In cinque nazioni dell’Europa – Italia, Francia, Austria, Grecia e Regno Unito – i garanti della privacy e gli attivisti del settore si stanno scagliando contro Clearview AI, controversa azienda statunitense specializzata in sistemi di riconoscimento facciale, la quale avrebbe la tendenza di costruire i propri database facendo scraping di social media e file online, cosa che sul suolo europeo è decisamente illegale.

Gli algoritmi prodotti dalla ditta di sorveglianza sono saliti in passato agli onori della cronaca per il fatto che spesso e volentieri le forze dell’ordine a stelle e strisce abbiano deciso di appoggiarvisi in maniera scriteriata e acritica, causando disagi e danni che hanno sollevato moltissime perplessità.

In Europa, Clearview si è trovata immediatamente a dover fronteggiare un clima decisamente meno accomodante, basti pensare che quest’anno la città di Amburgo abbia ritenuto illegale il suo modo di raccogliere e conservare i dati biometrici dei cittadini.

I nuovi reclami poggiano proprio su questi timori, ovvero sul fatto che la ditta stia raccogliendo – o perlomeno avrebbe intenzione di raccogliere – innumerevoli foto all’interno dei confini dell’Unione Europea, cosa che va in aperto contrasto con le norme GDPR e alle leggi equivalenti del Regno Unito.

A portare avanti la resistenza contro il riconoscimento facciale massivo è la Hermes Centre for Transparency and Digital Human Rights, associazione no-profit sempre attenta al come questa ambigua tecnologia venga applicata nella vita di ogni giorno.

Mesi fa, Clearview aveva accennato al fatto che i suoi servizi fossero stati messi al vaglio di un uso interno alle forze di polizia europee, ma aveva anche negato che esistessero contratti veri e propri. Una prospettiva che potrebbe essere cambiata, viste le ambizioni di crescita dell’azienda.

 

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