In Italia l’inflazione è a 8,4% e le bollette e la spesa aumentano a vista d’occhio. Così dirigersi verso l’acquisto di prodotti più accessibili nel loro prezzo potrebbe anche accadere in modo imminente nella prossima stagione autunno-inverno.

 

L’aumento dei prezzi sui beni di consumo rappresenta la prima preoccupazione per il 53% dei consumatori europei, secondo le nostre ultime analisi. Le vendite del segmento fast fashion tradizionale sono cresciute di oltre il 20% negli ultimi tre anni ma anche i nuovi player online stanno guadagnando terreno. Nei prossimi 18-24 mesi, tuttavia, tutto il comparto moda si troverà di fronte a uno scenario complesso. È probabile che sempre più consumatori decidano di destinare una quota maggiore della propria capacità di spesa per capi versatili e di maggior valore.

Gemma D’Auria, senior partner McKinsey

 

 

Oggi il fast fashion internazionale ha un valore poco inferiore di 100 miliardi di dollari a livello globale ed entro il 2026 dovrebbe raggiungere i 133 miliardi di dollari. Nonostante la guerra in Ucraina e il post-Covid, il 2022 è stato un anno di ripresa. I dati del fast fashion infatti parlano in positivo.

  • H&M vendite di 9,7 miliardi di euro
  • Inditex (Zara, Pull&Bear, Bershka, Stradivarius e altri) 6,7 miliardi di euro
  • Ebitda 1,9 miliardi di euro
  • Mango 1,2 miliardi di euro

L’unico peso che blocca il fast fashion in crescita è la sostenibilità. Tale settore non è di per sé sostenibile. Gemma D’Auria, senior partner McKinsey continua:

 

È in atto un profondo cambiamento, tanto nell’approccio dei consumatori alla sostenibilità quanto nelle esigenze rivolte ai brand. Per questo sarà sempre più importante per i player del settore continuare a proporre business model innovativi, utilizzando informazioni granulari sui propri clienti come fonte di differenziazione. Una grande opportunità è offerta dal riciclo tessile, che secondo le nostre stime di base potrebbe portare a una riduzione delle emissioni di circa 4 milioni di tonnellate. Circa il 70% dei rifiuti tessili potrebbe essere riciclato da fibra a fibra.

 

 

C’è da dire che i grandi marchi del fast fashion hanno iniziato una trasformazione sostenibile con materiali riciclati. Alla fine del 2021 con H&M c’è stato il lancio di uno strumento Circulator. Entro il 2025 forse permetterà la conversione dell’intera produzione in economia circolare. Zara si sta impegnando nell’acquisto del 30% del volume di produzione della fibra Infinna per un futuro investimento di 100 milioni di euro. Poi Mango vuole raggiungere il 100% di capi che contengono almeno il 30% di fibre più sostenibili e/o con processi più green.