker Face
Recensione di Chiara Giovannini
ME GUSTA
  • Intrattiene per un ora e 30 minuti
  • Russell Crowe è sempre Russell Crowe
FAIL
  • Manca la giusta introduzione
  • Scarso approfondimento delle relazioni tra i personaggi
  • Troppa attenzione al lato economico e poca a quello sociale
  • Thriller senza suspanse