I vari social hanno impiegato un po’ a capire come gestire le legittime, ma illiberali, richieste di censura imposte dall‘establishment dell’India, ma sembra che finalmente abbiano trovato una quadra amministrativa. Almeno così sembra dal come hanno gestito l’ultimissima crisi, quella in cui il governo ha voluto silenziare chi si sta lamentando di come il Paese stia gestendo la pandemia.

Per avere una prospettiva della situazione bisogna ricordarsi che, ora come ora, la popolosa nazione risulti essere seconda nella classifica dei Paesi che hanno subito il maggior numero di infezioni, prima di lei ci sono solamente gli Stati Uniti.

Se gli USA si stanno lentamente riprendendo grazie a una poderosa campagna vaccinale, tuttavia, l’India sembra incastrata in una spirale discendente, ben lungi dal potersi prospettare un miglioramento nel prossimo futuro. Non sorprende, dunque, che qualcuno possa voler sollevare la voce per lamentare un ovvio malessere.

L’Amministrazione Modi non è però disposta a tollerare critiche e ha chiesto ai vari social di rimuovere più di 100 post che, a dire del Governo, presi fuori dal contesto potrebbero potenzialmente scatenare il panico e interferire con la reazione alla pandemia.

Tutto sommato, la censura di un centinaio di contenuti è anche relativamente “sobria”, se si considera la mole degli utenti internettiani dell’India, tuttavia a essere interessante è piuttosto l’inattesa reazione delle aziende tech, le quali sono ormai da mesi messi sotto pressione per il modo in cui gestiscono i rapporti con i governi dal chiaro sotto testo dittatoriale.

Twitter ha infatti illustrato alla testata Gizmondo come l’azienda abbia deciso di gestire questi casi sensibili: se i post incriminati violano le policy del portale, questi vengono effettivamente rimossi, altrimenti vengono semplicemente oscurati della regione che gli ha ordinato di farli scomparire. Un compromesso che dovrebbe risolvere ogni ambiguità, ma che ne solleva molte altre.

 

Potrebbe anche interessarti: