Avvolte dalla cenere, senza internet, in black-out elettrico, con le linee telefoniche interrotte e le comunicazioni affidate a qualche satellitare: a tre giorni dall’eruzione del vulcano sottomarino Hunga Tonga-Hunga Ha’apa e dallo tsnunami, le isole Tonga rimangono tagliate fuori dal mondo. Non è ancora chiara l’entità delle distruzioni e delle vittime mentre non si ha conferma della nuova eruzione del vulcano segnalata dall’australiano Volcanic Ash Advisory Center (Vaac).

Sabato 15 gennaio 2022 alle ore 7.13 del mattino (ora locale) una violenta eruzione sottomarina sconvolge l’arcipelago Tonga di 170 isole del Sud Pacifico, che si trova a metà strada tra la Nuova Zelanda e le Hawaii. Dopo la tremenda eruzione che ha causato il classico tsunami l’indomani, è ora di fare la conta dei danni e di alcune considerazioni scientifiche.

Secondo i servizi geologici locali, i pennacchi di fumo, gas e cenere hanno raggiunto un’altitudine di 20 km nel cielo.

Purtroppo dei dati certi numerici non è ancora possibile valutarli poiché le comunicazioni sono tuttora interrotte. Inoltre una spessa coltre di cenere ricopre il cielo di quella zona di Oceano Pacifico meridionale e rende quasi impossibili i collegamenti aerei.

In ogni caso, lo tsunami ha causato danni significativi, ma fortunatamente nessuna vittima, secondo quanto affermato dalla premier neozelandese Jacinda Ardern. Per il Pacific Tsunami Warning Center è da considerarsi ormai “superata” la minaccia di onde anomale per i Paesi che si affacciano sull’oceano, anche se per alcune ore restano possibili lievi variazioni del livello del mare.

Lo tsunami ha avuto un impatto significativo sulla costa settentrionale di Nuku’alofa”, la capitale delle isole Tonga, “con barche e grandi rocce portati a riva”, ma non sono state segnalate vittime, ha affermato Ardern. “Nuku’alofa è ricoperta da una spessa nuvola di cenere vulcanica, ma per il resto la situazione è calma. L’isola ha bisogno di una fornitura d’acqua, perchè la nuvola di cenere ha contaminato le risorse idriche.

La Nuova Zelanda è pronta a inviare diversi aerei militari da ricognizione per sorvolare l’area non appena la nuvola di cenere vulcanica lo consentirà. L’eruzione del vulcano sottomarino Hunga Tonga-Hunga Ha’apai è stata così potente da essere stata avvertita fino al Cile, e ha innescato uno tsunami che ha inondato le coste del Pacifico, dal Giappone agli Stati Uniti.

Inoltre le onde anomale hanno provocato altre piccole inondazioni anche nelle Hawaii.

Per quanto riguarda le comunicazioni purtroppo ci vorranno almeno due settimane per ripristinare le connessioni internet dopo che un cavo sottomarino è stato tranciato dallo tsunami. Problemi (purtroppo) anche sul fronte dei soccorsi internazionali a causa dei timori del governo che con gli aiuti possa arrivare il Covid, da cui l’arcipelago è stato risparmiato. Il vice capo missione di Tonga in Australia, Curtis Tu’ihalangingie, ha chiesto pazienza mentre il governo di Tonga decide come organizzare gli aiuti.

Non vogliamo portare un’altra ondata – uno tsunami di Covid-19

ha detto all’Agenzia Reuters Curtis Tu’ihalangingie spiegando che qualsiasi aiuto inviato a Tonga dovrebbe essere messo in quarantena e che probabilmente nessun personale straniero sarebbe autorizzato a sbarcare dagli aerei. A chiedere aiuto è stato invece Pita Taufatofua, il lottatore portabandiera di Tonga a tre Olimpiadi che al momento dell’eruzione e dello tsunami si trovava in Australia per allenarsi e ha lanciato via social un appello e una raccolta fondi che dopo poche ore aveva già raggiunto i 40 mila euro.

Per quanto riguarda le vittime ad oggi si ha notizia di poche vittime tra cui una cittadina britannica di cinquant’anni, Angela Glover, che sarebbe stata sommersa dallo tsunami mentre cercava di mettere in salvo i cani randagi di cui si prendeva cura.

Hunga Tonga-Hunga Ha’apai, nelle isole Tonga, era un’isola che non c’era. E che nel giro di poche settimane è cresciuta quasi del doppio e poi, in pochi secondi, è quasi totalmente scomparsa dalla faccia della Terra. Chissà, in futuro, potrebbe tornare ad accrescersi, ricostruita dal vulcano sottomarino che ne governa il destino. Sì perchè Hunga Tonga e Hunga Ha’apai sono state due isole separate fino al 2015, quando un’eruzione vulcanica sottomarina le ha unite. Si pensava che l’erosione avrebbe presto riconsegnato questa nuova terra agli abissi, e invece ha resistito.

