La recensione del quarto episodio di WandaVision: alla puntata numero quattro la serie Marvel mette pausa e cerca di rassicurare gli spettatori meno attenti o esperti del Marvel Cinematic Universe unendo un po’ di punti. Ma con gran classe. Su Disney+.
Dopo la bellezza folle dei primi tre episodi – resi ancora più insoliti dalla pandemia, che ha costretto i Marvel Studios a inaugurare la Fase 4 del Marvel Cinematic Universe non con il film Black Widow ma proprio con questa serie tv – WandaVision preme il tasto pausa, permettendo agli spettatori meno attenti o esperti del MCU di riprendere fiato e capire meglio cosa sta succedendo. Ebbene sì, cominciamo la recensione del quarto episodio di WandaVision con questa presa di coscienza: è spiegone, signori!
Con nove episodi in tutto, rilasciati ogni venerdì su Disney Plus, non potevamo pensare davvero che ogni appuntamento sarebbe stato un folle omaggio alle sitcom americane, ognuno dedicato a un diverso decennio. Se la puntata pilota ci ha infatti catapultato nel mondo televisivo anni ’50 (in bianco e nero e formato 4:3), questo quarto episodio di WandaVision ci riporta ai giorni nostri (a colori e in 16:9). L’elemento chiave di questa parte della narrazione è il cambiamento di punto di vista.
Dove sono Wanda (Elizabeth Olsen) e Visione (Paul Bettany)? E quando sono? I loro vicini sono persone reali? Mettetevi comodi e godetevi questi 35 minuti che, con ironia e a dimostrazione di una consapevolezza estrema (ribadita più volte nel corso dell’episodio), hanno come titolo Interrompiamo questo programma (in originale We Interrupt this Program).
[ATTENZIONE RISCHIO SPOILER ELEVATO]
WandaVision: dove eravamo rimasti
Il terzo episodio di WandaVision si è chiuso con l’espulsione brutale e improvvisa di Geraldine (Teyonah Parris) da Westview. All’inizio del quarto la ritroviamo in ospedale, non pienamente in sé: si sta letteralmente ricomponendo! Gli autori ci dicono quindi che siamo esattamente un secondo dopo lo schiocco di dita di Hulk (Mark Ruffalo), che ha annullato quello di Thanos (Josh Brolin). Abbiamo dunque anche la conferma definitiva di quello che era ormai il segreto di Pulcinella: Geraldine è in realtà Monica Rambeau, figlia di Maria Rambeau (Lashana Lynch), pilota, amica di Carol Danvers aka Captain Marvel (Brie Larson), capo della S.W.A.R.D. e a quanto pare deceduta mentre la figlia era scomparsa.
Ammettiamolo: si tratta sicuramente di uno spiegone, di un’evidenziazione palese, ma quanto è costruita bene?
In pochi minuti capiamo le conseguenze del gesto di Hulk: prima avevamo coscienza soltanto del gesto eroico, del campo di battaglia tra esseri dalle abilità incredibili. Ora invece scopriamo cosa è successo alle persone comuni, letteralmente impazzite e in preda al panico.
C’è un altro salto temporale: tre settimane dopo la sconfitta di Thanos Monica torna a lavorare per la S.W.O.R.D. e vediamo che sua madre ha lasciato disposizioni secondo cui alla figlia, in caso di ritorno, sarebbero state affidate soltanto missioni terrestri. E qui c’è un’altra sottolineatura: Rambeau va in New Jersey, per scoprire cosa è successo alla cittadina di Weastview. Sì, proprio quella in cui si trovano Wanda e Visione. C’è solo un problema: quelli di Eastview hanno dimenticato l’esistenza della città vicina. Un’intera città, con i suoi 3892 abitanti, sembra essere scomparsa nel nulla. Anche dalla memoria. E qui gli autori fanno una cosa che è tanto semplice quanto geniale:
la S.W.O.R.D. e l’FBI hanno lo stesso punto di vista degli spettatori. Il pubblico è all’oscuro di diversi passaggi, cerca di collegare indizi e spiegazioni. Esattamente come gli agenti che stanno curando l’indagine.
“So you are saying that the universe created a sitcom starring two Avengers?”
In questa recensione del quarto episodio di WandaVision cercheremo di non unire troppi punti: è bello farlo da soli. Ci limiteremo a dire che la voce sentita alla radio che chiedeva a Wanda cosa le stessero facendo era proprio quella di Jimmy Woo (Randall Park), l’agente FBI che abbiamo conosciuto in Ant-Man and the Wasp. E che le mani che prendevano appunti davanti allo schermo in cui andava in onda la sitcom di Wanda e Visione sono proprio quelle di Darcy Lewis (Kat Dennings), astrofisica e assistente di Jane Foster (Natalie Portman) in Thor e Thor: The Dark World.
