Promises, la recensione: storie di rimpianti e del cosa sarebbe successo se…

Promises la recensione

Apriamo questa recensione di Promises sottolineando come la regista Amanda Sthers sia un caso particolare di autrice di un romanzo, che ha voluto essa stessa portare quell’opera dalla carta allo schermo: ed il risultato di Promises è un lungometraggio che cita molto i libri e la letteratura, però mette in evidenza un gusto cinematografico sottile, e poetico.

Quando la vita non fa amare

Promises la recensione

Promises è la storia di Alexander, un uomo inglese di origini italiane, che vive una vita coniugale apparentemente tranquilla, fino all’incontro con Laura, una gallerista d’arte in procinto di sposarsi. Scatta da subito il colpo di fulmine tra i due, per un amore impossibile che cercherà di rincorrersi senza mai dare l’impressione di potersi concretizzare.

Perché un amore mai veramente vissuto è un amore che dura per sempre.

Questa è una delle frasi che ricorre spesso durante Promises, e che porta a riflettere, non solo i protagonisti, ma anche gli spettatori stessi. Sembra un po’ di vedere la versione da vita vera di Mr. Nobody (il film cult fantascientifico con Jared Leto protagonista), in cui le varianti che producono una vita alternativa non esistono, e ciò che si decide non può mutare. E da qui nascono tutti i rimpianti provocati dallo scorrere degli anni.

Pierfrancesco Favino interpreta un Alexander a tratti dolce, riflessivo, vissuto in tutto e per tutto, una persona che porta con sé un passato doloroso, ma che riesce a portarsi avanti nel presente senza mostrare in maniera evidente certe cicatrici. Ed il conto delle sue scelte si presenterà solo verso la fine del cammino.

Kelly Reilly interpreta una Laura dal volto sognante, ma allo stesso tempo un po’ disincantata dalla vita, capace alla fine di badare al concreto, e di portarsi dentro, in maniera tacita, i rimpianti di ciò che si potrebbe definire in maniera spicciola come un “vorrei ma non posso”. L’accoppiata con Favino però funziona bene, la sinergia tra i due protagonisti trasmette empatia ed emozioni vere.

In questa recensione di Promises è anche opportuno sottolineare come gli anni che scorrono ci permettono di avere una panoramica precisa del contesto storico e culturale che stanno vivendo i personaggi: dagli anni Sessanta con Alexander che assiste alle partite di Pelé, agli anni Ottanta dei Joy Division, fino ad arrivare alle partite dell’Arsenal degli anni Novanta e Duemila.

Una storia a spirale

Promises la recensione

La scansione del tempo è molto importante in Promises, perché, proprio come nel già citato Mr. Nobody, si crea una sorta di andare avanti e indietro nel tempo, tra flashforward e flashback, per un movimento della narrazione “a spirale“, una parola ed un elemento che vengono spesso citati nel lungometraggio, e che acquisiscono un senso a mano a mano che scorre la narrazione. La spirale, e la sua forma circolare che tende a stringersi sempre di più verso il centro, si compie in maniera precisa e chiara portando verso un finale, che è l’unico momento d’irrealtà, di sogno, in un film che vuole essere concreto, facendo sentire il conto ed il dolore delle decisioni prese o non prese nella vita.

Ed alla fine, considerando che Promises è un film tratto da un libro, ci sono i libri e la letteratura, elementi che sono parte della vita di Alexander, che è un commerciante di libri capace di legare dei momenti significativi della propria esistenza con dei pezzi di letteratura. E lo scrittore maggiormente citato è Italo Calvino, con le sue opere in grado di ribaltare i meccanismi narrativi usuali (proprio come cerca di fare Promises).

Sono diversi i messaggi ed i sottotesti di questo lungometraggio, che grazie alla regia raffinata e poetica di Amanda Sthers, si concretizzano in immagini ed inquadrature difficili da dimenticare facilmente. In Promises troviamo giochi d’inquadrature con i riflessi sui vetri, finestre che fanno da palchi verso la strada, per un qualcosa che sarebbe potuto essere ma non sarà. E poi ci sono i primi piani sui libri, quei simboli sottili del destino dei personaggi protagonisti, che seguono un percorso un po’ amaro, e che col passare del tempo presenterà i conti con ciò che si è fatto, e con ciò che non si è fatto.

Promises è un film sottile, raffinato, ma allo stesso tempo crudo, non dà opportunità di lasciarsi andare al romanticismo, quello favoleggiante, quello da “film”. Perché Promises è un’opera crudele nei confronti dei suoi stessi protagonisti, è un percorso a spirale, ma che va dritto e spedito quando si tratta di mostrare dei momenti decisivi della vita. Non c’è possibilità di tornare indietro, e, forse, non ci sarà mai.

Uscendo dalla proiezione di Promises lo spettatore fa i conti con sé stesso, e con ciò che ha vissuto nella propria vita, provando a porsi questa domanda:

“Ho dei rimpianti? Potrei avere dei rimpianti?”

Si tratta della stessa domanda che si è posto lo stesso Pierfrancesco Favino, così come ha rivelato l’interprete durante la conferenza stampa di presentazione del lungometraggio. Certe situazioni della vita sembrano non lasciare spazio a dei passi indietro, o forse sono alcuni tipi di persone e di personalità che non si permettono di tornare indietro sui propri passi.

Concludiamo questa recensione di Promises consigliando la visione di questo lungometraggio, presentato nella selezione ufficiale della Festa del Cinema di Roma 2021, sottolineando come si tratti di un film che racconta la storia di Alexander e Laura, ma che alla fine racconta un po’ la storia di tutti noi, e di ciò che abbiamo scelto di fare o meno nella vita, e di ciò che la vita restituisce. Perché a volte non si torna indietro, o non si riesce proprio a farlo.

Promises arriverà nelle sale cinematografiche il 18 novembre

70
Promises
Recensione di Davide Mirabello

Promises è un film che racconta i dolori e le ripercussioni di un amore incompiuto, ed entra nel profondo di scelte di vita che si ripercuoteranno nel tempo. Una storia poetica ma allo stesso tempo cruda.

ME GUSTA
  • Un film poetico ma allo stesso tempo crudo nel mostrare i dolori ed i sentimenti mai concretizzati dei protagonisti.
  • La sinergia tra i due interpreti principali funziona benissimo e trasmette empatia.
  • Il montaggio a spirale del film offre uno sguardo intrigante alla storia.
FAIL
  • Il personaggio di Alexander è ben delineato, ma in alcuni aspetti sembra essere incompiuto e poco chiaro.
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