A novembre 2021 è tornata addirittura a crescere, raddoppiando quasi la sua estensione. Ma era solo il prologo della distruzione. I rilievi del satellite Sentinel 1B, hanno immortalato l’assenza il 15 gennaio subito dopo l’eruzione. Le isole sono tornate a essere due. Ciò non toglie che, nel giro di pochi giorni, settimane, o mesi, Hunga Tonga Hunga Ha’apai possa risorgere dalle sue ceneri come una moderna fenice.

La gigantesca esplosione del 15 gennaio l’ha quasi polverizzata.

Un evento catastrofico osservato da satellite in quell’angolo remoto del Pacifico, che però si è fatto sentire in tutto il globo per l’onda d’urto e gli sbalzi di pressione. E gli effetti sul clima terrestre, nel prossimo futuro, sono ancora tutti da valutare.

I barometri di tutto il mondo impazziti

Dalla sera del 15 gennaio, gli account Twitter di centri meteo e di scienziati del clima, da qualsiasi parte del mondo, hanno raccontato tutti la stessa, identica, storia, illustrata con un grafico: un picco di pressione, quasi istantaneo, durato pochi minuti. Da Aukland a Malta, addirittura fino all’Italia, alla Germania, al Regno Unito e anche negli Usa. Un’anomalia che ognuno, senza eccezione, ha spiegato con l’arrivo dell’onda d’urto che ha percorso l’intero Pianeta a una velocità tre volte superiore a quella del suono.

C’è stata un’onda d’urto che ha percorso l’intero Pianeta a una velocità tre volte superiore a quella del suono.

Questo fortunatamente non ha avuto particolari conseguenze, a differenza dello tsunami che ha colpito le isole del piccolo stato insulare e ha provocato onde anomale fino in California e in Perù (dove due persone sono affogate proprio all’arrivo di un’onda). Questo però testimonia comunque l’enorme potenza dell’eruzione, osservata dai satelliti in una sequenza a dir poco drammatica. Per quanto riguarda il suono dell’esplosione è stato avvertito anche in Alaska, a quasi 10.000 chilometri di distanza.

Niente “effetto Pinatubo” (attualmente)

L’eruzione di Hunga Tonga-Hunga Ha’apai è tra gli eventi vulcanici più violenti degli ultimi trent’anni. Il 15 giugno 1991 fu il Pinatubo (nelle Filippine) a scaricare tutta la potenza, che ribolliva sotto di sé, nell’atmosfera. Secondo la Nasa, le quindici milioni di tonnellate di SO2 (anidride solforosa), proiettate nella stratosfera dal Pinatubo, e rimescolate dalle correnti, hanno avvolto il Pianeta con un mantello che ha schermato le radiazioni solari facendo scendere la media delle temperature di 0,6 gradi centigradi nei quindici mesi successivi.

È ancora presto per dire se ci sarà questo effetto anche con l’eruzione del vulcano Hunga Tonga-Hunga Ha’apai. Secondo le prime stime, ottenute grazie alle misurazioni del satellite Sentinel 5P, la quantità di anidride solforosa è ancora molto più bassa rispetto a quella prodotta dal Pinatubo. Inoltre in merito a questo parallelismo il climatologo Simon Carn della Michigan Technological University, ha stimato dai dati Copernicus e dal satellite Nasa Aura, meno di mezzo milione di tonnellate di SO2, dati non sufficienti per avere effetti reali sulle temperature terrestri.

Potrebbe essere quindi un aiuto contro il riscaldamento globale?

Tuttavia Hunga Tonga-Hunga Ha’apai potrebbe non aver finito di stupire. Ricordiamo che è un vulcano ancora molto attivo e poco si conosce su ciò che bolle sotto la superficie. Se dovesse avere in serbo altre esplosioni stratosferiche (il materiale espulso fino alla stratosfera permane molto più a lungo poiché non ricade sotto forma di pioggia) la situazione potrebbe cambiare. E come accadde trent’anni fa, alleviare un po’ gli effetti del riscaldamento globale di cui noi ne siamo i responsabili. Potrebbe essere una buona notizia, anche se quando si parla di clima le cose non sono mai così semplici. Non è una nuova notizia quella di disseminare la stratosfera con grandi quantità di diossido di zolfo proprio per ricreare artificialmente gli effetti di una grande eruzione, per raffreddare un po’ la Terra.

Da anni si parla di raffreddare la Terra disseminando la stratosfera con grandi quantità di diossido di zolfo.

Il pianeta però è un sistema complesso, caotico, in cui anche solo una piccola variazione può avere effetti imprevedibili, almeno con i sistemi di calcolo che possediamo ora. E certe regioni potrebbero soffrire più di alte dall’alterazione del clima. Quindi vale la pena aggiungere che nonostante gli effetti del Pinatubo, il global warming non ha rallentato ed è un problema che difficilmente sarà risolto da un’eruzione vulcanica.

Torneremo a seguire gli aggiornamenti di questo evento così straordinario e catastrofico nello stesso momento.

 

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