La Corea del Sud vuole spendere nell’arco di nove anni ben 450 miliardi di dollari per la creazione di nuove fabbriche di chip, nella speranza di diventare il Paese più potente nella produzione di semiconduttori. Le microcomponenti informatiche, in altre parole, stanno diventando rapidamente un mercato conteso tra le potenze di tutto il mondo.

L’attuale e interminabile crisi dei semiconduttori ha infatti sollevato l’attenzione globale sulla dipendenza che le aziende tech hanno sviluppato nei confronti di ditte altamente nuclearizzate e che in buona parte sono collocate in quel di Taiwan e negli Stati Uniti.

Non solo, si è preso coscienza che la domanda supera in molti casi l’offerta e che la corsa alla digitalizzazione non farà che enfatizzare una disparità di mercato che già ora è cataclismatica. In risposta a questo momento industrialmente drammatico, tanto gli USA, quanto l’Europa hanno detto di voler finanziare nuove strutture dedicate, anche loro con l’intenzione di dominare il campo.

Gli audaci finanziamenti della Corea del Sud finiranno perlopiù a sostenere i chip di Samsung e SK Hynix, tuttavia saranno almeno 153 a ricavare qualcosa direttamente dal fondo messo a disposizione del Governo, un numero ancor maggiore potrà invece approfittare delle agevolazioni fiscali previste per gli investimenti effettuati su ricerca e sviluppo.

Oltre alla questione economica e autarchica, la produzione interna di semiconduttori viene ormai considerata come un affare di Stato, poiché le narrative di varie nazioni suggeriscono senza troppi eufemismi che la creazione di componentistiche in fabbriche straniere possa tradursi in spionaggio internazionale.

 

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