Nuovi problemi per la Gigafactory di Berlino, gli stabilimenti europei che porteranno la produzione di auto Tesla in Europa. Un nuovo report rivela il braccio di ferro tra l’azienda e la burocrazia, con l’inaugurazione che potrebbe – come minimo – slittare di altri 6 mesi.

Che aprire una fabbrica in Texas o in Europa fosse un pochino diverso, Tesla lo deve aver capito già durante i primi mesi dall’apertura dei cantieri, quando aveva dovuto interrompere i lavori per far fronte alle rimostranze di alcuni attivisti ambientalisti, che lamentavano rischi all’incolumità di una colonia di formiche “a rischio estinzione”. Se il paragone si fa, poi, con Shanghai – dove i lavori sono stati conclusi in tempi inumani – la cosa diventa ancora più kafkiana.

Le prime spie d’allarme, i primi segnali che qualcosa non andava, sono arrivati ad inizio aprile, quando Tesla aveva presentato un documento presso un tribunale tedesco lamentando gli ostacoli di natura legale e burocratica. L’azienda sosteneva di aver «imparato per esperienza diretta che gli ostacoli nei processi di approvazione della Germania stanno rallentando la necessaria trasformazione industriale», come si legge nel documento e così come riportava tre settimane fa Il Sole 24 Ore. E ancora: «Questo scoraggia gli investimenti necessari in progetti e infrastrutture di energia pulita e rende praticamente impossibile per la Germania raggiungere i suoi obiettivi sul clima».

Stando al magazine locale Automobilwoche, l’inaugurazione della Gigafactory di Berlino non avverrà prima della fine di gennaio del 2021. Elon Musk avrebbe autorizzato un posticipo di sei mesi rispetto al progetto originale, che prevedeva di avviare la produzione già entro il 1 luglio. A pesare non c’è solo la burocrazia tedesca, ma anche l’intenzione di ampliare il progetto dedicando ampi spazi alla produzione di batterie.

Inutile dire che, a fronte del nuovo posticipo, l’obiettivo di rendere la Tesla Model Y l’auto più venduta al mondo si fa ancora più lontano e inverosimile.