Raised by wolves, la recensione della serie che segna l’esordio in tv di Ridley Scott

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La recensione di Raised by wolves, serie tv di fantascienza creata da Aaron Guzikowski e prodotta da Ridley Scott (che ha diretto anche i primi due episodi e debutta così sul piccolo schermo). In un futuro post apocalittico l’umanità è stata devastata dal contrasto tra fede e scienza e l’ultima speranza è una coppia di androidi. Nel cast anche Travis Fimmel. Dall’8 febbraio su Sky Atlantic e Now TV.

Crisi economica, epidemie, inquinamento: la Terra del futuro soccomberà per un problema molto più antico e a quanto pare insormontabile. Il fanatismo. Nonostante lo sviluppo tecnologico, nonostante corsi e ricorsi storici, nel XXII secolo l’umanità combatterà ancora contro se stessa perché incapace di immaginarsi in una realtà che non metta in contrapposizione una fazione contro un’altra.

Cominciamo quindi la recensione di Raised by wolves con lo sconforto e il pessimismo più totale: riusciremo mai a imparare dai nostri errori? Secondo Aaron Guzikowski, ideatore della serie tv distribuita in America su HBO Max e in arrivo in Italia su Sky Atlantic e Now TV l’8 febbraio, no.

 

 

In dieci episodi (e una seconda stagione già confermata) Raised by wolves segue lo sgretolarsi del pianeta Terra a seguito della lotta tra gli Atei e i Mithraic: cresciuti secondo scienza e logica i primi, devoti al Dio Sol i secondi.

Entrambe le fazioni sono a loro modo fanatiche: cambia soltanto l’oggetto della loro fede cieca. L’impossibilità di riconoscere la natura umana come punto in comune porta alla distruzione della civiltà. Il mondo, ormai prosciugato e devastato, viene quindi abbandonato: proprio come nella Bibbia, i Mithraic trasformano un’astronave in un’arca, in cui portano donne, uomini, bambini e animali. Il suolo alieno su cui atterrano è quello di Kepler-22b, pianeta che si trova al di fuori del sistema solare e orbita attorno a Kepler-22, nana gialla che si trova nella costellazione del Cigno.

 

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Nonostante si trovi a diverse centinaia di anni luce di distanza dal sistema solare, Kepler-22b è un pianeta piuttosto affollato: sul suo suolo, molto simile a quello della parti più aride della Terra (la serie è stata girata in Sud Africa), si possono ancora osservare gli scheletri di creature minacciose che ricordano serpenti giganti. Misteriose creature sembrano popolare invece le sue foreste. E, qualche tempo prima dei Mithraic, sono sbarcati anche due androidi, Mother (Amanda Collin) e Father (Abubakar Salim), con una missione importantissima: salvare la specie umana.

 

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Ridley Scott è garanzia di buona costruzione di un universo

Nello scrivere la recensione di Raised by wolves dobbiamo ammettere che la serie è composta da due parti: i primi cinque episodi sono quelli più interessanti, in cui gli autori costruiscono, roccia dopo roccia, un nuovo universo davanti ai nostri occhi. I primi personaggi di cui seguiamo le vicende sono proprio Mother e Father, novelli Eva e Adamo, che hanno portato su Kepler-22b la tecnologia necessaria per generare nuovi esseri umani. Mother può infatti portare alla nascita gli embrioni congelati che il loro creatore le ha affidato. La prima gravidanza le fa generare sei bambini, di cui il più piccolo, Campion (Winta McGrath), diventa presto quello a cui è più legata.

 

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Tutto si complica quando il bambino arriva a dodici anni di età: è in quel momento che arrivano sul pianeta i Mithraic, che, come consuetudine dei fanatici religiosi, pensano che non ci sia altra verità al di fuori di quella predicata dal loro Dio. Il problema è che la volontà di Sol è interpretata dal capo del gruppo, la cui natura non è per niente divina, ma molto umana. Tra loro c’è inoltre Marcus, che ha la faccia di Travis Fimmel, ma potrebbe essere qualcuno di diverso. Potrebbe essere un ateo che si è infiltrato tra i suoi nemici giurati. La guerra purtroppo non finisce mai, perché sembra impressa nel DNA dell’uomo.

Tra i produttori di Raised by wolves c’è Ridley Scott, che, colpito dalla storia ideata da Aaron Guzikowski (anche showrunner), ha deciso di dirigere i primi due episodi, debuttando così in televisione.

L’autore dei capolavori Alien e Blade Runner non si smentisce: quando c’è lui si può star certi che la crew dedicherà massima cura alla costruzione di un universo immersivo e credibile.

