In occasione del ventennale del primo film di Harry Potter, La pietra filosofale, Variety ha colto l’opportunità di intervistare Chris Columbus, uno dei più importanti registi di cinema per ragazzi nonché regista dei primi due film sul maghetto di J.K. Rowling.

Columbus, nella sua carriera, ha inanellato una grande serie di successi e scavato molti solchi, percorsi in seguito da altri filmmaker: tra le altre cose è stato lo sceneggiatore di Gremlins e dei Goonies e ha diretto i primi due Mamma, ho perso l’aereo. Il suo apporto più grande al cinema fantastico per giovanissimi, tuttavia, è stato senza dubbio il riuscire a dare un’identità “reale” ben precisa ai personaggi del mondo magico di J.K. Rowling, fino a quel momento interpretati solo tramite le illustrazioni su copertine e carte da collezionare.

Il regista ricorda con affetto il set di Harry Potter e la pietra filosofale ed Harry Potter e la camera dei segreti, ma ricorda anche quanto fosse “spaventato” dal compito gravoso che si era preso sulle spalle. Harry Potter non era ancora il fenomeno globale divenuto di lì a un paio d’anni (fenomeno che ha ampiamente contribuito a creare) ma era comunque già notissimo e incredibilmente popolare nel Regno Unito, e Columbus afferma che era ben conscio che poteva mandare tutto all’aria nel giro delle prime due settimane, e che se qualcosa fosse andato storto, avrebbe mandato a monte la sua carriera, con milioni di fan inferociti alla sua porta.

Scopriamo dalle sue parole che J.K. Rowling aveva già all’epoca potere di veto su molte cose e che lei stessa incontrò i papabili registi, e che con sua grande sorpresa scoprì che avevano la stessa visione di come doveva essere reso in pellicola il mondo magico, e soprattutto avevano anche la stessa visione sulle cose su cui non transigere: l’idea iniziale della produzione di accorpare i primi due libri, o il fatto che il cast dovesse essere assolutamente tutto britannico.

Ricorda anche che dirigere i ragazzi, nel primo film, è stato difficile perché ancora troppo piccoli e con poca o nulla esperienza, dunque era facile che si distraessero o sorridessero a sproposito, e dunque era costretto a girare inquadrature molto brevi. Ad ogni modo, impararono anche in fretta, con un cambio repentino tra il primo e il secondo film, mentre nel terzo (di cui Columbus fu solo produttore) oramai i tre protagonisti erano già dei professionisti.

Tra le varie curiosità uscite dall’intervista, scopriamo che ha visto il film per intero una sola volta, all’anteprima: da allora, non gli è mai capitato di rivederlo dall’inizio alla fine, ma molto spesso gli capita di trovarlo per caso in tv facendo zapping durante le feste, e quindi di soffermarsi a vederne qualche scena.

Altro elemento interessante riguardo al rapporto con J.K. Rowling è che l’autrice non gli ha mai rivelato degli spoiler su come sarebbe proseguita la saga, o sul vero ruolo dei personaggi chiave, come Silente e Piton: per assurdo, Alan Rickman, che era “solo” un attore (ma a cui Rowling aveva rivelato i segreti del personaggio per potergli dare le giuste sfumature), era in possesso di informazioni che il regista ignorava!

Infine, una dichiarazione d’intenti: viene chiesto a Columbus se, secondo lui, oltre ai prequel di Animali Fantastici, vedremo altri film sulla saga. La risposta non si fa attendere, proponendosi egli stesso:

Amerei dirigere La maledizione dell’erede. È un’opera teatrale magnifica e i ragazzi [Daniel Radcliffe, Rupert Grint ed Emma Watson, ndr] ora hanno l’età giusta per i rispettivi ruoli. È una piccola fantasia tutta mia.

Sarebbe sicuramente molto bello tornare a vedere Columbus dirigerli, anche se è molto probabile resterà una fantasia: anche perché più e più volte è stato ribadito che La maledizione dell’erede resterà sempre e solo un’opera teatrale. Tuttavia… mai dire mai.

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