La nostra recensione del quinto episodio di The Mandalorian 2, puntata diretta e scritta da Dave Filoni che vede il ritorno di uno dei personaggi più amati del franchise.
Per partire con questa recensione del quinto episodio di The Mandalorian 2 posso già dire che ci troviamo davanti ad uno degli episodi che più farà godere gli appassionati, un qualcosa su questo piano paragonabile a quel capolavoro che è stato il finale di The Clone Wars.
Perché sì, parliamo di goduria pura, alimentata dalla visione incredibile che Filoni ha spesso dimostrato di avere con le serie animate, dal suo rispetto immenso per il materiale originale, dalla sua sensibilità – direi unica – nel trattare la sacralità dell’immaginario.
Dave Filoni è un po’ un Re Mida in Lucasfilm, e se è vero che diverse puntate di The Clone Wars, qualche episodio di Rebels e grandissima parte del molto meno rilevante Resistance (devo vedere la seconda stagione) viaggiavano tra il mediocre e il terribile, il lavoro fatto – che tocca spesso le soglie dell’eccellenza assoluta – supera a mani bassissime ogni possibile stortura.
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D’altronde le serie animate sono a conti fatti il 90% di quello su cui poggia Star Wars al giorno d’oggi, con The Mandalorian che ne è diretto erede e Fallen Order idem; persino le serie spin-off, che specie dopo questa puntata sono sicuro arriveranno, prenderanno sempre un assist dalla progettualità di Filoni.
Insomma, questo panegirico per spiegare a chi magari non lo conoscesse chi è e chi è stato Dave Filoni, la cui radicata e determinante impronta creativa nel franchise non può essere messa in discussione. In questo episodio, titolato non a caso The Jedi, il buon Dave – scrivendo e dirigendo l’episodio – riprende come un padre affettuoso uno dei suoi personaggi, il più amato del “canone secondario” e senza dubbio uno dei più amati dalla fanbase dell’intero universo di Star Wars.
Prima di continuare, vi avverto che andrò full spoiler sugli episodi precedenti, riducendo invece al minimo possibile le anticipazioni su quello di questa settimana. Nel caso foste rimasti indietro, qui sotto avete i vari link alle recensioni dei singoli episodi.
Ebbene, è finalmente giunto il momento, e davvero non ha senso nasconderlo, visto il titolo della puntata, le parole di Bo-Katan e le varie anticipazioni: dopo averla lasciata con Sabine alla ricerca di Ezra nel finale di Rebels, Ahsoka finalmente torna, questa volta in live action e interpretata dalla splendida Rosario Dawson.
Già solo questo basterebbe per renderlo un episodio da infarto netto, ma ovviamente non ci si limita ad un semplice gioco di cameo, e l’episodio brilla di una luce propria e di un tatto nella scrittura e nei tempi della messa in scena che solo Filoni è capace di portare avanti, soprattutto quando si affonda nella mitologia.
Parlo di una puntata semplicemente meravigliosa, che completa quei passi, prima timidi, poi sempre più decisi, che la serie ha portato avanti nel lento ricollegarsi all’immaginario di riferimento, ai suoi personaggi, alla sua eredità.
Vedere Ahsoka impugnare in live action la spada laser e la spada shoto, esattamente come in passato, regala un brivido e un’emozione difficile da descrivere
Vedere Ahsoka impugnare la spada laser e la spada shoto (quella più corta), deflettendo raffiche di colpi di blaster, esattamente come in passato, regala un brivido e un’emozione difficile da descrivere a qualcuno estraneo al fandom. Avevo molti dubbi sull’efficacia di Ahsoka in carne e ossa, ma pur ammettendo che gli scontri con le due spade non sono fluidi/credibili come quelli resi possibili dall’animazione (vedasi Maul vs Ahsoka), il lavoro in live action fatto sulla Togruta è estremamente convincente, e dopo il primo (straniante) impatto rimane sempre credibile.
Rosario Dawson restituisce tutta la sensibilità, la sfacciataggine e la saggezza del personaggio, come anche la risolutezza e in qualche dialogo addirittura i traumi, regalando una versione di Ahsoka forse più rabbiosa e borderline rispetto a quanto ricordavamo, ma perfettamente coerente con l’identità che le appartiene.
Un altro grande protagonista dell’episodio è ovviamente anche Baby Yoda, che viene affrontato con maggiore audacia e profondità, accantonando il ruolo di pura mascotte e dandogli un carattere, una storia, la dignità di un passato tale da determinarlo. Rimane un comic relief adorabile, non tradisce la sua essenza, ma alcune sfaccettature che Ahsoka mette in evidenza, specie rispetto allo splendido rapporto del bambino con Din Djarin, il nostro mandaloriano, sono molto interessanti e meno banali del previsto.
Come tanti altri che ho letto sui social e/o con cui mi sono confrontato questa mattina, non mi aspettavo un certo tipo di coraggio nell’approfondire il piccolo e il suo background, e sono sicuro che questa direzione dell’episodio sarà apprezzata da tutti.
In più, si fa un nome specifico e clamoroso che si ricollega sorprendentemente (ho urlato) a “vecchie” storyline, chiude il cerchio e lascia intendere chiaramente l’apertura a degli spin-off, e darei per scontato l’annuncio di nuovi progetti televisivi appena conclusa questa stagione di The Mandalorian.
Per il resto, è un episodio orgasmico da ogni punto di vista, specie dall’ottica di un appassionato, sia di Star Wars che di cinema e televisione in generale. L’atmosfera è diversa rispetto al resto della serie, il pianeta non è desertico, ma brullo, desolato e spoglio, una singola zona fortificata all’orizzonte. Ahsoka e Mando si muovono in quella che sembra una sorta di anti-Dagobah, una natura morta che avvolge parte degli ennesimi grandi momenti di azione della serie.
É un’esecuzione tra l’ottimo, l’eccellenza e il “cosa sto vedendo”, un approccio che si prende i suoi tempi, che lascia respiro ai momenti più sacri e evocativi, dando importanza ai colori e gli spazi della fotografia e scandendo nel mentre gli scontri con un rigore che ibrida generi e influenze/citazioni più o meno esplicite. A livello di realizzazione complessiva e visione è un episodio che se la gioca come migliore della serie, ma ormai la serie mi stupisce talmente tanto di settimana in settimana che forse sta diventando abbastanza inutile e pedante classificare gli episodi.
Al di fuori quindi di ennesimi paragoni e esaltazioni specifiche, in conclusione di questa recensione del quinto episodio di The Mandalorian 2, è semplicemente sacrosanto rendere di nuovo merito a Dave Filoni per una sensibilità rispetto a Star Wars che semplicemente non ha eguali. Un creativo che ha ereditato lo scettro di Lucas dalla vecchia Lucasfilm e vibra alla stessa frequenza dell’immaginario che aiuta a costruire, con l’entusiasmo di un fan e un amore per gli elementi del franchise destinato a trasparire da ogni singolo fotogramma. Per tutto quello che ci ha dato non si può che ringraziarlo.