La recensione di The Medium, il nuovo horror psicologico di Bloober Team, in arrivo dal 28 Gennaio in esclusiva Microsoft su PC, Xbox Series X/S e GamePass, che ci porta ad affrontare un intenso e profondo viaggio mistico, doloroso e dominato da incubi, perversione e dolore. Un’esperienza cinematografica magnifica ma che non appaga fino in fondo lato gameplay.

Uno dei titoli più attesi di questa prima parte dell’anno, nonché della next gen lato horror, è finalmente arrivato. Il nuovo misterioso e promettente capitolo di Bloober Team (Layers of Fear, Observer e Blair Witch) fa il suo ingresso nella case dei giocatori di tutto il mondo, in esclusiva (per ora) per Microsoft su PC, Xbox Series X/S e GamePass.

È stato un viaggio intenso, profondo ed immersivo. Un viaggio che ti mette a confronto con demoni, ombre, perversione e il lato più oscuro e marcio dell’essere umano, e che ti rimane addosso come una strana sensazione sulla pelle, un peso nell’anima, dell’amaro in bocca che sono ben felice di raccontarvi in questa recensione di The Medium.

Del resto, se c’è una cosa in cui i ragazzi di Bloober Team sono molto bravi e proprio quella di creare storie che sanno come restare impresse, lato emozioni, nella memoria dello spettatore. Ed in questo The Medium non è da meno.

Partiamo da un fondamentale presupposto, The Medium, esattamente come avevamo già detto nel nostro precedente approfondimento ed intervista a il game producer Jacek Zięba e il lead game designer Wojciech Piejko, è un viaggio esperienziale gestito su due mondi, quello terreno e quello spirituale. Un gioco che punta non tanto sul gameplay in sé per sé quanto più sulla storia, sui suoi personaggi e sulla sua protagonista, sui suoi luoghi.

 

recensione di The Medium

 

Una storia che vuole giocare con l’emozioni, vuole essere vissuta fino in fondo, rendendo il tutto più semplice possibile proprio per non restare troppo incastrati all’interno di schemi o sezioni che potrebbero rende il tutto fin troppo macchinoso e, quindi, rompere la magia.

Come tiene a specificare la stessa Bloober Team, The Medium è il loro gioco più ambizioso che non punta sul “finisci in fretta il gioco, sopravvivi e vinci” ma sprona il giocatore a vivere un’esperienza all’interno di un mondo che gioca tra due confini paralleli, inserito in un contesto storico particolare (come quello della Polonia anni ’90), dove a dominare sono le sensazioni, l’emozioni e dove le percezioni giocano un ruolo fondamentale per comprendere tutti i personaggi, anche quelli che si potrebbero condannare senza pensarci due volte.

È chiaro quindi che The Medium assomiglia sicuramente più ad un film thriller dall’atmosfera densa e coinvolgente

È chiaro quindi che The Medium assomiglia sicuramente più ad un film thriller dall’atmosfera densa e coinvolgente, stimolante sotto certi punti di vista, ma che forse trascura fin troppo la componente ludica dell’esperienza e che metto il videogiocatore di fronte ad un qualcosa che, alla fine della giostra, è poco più di un walking simulator.

 

 

Da grande fan dei titoli passati di Bloober Team, se da un lato l’aspetto grafico del gioco mi ha completamente spiazzato, stupito e stregato, dandomi la forte sensazione del passaggio grafico next gen; dall’altro lato, non ho potuto fare a meno di notare che tante delle criticità del passato, come le sezioni in cui si doveva fuggire da un’entità malefica in Layers of Fear 2, ritornano prepotentemente anche nelle sezioni di The Medium – nonostante il passaggio dalla prima alla terza persona – senza aver trovato una vera e propria soluzione, ma mostrandosi ancora acerbe, imperfette e poco prestanti.

Non parlo nemmeno di frame rate ballerino o di piccoli bug presenti nel gioco, tutti elementi da poco che saranno sicuramente risolti alla prima patch del day one, mi riferisco soprattutto al gameplay nudo e crudo. Alle basi sulle quali dovrebbe muoversi il gioco, alle promesse fatte che non vengono completamente mantenute e che, in parte, tradiscono anche le aspettative sul titolo in generale.

