Finora, il Comitato per il Controllo di Facebook, organo indipendente al social, si era limitato a vagliare se i ban imposti dalla piattaforma fossero tecnicamente validi, tuttavia ora il consiglio si apre anche alla valutazione delle situazioni inverse, ovvero concede agli utenti di chiedere che alcuni contenuti vengano rimossi, a prescindere dall’opinione manifestata dalla Big Tech.
Le policy di Facebook sono un colabrodo, con l’azienda che in passato le ha applicate a singhiozzo e in maniera incoerente, seguendo strategie che sembravano più dettate dalla difesa dei propri interessi economici che dalla rigidità dei controlli.
Questo atteggiamento è stato segnalato con un certo allarme anche dal Comitato che supervisiona il social, il quale ha ritenuto opportuno ampliare la sua gamma d’analisi affrontando l’insidia della mancata censura.
Un esempio concreto: recentemente ha fatto clamore la scelta di Facebook di concedere spazi pubblicitari che andassero a difendere gli atteggiamenti della Cina nello Xinjiang, atteggiamenti che molte nazioni del mondo hanno denunciato come inumani e grotteschi.
In questo caso, il portale non ha voluto prestare orecchio alle reazioni negative, preferendo piuttosto temporeggiare almeno fintanto che la situazione non sarà ben definita dalle Nazioni Unite. Fino ad allora, tecnicamente, queste inserzioni non violano alcuna policy e il sito è ben lieto di poterle ospitare. In casi come questo, gli utenti potranno pertanto scomodare il Comitato per il Controllo, segnalando la situazione perché questa venga attentamente vagliata dall’organo sorvegliante.
Resta tuttavia un dubbio: il Comitato sarà in grado di gestire la mole di lavoro? Fino ad oggi, il Comitato ha dovuto affrontare diverse situazione spinose, situazioni che, pur prese singolarmente, possono portare via diversi mesi. Ampliando la mole di lavoro c’è da chiedersi se la situazione sarà gestibile, o se l’intero processo si ingolferà al punto di risultare irrilevante.
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