Un sessantenne, al Policlinico di Milano, vittima di un arresto cardiaco è stato poi trattato con una terapia a base di Argon. Un gas inerte in grado di fortificare la resistenza dei neuroni in caso di carenza di ossigeno. Dopo una settimana, l’uomo è stato dimesso senza alcun danno.

Le vittime per arresto cardiaco in Italia e nel mondo sono le più diffuse: ogni anno 45mila decessi. Anche in caso di sopravvivenza, lascia comunque strascichi non indifferenti, talvolta. L’arresto cardiaco può costringere il cervello a una carenza di ossigeno per diverso tempo, minacciando anche i neuroni. Gli scienziati potrebbero aver trovato un gas come soluzione. Si tratta dell’Argon, un gas inerte che protegge il cervello dalle conseguenze negative di un attacco cardiaco. Si limitano danni neurologici e si migliora il recupero delle funzioni cognitive.

L’Argon rappresenta l’1% dell’atmosfera terrestre, ed è reperibile in grandi quantità in natura. Testimonianza della sua efficacia è il sessantenne che dopo l’infarto è tornato a casa senza alcun danno. Se si sfrutta l’Argon si può agire direttamente sui mitocondri, dette “centraline energetiche” cellulari umane. Ciò le rende più resistenti alla carenza di ossigeno temporanea. Fin dal 2012 si era scoperto che questo esperimento con l’Argon sugli animali dava una netta diminuzione di mortalità dopo un arresto cardiaco.

Ecco che i ricercatori milanesi hanno continuato su questa strada per lunghi dieci anni. Oggi finalmente con un’applicazione di successo sull’uomo. In futuro gli studiosi allargheranno il loro numero di pazienti e useranno l’Argon su 50 pazienti ben selezionati. Tutto per dimostrare efficacia e sicurezza del trattamento. Se continuasse a dare esiti sempre così grandi e importanti, tale terapia con l’Argon potrebbe rivoluzionare la cura e i risultati dell’arresto cardiaco.