Psicologi, assistenti sociali, life coach che seguono la “psicologia positiva” tendono spesso a dire ai pazienti di essere più ottimisti e cogliere l’attimo di ogni giornata, vivendo il momento. Dicono di evitare rimpianto, rabbia e preoccupazione. Sembra facile a dirsi, ma a farsi non lo è. In fondo, la psicologia umana è fatta per vivere nel passato e nel futuro. Non si può imparare senza le esperienze passate, perché altrimenti non si può pianificare nel futuro.

Il rimpianto dà sofferenza, ma ci può salvare dal ripetere gli stessi errori. Le preoccupazioni future ci
motivano ad andare avanti. Anche la rabbia però può essere uno strumento valido per proteggerci dagli
abusi altrui, facendoci rispettare meglio dagli altri. La ricerca ha dimostrato che i sentimenti di natura
negativa possono essere utili. Il pessimismo difensivo può aiutare chi è più ansioso, rendendo più facile
superare gli ostacoli.

L’indice di felicità delle Nazioni Unite può essere misurato chiedendo alle persone se sono felici o meno.
C’è da dire però che la risposta non è veritiera, perché non misura la felicità in sé, bensì la prontezza di
risposta. Essa si misura nel dire che la vita sia abbastanza spesso complicata e dall’altra nel vantarsi di aver fatto sempre meglio degli altri.

A influenzare il pieno controllo che pensiamo di avere della nostra felicità ci sono molto fattori. Per
esempio lo sono la disoccupazione, la povertà e la disuguaglianza. Si deve anche considerare che lottare
continuamente per la felicità porti a un sintomo di infelicità.

Infine, giunge una domanda essenziale: la felicità è veramente il valore più importante della vita? Può
durare nel tempo? La risposta l’ha data un filosofo di circa cento anni fa. Era l’americano Ralph Waldo:

 

Lo scopo della vita non è essere felici. È essere utili, essere onorevoli, essere compassionevoli, fare in modo che tu abbia vissuto e vissuto bene.