Una imprenditrice australiana si è trovata improvvisamente tagliata fuori dal suo account Instagram. Il motivo? Il suo nickname: ‘@Metaverse‘. Troppo assonante con ‘Meta‘, il nuovo nome scelto dalla parent company di Facebook. Thea-Mai Baumann, nome vero della donna, aveva creato l’account molti anni prima di Facebook – e dello scoppio della mania per il Web 3.0.
Thea-Mai Baumann usava il profilo Instagram – che all’epoca del ban aveva poco più di 1.000 follower – per condividere alcuni suoi progetti legati al campo della realtà aumentata e degli ologrammi.
L’incidente risale ad inizio del mese scorso, ma la notizia ha fatto il giro del mondo solamente pochi giorni fa, dopo che se ne è interessato il New York Times. Thea-Mai Baumann, come spesso succede in questi casi, ha ricevuto da Instagram una giustificazione estremamente vaga e laconica sulle ragioni del suo ban: “Sembra che tu sia cercando di impersonare un’altra persona”. Non ci è voluto molto per fare 2 + 2. Instagram non la stava realmente accusando di voler impersonare un’altra persona, ma la stava accusando di aver rubato il nome della sua parent company.
Peccato che Thea-Mai Baumann avesse scelto il nickname nel 2012, nove anni prima del rebranding di Facebook in Meta. Quindi semmai è l’azienda fondata da Zuckerberg ad averle scippato il nome. Una prepotenza bella e buona.
Non è nemmeno il primo incidente di questo tipo. Subito dopo il rebranding, Facebook aveva fatto chiudere un’altra startup – sempre rea di aver scelto il nome ‘Meta’ – che si occupava di sviluppare software per il mondo accademico. In quell’occasione aveva tutto il diritto di farlo, dato che l’azienda in questione era di proprietà della fondazione di Zuckerberg.
Meta è tutto fuorché un nome particolarmente originale o unico. E, infatti, è successo anche l’inverso: ossia che altre aziende omonime abbiano fatto causa a Facebook per la scelta del nuovo brand. È il caso di Meta PC, che a novembre ha chiesto 20 milioni di danni a Facebook, accusando il colosso di averle rubato il marchio.
Nel frattempo l’imprenditrice australiana è riuscita a riottenere il controllo del suo account e non c’è praticamente alcun dubbio che il social network abbia fatto marcia indietro esclusivamente per via dell’articolo del New York Times.
Prima del ban Thea-Mai Baumann aveva ricevuto diverse proposte d’acquisto per il suo account da parte di aziende e persone che volevano mettere le mani sul tag @metaverse, ormai diventato preziosissimo. Ma l’imprenditrice non sembra interessata a venderlo. Nel frattempo l’account in questione ha raddoppiato i suoi follower.