Vogliamo aprire la recensione di La Guerra di Domani – The Tomorrow War con una considerazione: Chris Pratt -almeno nelle intenzioni- vorrebbe essere suo suocero, Arnold Schwarzenegger. La sua trasformazione attoriale, nel corso dell’ultimo decennio, è stata progressiva, passando da ruoli di supporto spesso buffi all’eroe guascone di Guardiani della Galassia e Jurassic World, e in molti lo vedevano come il novello Harrison Ford, fino a qualche anno fa. Nel nuovo film che lo vede protagonista il nostro sembra invece lanciarsi in una sorta di “machismo col cuore” più affine ad altri registri, in particolare proprio quelli dell’ex Governatore della California, visto il ruolo e il soggetto stesso della pellicola: un action movie in cui non conta la coerenza interna… quel che deve importare allo spettatore sono le esplosioni e i buoni sentimenti, come nei classici del genere degli anni ’80/’90, molti dei quali vedono proprio Schwarzy protagonista. Purtroppo, però, siamo più dalle parti del film fracassone da cassetta che di Terminator 2.
Il giorno in cui cambiò tutto
Dicembre 2022: si avvicina il Natale e il professor Dan Forester (Chris Pratt) sogna un lavoro che possa valorizzarlo all’interno di un laboratorio di ricerca, dopo quindici anni da insegnante di liceo e un passato -ormai lontanissimo- da Berretto Verde. Dopo l’ennesima porta in faccia, l’unica consolazione è la famiglia che si è costruita. Di lì a poco, durante la finale dei Mondiali di calcio, una inaspettata invasione di campo sconvolge la storia dell’umanità: un drappello di soldati scelti appare dal nulla portando un disperato messaggio dal futuro. Servono nuove leve per combattere una folle guerra per la sopravvivenza che avrà luogo tra trent’anni. Forester, naturalmente, è destinato a far parte di questi soldati.
“Perché sì”
Mettiamo subito in chiaro una cosa: se la prima cosa che cercate in un film è la verosimiglianza e siete allergici ai buchi di trama, ai salti logici e ai momenti “facciamo così perché sì” state alla larga da La Guerra di Domani.
Come praticamente tutti (o quasi) i film sui viaggi nel tempo la sceneggiatura è piena di paradossi, e più va avanti più i dubbi sulla sensatezza di quel che state vedendo si fanno strada, uccidendo la sospensione dell’incredulità dello spettatore.
È un vero e proprio crescendo, in realtà: il film continua a lanciare in buona fede elementi di lore e spiegoni allo spettatore, ma l’unico risultato è confonderlo ancora di più con clamorose arrampicate sugli specchi o spiegazioni invero puerili, arrivando a un livello in cui o state al gioco per vedere fin dove ci si vuole spingere o il gioco lo abbandonate senza pietà.
Un enorme playset
E “gioco” non è un termine utilizzato a caso: spesso si sente dire “sembra un videogioco” (purtroppo in senso dispregiativo) quando un film replica -male- la sequenzialità e la spettacolarità di un videogioco d’azione, con una impalcatura narrativa a volte traballante. In effetti è quello che succede in questo caso: i personaggi si muovono in situazioni sempre nuove e sempre con meno coerenza, utilizzandoli alla bisogna ma calandoli in contesti dal forte impatto emotivo e adrenalinico.
La Guerra di Domani è un film in stile anni ’90 che come videogioco avrebbe potuto brillare a livello di coinvolgimento ma si limita, invece, a svolgere il suo compitino di film da cassetta e che poteva, sicuramente, brillare di più con una maggiore attenzione alla coerenza interna.
Già, perché il film comunque non è una catastrofe, ha i suoi momenti se apprezzate il genere degli action reaganiani 2.0. Chris McKay, già regista del divertente The Lego Batman Movie, si vede che non è ancora uscito dall’ottica del secchione pieno di mattoncini e pupazzetti, presi da tanti playset diversi: Alien, Predator, Terminator, World War Z… gioca a essere un po’ Michael Bay, un po’ Roland Emmerich e un po’ Paul W.S. Anderson, inframezzando grandi scene d’azione con momenti familiari e intimisti, senza tuttavia la visione d’insieme che comunque caratterizza il lavoro dei tre sopracitati cineasti. Tutto sommato un peccato, dato che i ben 138 minuti di durata della pellicola, ad ogni modo, scorrono: alle prime avvisaglie di trama raffazzonata temiamo sarà qualcosa di interminabile e invece il tutto si fa guardare, complice un buon lavoro di montaggio e degli effetti che, per quanto non raffinati e palesemente frutto di pesante post-produzione, rendono bene quanto vogliono rappresentare. Per assurdo, funzionano meglio le scene in campo aperto, apertissimo, per le quali si nota una certa ricerca di grandiosità, non sempre raggiunta ma comunque inseguita. Le scene d’azione al chiuso, per contro, sono certamente meno riuscite, non riuscendo a trasmettere la giusta adrenalina o claustrofobia.
Venendo al comparto attoriale, il migliore del mucchio è J. K. Simmons a mani basse, che azzecca completamente il personaggio in tutte le sue sfumature. Tutto il resto è contorno funzionale, e ci sentiamo di inserire nel mucchio dei “funzionali” anche lo stesso Pratt, che non appare mai particolarmente convinto né convincente nonostante il ruolo gli calzi a pennello. Il fun fact, in realtà, ricollegandoci anche alla sua pseudo-evoluzione di cui parlavamo a inizio recensione, è che fino a dieci anni fa gli avrebbero dato il ruolo di Charlie, il secchione spalla comica, più che quello del protagonista coraggioso.
Abbiamo di fronte a noi un disastro, dunque? Dipende. In sostanza, La Guerra di Domani - The Tomorrow War è un mischione poco ispirato di tematiche sci-fi viste e riviste a base di viaggi nel tempo e paradossi temporali, gestiti nel peggiore dei modi possibili: lo sceneggiatore Zach Dean è decisamente rimandato a settembre.
Se, però, non è la coerenza strutturale o l'originalità il fine della vostra ricerca, quanto un action vecchio stampo in cui la soluzione finale tipo è prendere a cazzotti gli alieni, avete trovato pane per i vostri denti, soprattutto se avete un debole per le numerose morali più o meno sottese nella trama: dal valore assoluto della famiglia a quello delle scelte che ci rendono importanti per quel che siamo e non per quel che vorremmo essere, passando per una metafora ecologista che ci ricorda costantemente che il futuro dei nostri figli dipende dai sacrifici che siamo disposti a compiere nel nostro presente.
E, se avete la costanza di arrivare fino alla fine del film, verrete premiati con un combattimento finale così over the top che fa il giro e vale tutto il film.
- Le scene d'azione in campo lungo fanno il loro dovere
- J. K. Simmons è granitico
- Qualche buona idea qui e lì c'è
- La trama è piena di buchi logici
- Colonna sonora non pervenuta
- Chris Pratt è abbastanza amorfo nella sua prova