Ma partiamo dal principio…

 

 

Tutto ha inizio con un ragazza morta

Cracovia, 1990.

Marianne è una giovane donna che deve occuparsi del funerale dell’uomo che l’ha cresciuta. Da sempre divisa tra due mondi (letteralmente), Marianne è una persona estremamente sola, dal passato incerto e dall’identità in continuo bilico. Emozioni che col tempo sono diventati uno scudo per la nostra protagonista, necessario per affrontare un’esistenza fortemente instabile e solitaria.

 

The Medium anteprima

 

Sebbene da un range di espressioni facciali un po’ limitate – e che rendono l’animazione del personaggio plasticoso in alcune occasioni – la caratterizzazione di Marianne e il suo doppiaggio originale, la rappresentano incredibilmente profonda, carica di emozioni diverse e contrastanti che spronano ancora di più lo spettatore ad entrare in empatia con lei.

Qui arriva il primo grande cambiamento ed inversione di marcia rispetto ai titoli precedenti di Bloober Team, la terza persona.

La prima persona nei titoli horror rende il tutto più vicino al giocatore, facendogli vivere il brivido in prima persona della suspence, del terrore, della paura. In questo caso, però, la paura è qualcosa di più sottile e psicologico. Nessuna strega nel bosco pronta ad attenderci all’angolo, nessuna entità su di una nave o presenza demoniaca tra le tele di un pittore devastato. Qui a fare la storia sono l’emozioni. A giostrare la suspence è la desolazione degli ambienti, dell’incredibile immaginario tracciato e realizzato con cura da Bloober Team che parla da solo, urla, da voce ai fantasmi di un passato non solo strettamente legato a Marianne ma anche alla storia sociale e politica di Cracovia.

 

recensione di The Medium

 

Interessantissima, infatti, è la contestualizzazione storica e tematica inserita in questo titolo che si lega direttamente alla Repubblica Popolare di Polonia di stampo Marxista-Leninista, la quale si andrà a intersecare tanto con le vicende personali di Marianne quanto con quella di altri personaggi che incroceremo durante le ore di gioco attraverso collezionabili di vario genere. Preciso, non tutti sono necessari ai fine della trama del gioco, ma sicuramente posso esservi utili per comprendere meglio il contesto storico e una delle location dominanti del gioco: il resident Niwa.

Tornando alla terza persona, l’oggettività con cui siamo costretti ad osservare e muovere il personaggio, ci permette di focalizzarci meglio sulla sua visione e percezione del mondo; anzi, dei mondi.

 

recensione di The Medium

 

Si, perché Marianne è una sensitiva ed aiuta le anime intrappolate in un limbo tra il mondo terreno e quello spirituale ad oltrepassare la linea di confine e compiere il passo decisivo per raggiungere l’aldilà. Questo però l’ha anche resa mai parte realmente integrante di un mondo o dell’altro, ma sempre un essere a metà, diviso, spezzato.

E tutto questo disagio interiore, questa instabilità, possiamo ferocemente sentirla fin dai primi minuti di gioco, condividendo l’intimo dolore di perdita della protagonista che la condurrà a compiere il suo viaggio più complesso: quella della scoperta della sue radici, della sua identità.

 

 

Niwa, Thomas e una bambina triste

Se tutto ha inizio con una ragazza morta, quella che Marianne sogna fin da quando ha memoria, tutto continua con Niwa, un resort vacanze abbandonato al di fuori della città e circondato dai boschi.

Attirata da una strana chiamata di qualcuno, tale Thomas, che conosce, sa chi è e, soprattutto, conosce il suo dono e il suo incubo, Marianne come attratta da una falena con la luce, si ritrova nel fatiscente albergo.

 

recensione di The Medium

 

Un luogo spettrale bloccato tra due dimensioni

Un luogo spettrale bloccato tra due dimensioni, dove i suoni dell’anime che prima riempivano di gioia le stanza e i luoghi dell’hotel, sembrano cercare disperatamente Marianne in cerca di pace e liberazione. Ma dentro Niwa non solo gli spettri ricercano Marianne. C’è anche qualcos’altro che si nasconde tra le ombre e che si nutre di rabbia, dolore, ferocia e… solitudine. Qualcosa che si nutre dell’emozioni degli altri e che prepotentemente scalcia per essere liberato da quella prigionia fatta di ricordi, vendetta e… morte.