Gli scambi tra questi due personaggi sono particolarmente gustosi: la scienziata scopre presto che l’area è circondata da un campo energetico che tiene fuori il mondo esterno. Tutta l’area è pregna di CMBR (Radione cosmica di fondo) a cui si sovrappone una BWF (Broadcast Wave Format), una frequenza di trasmissione che la dottoressa Lewis incanala in una vecchia televisione. E bam! Eccoli lì: Wanda e Visione.
Guardando quella che sembra una vera e propria serie tv, Darcy e Jimmy si domandano perché un decennio diverso ogni volta: ha un significato o è per il nostro piacere? Probabilmente è effettivamente per il divertimento degli spettatori: loro e noi. L’agente Woo arriva anche a dire sorpreso: “So you are saying that the universe created a sitcom starring two Avengers?” (ovvero: mi stai dicendo che l’universo ha creato una sitcom con protagonisti due Avengers?). Il riferimento al Marvel Cinematic Universe non potrebbe essere più bello: dopo 15 anni di MCU Kevin Feige è davvero una mente geniale alla guida di un progetto che ha creato un mondo ormai capace di scherzare e giocare con se stesso.
È opera di Wanda?
La cooperazione tra Monica, Jimmy e Darcy (potremmo definirlo l’asse S.W.O.R.D. – FBI -scienza) porta a diverse scoperte: Visione è effettivamente morto. Chiunque avesse sperato nel contrario vedendo questo episodio dovrà farsene una ragione. La prova arriva inoltre grazie a un momento davvero terrificante, costruito con la cura di un horror. Anche un dubbio lanciato nella puntata precedente, ovvero che i vicini di casa di Wanda e Visione fossero persone reali, trova risposta: ebbene sì, molti dei personaggi che abbiamo visto sono persone in carne e ossa, con un’altra identità.
Se aguzzate la vista però, sulla parete con tutti i loro documenti e foto noterete che mancano i nomi di Agnes e Dottie, interpretate rispettivamente da Kathryn Hahn ed Emma Caulfield. Che vuol dire quindi? Non sono persone reali? Oppure la loro identità è segreta? Si tratta davvero di Agatha Harkness e di Mephisto sotto mentite spoglie? L’unica cosa certa è che su loro due aleggia il mistero: anche perché questo quarto episodio di WandaVision ci fa venire il dubbio che non sia tutta opera di Wanda. Monica ne sembra sicura: è opera sua. Ma perché allora ci sono dei momenti mancanti? È sempre lei a decidere di cancellarli? O magari qualcuno ha approfittato di questo caos per insinuarsi nella sua mente? Per tante risposte date, il capo dei Marvel Studios Kevin Feige, il regista Matt Shankman e la produttrice esecutiva Jac Shaeffer hanno formulato tante nuove domande. Come quella sugli esagoni: perché quei dannati esagoni?! Ce lo stiamo chiedendo da settimane.
WandaVision: i tempi sono cambiati
In conclusione della recensione del quarto episodio di WandaVision, da quanto abbiamo potuto vedere fino a ora, la Fase 4 sembra aver davvero dato il via a una nuova era del MCU. Non soltanto per quanto riguarda la consapevolezza di tutte le sue parti, con cui si può quindi giocare a piacimento. Ma anche per quanto riguarda temi più sociali: questa idea di raccontare una storia diversa per ogni punto di vista è tanto semplice quanto rivoluzionaria.
A seconda degli occhi di chi guarda sembra di assistere a un racconto e a un genere diverso: gli occhi di Iron Man, quelli di Monica e quelli di Wanda vedono la realtà in modo differente e la restituiscono con colori, formati e riferimenti molto distanti tra loro. Se “la discesa in campo” dei personaggi femminili in Avengers: Endgame a molti era sembrata troppo forzata, qui bastano dei tocchi finissimi: l’occhiata che Monica rivolge al receptionist che non vuole farla entrare nell’edificio dopo che il nuovo direttore della S.W.O.R.D. la accoglie trionfalmente non ha prezzo. Così come l’ironia di Darcy Lewis, che, quando la chiamano “signorina Lewis” puntualizza secca “dottoressa Lewis”. Partendo dagli anni ’50 e arrivando ai giorni nostri, gli autori del MCU sembrano dirci che non soltanto il punto di vista è cambiato: ma anche il modo di raccontarlo.