Sakhrat Khizroev, professore di elettronica e ingegneria informatica presso la University’s College of Engineering, vorrebbe creare delle nanomacchine tanto piccole da riuscire a scansionare il cervello umano senza la necessità di imporre ai volontari un intervento invasivo.
Le unità ultrafini, dette nanoparticelle magnetoelettriche (MENP), dovrebbero essere infatti in grado di comunicare con il l’organo senza adoperare impianti, cavi o elettrodi. Le nanomacchine, più di duemila volte più sottili di un capello, seguirebbero il flusso sanguigno a milioni, giungendo al cervello senza causare disturbi all’organismo.
I nostri cervelli sono perlopiù dei motori elettrici e quello che è stupefacente degli MENP è che non solo sono in grado di comprendere il linguaggio dei campi elettrici, ma anche quello dei campi magnetici. Una volta che i MENP sono posizionati all’interno del cervello, affianco ai neuroni, possiamo stimolarli con un campo magnetico esterno e loro, in ritorno, genereranno dei campi elettrici con cui possiamo comunicare senza aver bisogno di fili,
ha riportato il professore.
Sia per scopo che per destinazione, i MENP seguendo l’esempio del NeuraLink supportato dal magnante miliardario Elon Musk. Al posto di usare fili sottilissimi, Khizroev adopererebbe delle nanoparticelle artificiali, ma sempre con l’intento di studiare il cervello umano e, un giorno, di guarire le malattie neurodegenerative.
Ovviamente un simile progetto non poteva che catturare l’attenzione della Defense Advanced Research Projects Agency (DARPA), il ramo di ricerca e sviluppo del Pentagono. I risultati dell’università sono stati immediatamente presi sotto l’ala del Governo e sono stati replicati nel cosiddetto “progetto BrainSTORMS”, un piano di ricerca che vorrebbe permettere ai militari di comunicare con la strumentazione bellica direttamente attraverso le onde cerebrali. BrainSTORMS dovrebbe essere pronto all’uso entro il 2024.
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