Le lobby contro il porno hanno un nuovo bersaglio: Twitter

Un influente organizzazione contro la pornografia, il National Center on Sexual Exploitation, ha presentato una causa civile contro Twitter, accusando il social di ospitare pornografia minorile e non consensuale. Fino a pochi anni fa il NCOSE era noto con un altro nome: Morality in Media.

A dicembre dell’anno scorso Pornhub è stato costretto a dimezzare il suo catalogo di video e introdurre tempestivamente nuove regole dopo che il New York Times aveva pubblicato un articolo contro il sito, denunciando la presenza di video che ritraggono minori e violenze. Mind Geek, la parent company di Pornhub, nel frattempo ha perso il supporto di Visa e Mastercard.

Sebbene in parte giustificato, l’attacco a Pornhub non è stato completamente spontaneo né disinteressato. Dietro all’articolo del New York Times si nascondevano alcune lobby contro il porno estremamente influenti. Sono il National Center on Sexual Exploitation ed Exodus Cry. Entrambe le organizzazioni sono promosse dal mondo del fondamentalismo cristiano evangelico americano, eppure presentandosi come delle onlus impegnate a combattere gli abusi e il traffico di esseri umani, negli ultimi anni hanno imparato a raggiungere ed influenzare anche i politici e i media di sinistra.

Oggi questo gruppo di crociati anti-porno ha un nuovo bersaglio: Twitter. Il National Center on Sexual Exploitation ha presentato una causa civile contro il social network, rappresentando due persone che sostengono di essere stati danneggiati da Twitter, che avrebbe ospitato materiale pedopornografico “traendone profitto”.

Ad agosto un tribunale americano ha ritenuto la causa sufficientemente meritoria da venire trattata in tribunale. Alcune parti della querela sono state rigettate, perché in conflitto con la protezione fornita dalla Section 230 del Communication Decency Act ai social network, una sorta di immunità data alle piattaforme tech per la maggior parte dei contenuti pubblicati dai loro utenti.

Il NCOSE sostiene che entrambe le persone da lei rappresentate sono state convinte – all’età di appena 13 anni – ad inviare delle immagini private ad una persona non identificata usando il social Snapchat. I video e le foto così ottenute sarebbero poi state diffuse su alcuni forum gestiti da pedofili e sarebbero poi circolate anche su Twitter. I post con i video in questione sarebbero rimasti online per nove giorni, accumulando centinaia di migliaia di visualizzazioni e oltre 2.000 condivisioni.

Anche in questo caso, il NCOSE intende usare un caso di presunta reale violenza come una clava per marginalizzare completamente la pornografia. Oggi Twitter è l’unico social network mainstream a permettere la pubblicazione di immagini esplicite – cosa proibita da praticamente ogni concorrente di rilievo. Twitter viene usato dalla community di sex worker, che utilizza la piattaforma per promuovere il proprio lavoro. “Su Twitter è virtualmente impossibile, per un utente normale, evitare di entrare in contatto con il materiale esplicito”, si legge nel comunicato diffuso dal NCOSE. E ancora: “il materiale diffuso su Twitter normalizza le fantasie sull’incesto e i rapporti tra adulti e adolescenti”.

Recentemente il clima creato dal NCOSE e da Exodus Cry ha verosimilmente contribuito alla repentina – e inaspettata – scelta di Onlyfans di uscire dall’industria del porno. Dopo le proteste degli utenti, Onlyfans ha poi deciso di tornare sui suoi passi e annullare il cambio di policy.

 

 

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