I dipendenti di Uber del Regno Unito stanno nuovamente sfidando l’azienda, questa volta su un frangente che potrebbe in effetti vederli pure vittoriosi: la lotta contro l’implementazione coatta della tecnologia di facial recognition. Sistema di sicurezza introdotto per assicurarsi che le licenze di lavoro non venissero “subappaltate” a terzi, il riconoscimento facciale ha compiuto degli errori, portando al licenziamento di professionisti innocenti.

In effetti, il “Real Time ID Check” implementato dall’aprile del 2020 è basato su una tecnologia che la stessa Microsoft ha messo in passato in dubbio. Ancora oggi, gli algoritmi hanno difficoltà a riconoscere i volti di persone dalle pelle scura, soprattutto se queste sono di sesso femminile.

Non stiamo neppure parlando di qualche svista occasionale, ma di un margine di errore che può raggiungere tranquillamente il 20 per cento, una fetta tanto grande da convincere le aziende ad abolirne l’uso in occasione delle manifestazioni statunitensi dei Black Lives Matter.

Il sindacato degli autisti di Uber ha quindi chiesto al sindaco di Londra, Sadiq Aman Khan, che le autorità intervengano per assicurarsi che tutti i licenziamenti legati alla facial recognition vengano analizzate una per una, in modo da verificare che tutto si sia svolto correttamente.

 

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