Qui inizia la vera rivoluzione di The Medium, l’aspetto che più vi lascerà a bocca aperta e renderà interessante, piacevole e suggestiva la vostra esperienza di gioco: la divisione tra i due mondi.

Quando Bloober Team diceva che dovevate mettervi nei panni di Marianne, provando la sua stessa percezione nel modo di comunicare con oggetti, persone e spiriti, non scherzava affatto. Da questo momento in poi, Marianne si ritroverà divisa tra due mondi. Due mondi comunicati tra loro e fondamentali l’uno per l’altro: quello terreno e quello spirituale.

 

recensione di The Medium

 

Scenograficamente il mondo spirituale è magnifico. Le location sono cangianti, inquietanti e perverse. Niwa è una delle location ricorrenti ma si, come stato promesso, non è l’unica. E, senza fare spoiler, il cambio location non sarà la sola piacevole svolta inaspettata (a livello di trama e gioco).

La soluzione trovata da Bloober Team non è un mero mezzo estetico impattante per il giocatore, ma è anche una svolta narrativa e strutturale che sottolinea il tema di fondo dell’opera del team polacco: le prospettive cambiano le nostre percezioni.

Il dualismo non è solo una percezione, ma si materializza di fronte ai nostri occhi con la divisione dello schermo, tanto in orizzontale quanto in verticale. Se da un lato potremmo osservare Marianne parlare da sola, dall’altra parte ci sarà qualcun altro di fronte a lei. Il più delle volte Sadness, una ragazzina dal volto coperto che sembra “infestare” giocosamente i lugubri ambienti del Niwa.

 

recensione di The Medium

 

Il personaggio si può muovere in contemporanea tra i due mondi, spesso chiedendo al giocatore di concentrarsi su dettagli fondamentali tanto in uno quanto nell’altro. Un aspetto del mondo terrestre potrebbe essere, infatti, la chiave di volta per sbloccare un passaggio nel mondo spirituale e viceversa.

 

 

Non un semplice “erede” di Silent Hill

Se qualcosa da The Medium si aspettava Silent Hill, non resterete completamente delusi. Al tempo stesso, però, non pensiate che questo titolo ne sia completamente l’erede. E meno male, oserei dire!

The Medium ha un suo mondo, una sua dimensione, una sua struttura. Ha la capacità di farci viaggiare tra due universi contemporaneamente. Attraverso la percezione, una delle abilità di Marianne attivabile premendo un tasto, siamo in grado di vedere cose che altrimenti ci sarebbero sfuggite. Scovare segreti per aver pezzi fondamentali della storia o risolvere puzzle che ci avvicineranno sempre di più alla verità.

 

Il tipo di atmosfera creata, complice anche la musica di Akira Yamaoka che vi permetterà di penetrare ancora di più nel mood di questo gioco, riprende a gran misura le proiezioni dell’inconscio tipiche di un gioco come Silent Hill. Cerca di essere quasi il suo erede spirituale, ma il team polacco non riesce fino in fondo a richiamare il mondo da incubo creato da Konami, né ci vuole davvero riuscire.

The Medium è legato ad una sfera molto più spirituale, inconscia e surreale.

L’universo è, infatti, sull’opera surrealista del pittore Zdzisław Beksiński che, più che creare mostri, rappresenta l’oscurità, il marcio e perverso dell’essere umano.

Mettersi sulle tracce dell’identità di Marianne non sarà affatto facile. Non sempre la verità fa bene al cuore e alcuni segreti, a volte, è meglio che rimangano tali. La realtà supera di gran lunga la fantasia e la mostruosità di cui è effettivamente capace l’essere umano, può andare oltre i confini dell’immaginazione. Ciò che davvero terrorizza, da questo punto di vista, è l’esplorazione di alcune tematiche che non sono mai facili da digerire, come l’infanticidio, l’abuso e la violenza in tutte le sue forme più macabre e perverse.