Il fascino più irresistibile della serie è proprio questo: mano a mano che si va avanti con gli episodi ci viene rivelato un nuovo pezzetto di un universo futuristico ma che sa di vissuto.

L’universo della serie è proiettato anni e anni avanti a noi, ma ha anche il sapore del passato, fatto di polvere, ciondoli d’oro con immagini del sole, tuniche logore che sembrano appartenere all’antichità. Vecchio e nuovo si fondono perfettamente in Raised by Wolves, creando molto spesso anche accostamenti profondamente disturbanti: il liquido che scorre nei vasi degli androidi ha la consistenza del sangue, ma è bianco, creando un cortocircuito nell’inconscio dello spettatore.

 

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Due parti dicevamo: se i primi cinque episodi sono tutti concentrati nel creare – facendocelo letteralmente annusare – questo nuovo universo, la seconda metà della prima stagione di Raised by wolves spinge sul freno, ripetendo situazioni e allungando il racconto, probabilmente in vista della nuova stagione. Per poi invece gettarsi letteralmente a capofitto in un finale tanto assurdo e folle quanto affascinante, che lascia con la curiosità di sapere cosa ne sarà di Mother, Father e dei loro figli.

 

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Amanda Collin è Mother: è nata (una inquietante) stella

L’attore più noto di Raised by wolves è certamente Travis Fimmel: per anni protagonista della serie tv Vikings, in cui è stato il re vichingo Ragnar Lothbrok. Non è lui però a ipnotizzare: l’attore canadese qui interpreta un personaggio che ricorda molto quello del suo precedente successo, ovvero un uomo corrotto dalla propria ambizione e desiderio di potere.

Non lo aiuta inoltre il fatto di applicare a Marcus gli stessi tic e caratteristiche che ha usato per Ragnar: si muove allo stesso modo, sgrana gli occhi allo stesso modo, scandisce anche le parole nello stesso modo. Se la sua storyline finisce quindi per essere quella più debole, a popolare i nostri incubi è certamente Mother, che ha il volto e il corpo androgino di Amanda Collin, attrice danese che sembra letteralmente nata per questo ruolo. E ci ricorda un po’ David Bowie.

 

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Fasciata in una tuta di latex dai riflessi metallici, riesce a essere inquietante semplicemente sorridendo, o muovendo la testa a scatti. Nonostante il suo personaggio sia in teoria il più facile da decifrare, visto che è un’androide con una missione ben precisa, diventa in realtà il più complesso e ricco di sfumature. Sembra infatti che in lei ci sia la scintilla della coscienza umana.

A differenza di Father invece, programmato per prendersi cura della famiglia e che dimostra di rendersi conto molto meno di ciò che lo circonda. Animata da sentimenti contrastanti, tipici degli uomini, Mother nasconde segreti oscuri dentro i suoi circuiti e quando emergono si rimane spiazzati e terrorizzati.

C’è un’altra precisazione da fare nella recensione di Raised by wolves: questa è una serie non adatta a chi si impressiona facilmente. Il sangue scorre a fiumi, sia rosso che bianco, ci sono smembramenti, palpebre strappate, violenze terribili. Eppure mai gratuite.

 

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Una fotografia impietosa del genere umano

Oltre alle belle scenografie, al sound design notevole (le urla di Mother si insinuano nel cervello) e alle diverse citazioni alla cultura pop di cui Raised by wolves è pieno (ci sono echi di Il pianeta delle scimmie, ma anche Metropolis di Fritz Lang e addirittura qualcosa del Dottor Manhattan di Watchmen) la serie fornisce una fotografia impietosa del genere umano. Anche a centinaia di anni di distanza da ora, gli autori non riescono a immaginare un futuro pacifico.

 

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L’aggressività dell’uomo bianco disposto a sacrificare tutto per il potere è incarnata dal personaggio di Travis Fiemmel, mentre l’ultima speranza dell’umanità è rappresentata da una famiglia molto lontana da quella tradizionale, composta da due androidi che concepiscono figli in laboratorio, lei bianca e lui nero, e una serie di figli di vari colori. Una contrapposizione che fa riflettere: Aaron Guzikowski e Ridley Scott ci stanno dicendo che la rigidità mentale non può portare a nulla di buono e che l’unica reale speranza per la sopravvivenza è il dialogo e la collaborazione. Purtroppo però non ci arriviamo mai.

 

Raised by wolves dall’8 febbraio su Sky Atlantic e Now TV
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