Prima è stato il turno degli animalisti e delle proteste per salvare la fauna locale – una colonia di formiche -, poi la burocrazia e i ritardi nei permessi e, infine, per gradire, anche la protesta dei fanatici ambientalisti incendiari. Per Tesla la Gigafactory di Berlino si sta rivelando un incubo senza fine.
I media lo avevano anticipato: Tesla non sarebbe mai riuscita a rispettare gli obiettivi che si era data, e infatti l’inaugurazione dei primi stabilimenti europei è rimandata di minimo 6 mesi rispetto ai piani originali. Simili pronostici erano stati fatti anche per la Gigafactory di Shanghai – ricorda Inisideevs – ma si erano dimostrati eccessivamente pessimisti. Tesla, a compiere il miracolo, c’era riuscita eccome.
Così il paradosso: la Gigafactory del Texas ha dimensioni monumentali e i lavori sono iniziati molto dopo, eppure probabilmente sarà ultimata prima di quella europea.
La conferma di questo scenario ci arriva dalla notizia che le prime Model Y consegnate in Europa saranno prodotte in Cina, e non a Berlino come inizialmente promesso. Insomma, la casa automobilistica di Elon Musk si prepara al peggio.
Da Jorg Steinbach, Ministro dell’economia della Germania, arriva l’ultima mazzata: l’autorizzazione finale per la Gigafactory di Berlino arriverà entro la fine dell’ultimo trimestre del 2021. L’annuncio è stato dato con toni trionfali, ma di fatto significa che la produzione delle Model Y europee non inizierà prima del 2022, contro i più pessimistici pronostici della casa automobilistica.
La Cina e il Texas hanno aperto ogni porta a Tesla, facendo sì che i lavori procedessero in tempi celeri. In Europa si è preferito dare la precedenza ad altro. L’azienda farà bene ad abituarsi perché se vorrà investire in Europa questa è la regola, non l’eccezione. E sì che stiamo parlando della Germania, la prima della classe dell’Unione Europea. Chissà come sarebbe andata altrove.