 

 

Non sempre la verità fa bene al cuore e alcuni segreti, a volte, è meglio che rimangano tale

Sembrerà di vivere letteralmente in un film e come avidi spettatori vorrete andare avanti, sempre più velocemente, sempre con più foga. Man mano che i pezzi del puzzle compariranno sulla vostra tavola e più vi avvicinerete alla verità e le sfumature di questa misteriosa storia si faranno sempre più torbide e penetranti, andando ad esplorare lati profondi dell’animo umano, le ipotesi si affolleranno a tal punto che la luce in fondo al tunnel diventerà un bisogno incessante. Sempre se c’è davvero una luce in fondo al tunnel di ricordi, segreti e scoperti che costellano l’esistenza di Marianne.

 

 

Una buona storia non sempre basta

Abbiamo visto gli aspetti più interessanti, quelli più convincenti e sorprendenti di un titolo come The Medium. Il lato narrativo che, in fondo, sapevamo non ci avrebbe deluso e che, infatti, conferma l’enorme salto fatto da Bloober Team ed una tendenza sempre più cinematografica che sta prendendo possesso di giochi come questo.

Tocca, però, approfondire anche le noti dolenti. Quelle che non solo rendono The Medium un gioco imperfetto ma che, addirittura, lo penalizzano a tal punto da lasciare piuttosto delusi sulla resa finale.

 

 

Preciso immediatamente che il gioco l’ho giocato su PC GeForce 2060 RTX.

Se dal lato scenografico e artistico the Medium si può considerare una produzione eccellente (al netto delle incertezze grafiche che abbiamo citato prima), lato gameplay la questione si fa molto più spinosa.

L’impressione che si ha è che la componente ludica di the Medium vada a danneggiare l’intera opera.

Andiamo con ordine: The Medium strizza l’occhio alle avventure punta e clicca a la Telltale, o ad esempio il più recente Tell Me Why, optando però per una storia lineare e quindi senza le varie diramazioni dettate dalle nostre scelte tipiche di questi titoli. Muoveremo quindi il personaggio in un ambiente 3D, interagendo con i vari elementi dell’ambientazione come documenti da leggere, oppure oggetti da raccogliere, risolvendo gli enigmi che ci si pareranno davanti fino alla successiva cutscene.

 

 

A dare un po’ di pepe al tutto c’è la dualità del mondo di The Medium; infatti, in alcune sezioni, muoveremo contemporaneamente le due Marianne dei due mondi paralleli, e le azioni dell’una andranno a influenzare il mondo dell’altra.

Per farvi un esempio, potremmo trovarci di fronte ad una porta chiusa nel mondo materiale, dovremo quindi premere il tasto apposito per poter “staccare” da Marianne la sua controparte spirituale ed muoverci esclusivamente nel suo mondo, cercando un modo di sbloccare il passaggio per la Marianne fisica. In altri casi, invece, sarà il mondo fisico a influenzare quello spirituale, muovendo un oggetto apparentemente insignificante nella dimensione terrena, si potrebbero avere ripercussioni molto più grandi nel mondo spirituale.

Purtroppo però la varietà degli enigmi è un grosso punto a sfavore della produzione Bloober Team. Durante l’arco delle circa 8/9 ore della campagna ci si troverà ad effettuare ripetutamente essenzialmente 4 cose: riattivare dei generatori elettrici, cercare una leva per poter azionare il dispositivo di turno, usare un rasoio per aprire delle porte fatte di carne se ci troviamo nel mondo spirituale, oppure delle tronchesi per recidere delle catene che tengono chiuse delle porte nel mondo materiale.

 

 

Le occasioni in cui ci troviamo davanti a degli enigmi più articolati si possono contare sulle dita di una mano, e son proprio questi pochi enigmi più articolati ad evidenziare quanto le situazioni che andremo ad affrontare siano poco varie.

Marianne si troverà spesso inseguita dal nemico principale del gioco

Oltre a risolvere enigmi, Marianne si troverà spesso inseguita dal nemico principale del gioco, l’inquietante The Maw, e dovremo affrontare delle fasi stealth molto basilari, che non vanno oltre l’abbassarsi dietro dei ripari e premere un tasto per trattenere il fiato.

