Una delle chiavi per contrastare la crisi alimentare è certamente l’innovazione. Come ha ricordato QU Dongyu, il direttore generale della FAO, durante il G20 dell’agricoltura a Bali l’agricoltura digitale può migliorare i mezzi di sussistenza degli agricoltori e promuovere l’imprenditoria agricola innovativa.
Su questo tema, in occasione del convegno ‘Sicurezza alimentare e sostenibilità della filiera agrifood: a che punto siamo’, si è mosso anche l’Osservatorio Food Sustainability della School of Management del Politecnico di Milano. Secondo una ricerca di 7337 start up agrifood il 34% persegue almeno uno degli obiettivi di sviluppo sostenibile previsti dalle Nazioni Unite nell’Agenda 2030.
Il 30% delle soluzioni sviluppate da queste start up mira a ottimizzare il consumo di risorse, mentre il 21% promuove la tutela degli ecosistemi terrestri e di acqua dolce. Alcune di queste, il 17%, incentivano l’adozione di stili di vita e pratiche sostenibili e puntano ad aumentare la produttività e la capacità di resilienza dei raccolti ai cambiamenti climatica. In misura minore si punta a tutelare i piccoli produttori (12%) e a ridurre le eccedenze e gli sprechi (11%).
Queste start up agrifood sostenibili sono più concentrate in Norvegia dove ne troviamo il 60% sulle 25 start up agrifood, seguita da Israele con il 58% di start up sostenibili su 119. L’Italia si trova al 23esimo posto con il 35% di start up agrifood sostenibili su un totale di 85.
Dal 2017 al 2021 sono stati erogati un totale di 6,4 miliardi di dollari, con una media di 7,3 milioni di dollari per azienda. In Italia il finanziamento complessivo è pari a 16 milioni di dollari, 1,6 milioni di dollari per start up.