Tra preoccupazioni economiche e clausura forzata, il mercato dei droni sta risentendo della pandemia in maniera sensibile.

Il calo è in effetti palpabile e si attesta al 38 per cento. Una percentuale che tradotta in cifre economiche è ancora più impressionante: il mercato professionale dei droni passa dal valere 117 milioni di euro a 73 milioni di euro.

A sostenerlo è l’Osservatorio Droni della School of Management del Politecnico di Milano, con dati discussi durante il convegno “Droni: fare sistema per un maggiore sviluppo”.

Con il mercato in stallo, almeno un’azienda su cinque (21 per cento) tra quelle specializzate nel settore ha dovuto chiudere i battenti, mentre quasi la metà (48 per cento) è riuscita a rimanere a galla, ma ridimensionando di molto le attività quotidiane.

L’Osservatorio ha cercato di promuovere l’uso dei droni, sottolineandone le eventuali applicazioni proprio in momento di crisi: il monitoraggio della popolazione, la distribuzione di medicinali, la comunicazione delle linee guida attraverso registrazioni trasmesse in volo, sanificazione rapida delle zone urbane e dei palazzi, etc.

Un panorama che, a modo suo, rispecchia quello visto in Cina, ove i droni non solo venivano adoperati per emettere memorandum pre-registati, ma venivano addirittura sfruttati come pittime aeree per vessare tutti coloro che non si erano conformati alla quarantena.

L’andazzo italiano, tuttavia, sembra muoversi in direzione diametralmente opposta a simili approcci: i progetti di applicazione industriale censiti sono calati del 20 per cento, statistica che sale al 50 per cento, se invece si parla di progetti sperimentali.

Tra una cosa e l’altra, solamente il 29 per cento dei Comuni italiani adopera in qualche maniera i droni e spesso lo fa goffamente, limitandosi a sfruttare la tecnologia nella sua maniera più grezza, ovvero come telecamera dall’alto atta a un controllo passivo della situazione.

 

 

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