La telecamera fissa e la macchinosità dei controlli peggiorano ulteriormente la godibilità di queste sezioni, riportandoci alle criticità che avanzavamo all’inizio di questa recensione di The Medium nei confronti di Layers of Fear 2.  Fortunatamente, non sono molte durante l’arco del gioco.

Quando non potremo aggirare the Maw con l’astuzia, dovremmo necessariamente fuggire da esso, in questo caso affronteremo delle sequenze di inseguimento che potranno risultare a tratti frustranti per via dei repentini cambi di inquadratura che ci porteranno a girare nella direzione sbagliata, con conseguente game over. Dopo il game over saremo costretti a ripercorrere i minuti precedenti all’inseguimento, completi di dialoghi che abbiamo già visto, prima di poter riaffrontare l’inseguimento.

 

 

È molto “complesso” arrivare al game over, ma per le prime volte, soprattutto per questo genere di complicità tecnica, neanche così impossibile. Questo però si contrappone a quanto propone la filosofia del team: godersi il gioco.

A parte questo, tutto il resto è molto semplice, estremamente semplice, troppo semplice… Ma, soprattutto, troppo ripetitivo. Marianne (e non solo) non fa altro che camminare, camminare, camminare. Risolvere quei due tre enigmi e poi ricominciare a camminare. Esplorare. Guardarsi intorno. Ricominciare da capo.

Questa ripetitività, questa sensazione di loop ed estrema facilità, per quanto votati al focalizzarsi più sulla storia, rendono davvero tutto il gioco lato gameplay poco sfidante, stimolante ed interessante perfino per i giocatori meno esperti.

 

 

… tutto finisce in me

Alla conclusione delle recensione di The Medium, questo gioco non è sicuramente il gioco che sembra. Questo lo dico tanto nel positivo quanto nel negativo. Da un punto di vista cinematografico, l’ho trovato un’esperienza davvero coinvolgente, a tratti perfino straziante e dolorosa.

Ho amato il personaggio di Marianne, così come Sadness e gli ambienti dentro ai quali si muovono.

 

 

La direzione artistica del gioco è stupenda. Suggestiva. Magnifica. L’uso dei colori, dal cremisi al verde rancido, dal rame al grigio della realtà, sono vibranti, vividi e carichi. Le location sembrano davvero realistiche, cariche di vita nonostante si respiri morte e disperazione. Le creature, le intuizioni e i mondi che si andranno a scoprire man mano che il viaggio prende forma, sono sorprendenti e, a tratti, inaspettate.

Come ho ripetuto già diversi paragrafi più su, le sorprese non mancano affatto e la varietà, in fatto di lore, non lascerà delusi, ma non voglio anticipare troppo.

Non nascondo i brividi e gli occhi lucidi nella sequenza finale, regina di un gioco che in larga parte ti consuma.

Dall’altra parte, però, i limiti tecnici sono innegabili. Troppo grandi, troppo evidenti ed ingombrati per un gioco next gen così caricato, così pompato lato marketing e promozionale. Se da un punto di vista artistico possiamo definirlo una svolta per Bloober Team, lato gameplay la strada è ancora molto lunga. Ripetitivo, macchinoso, poca varietà di enigmi e preciso nell’animazione dei personaggi ancora troppo ingessati.

The Medium resta un’opera ambiziosa, profonda e violenta. Una storia che, nonostante i suoi inevitabili difetti, vale la pena ascoltare, vivere, giocare.

 

 

76
The Medium, la recensione: un’opera profonda ed ambiziosa ma ben lontana dalla perfezione
Recensione di Gabriella Giliberti
ME GUSTA
  • Storia emozionante, coinvolgente e profonda
  • Artisticamente immenso e suggestivo. La dualità è stupenda!
  • Personaggi perfettamente caratterizzati e molto interessanti
  • La colonna sonora rende perfettamente l'atmosfera inquietante
  • Disponibile su Xbox Game Pass
FAIL
  • Gameplay ripetitivo e poco stimolante
  • Inseguimenti goffi e macchinosi
  • Animazione spesso non convincente
  • Poca varietà di enigmi