La Statua della Libertà è una delle statue più rappresentative del mondo. Probabilmente l’icona per eccellenza degli Stati Uniti d’America. Ma quali sono le sue origini? E perché emoziona così tanto vederla?
“Miss Liberty” la chiamano. Sono centoventicinque anni che sorveglia un’isola e che da il benvenuto a chi arriva dall’Oceano Atlantico. Alta 93 metri da terra, quarantasei dal piedistallo, una lunga toga le copre il corpo, nella mano destra una fiaccola (simbolo del fuoco eterno di libertà) mentre nell’altra stringe un libro recante la data del 4 luglio 1776, ai piedi vi sono delle catene spezzate (simbolo della liberazione dal potere del sovrano dispotico) e in testa vi è una corona, le cui sette punte rappresentano i sette mari e i sette continenti.
Sono certo che nell’immaginario di tutti noi, quando ci riferiamo al “Nuovo Continente” subito di getto catapultiamo il nostro pensiero allo sguardo di questa affascinante donna. A me ha sempre destato curiosità e attrazione (per quanto poi si possa essere attratti da una statua) sin dal mio primissimo ricordo che ho di lei.
Avrò avuto otto o nove anni e uno dei miei cartoni animati preferiti di quel periodo era Fievel sbarca in America, la storia di un topino che insieme alla sua famiglia moscovita decide di trasferirsi nella Grande Mela alla ricerca del sogno americano. Malgrado una tempesta in pieno Atlantico, la nave arriva a New York, ma Fievel, il più piccolo cade in mare, con grande disperazione sua e dei suoi genitori. Infilatosi in una provvidenziale bottiglia, le onde lo portano nel cantiere in cui Auguste Bartholdi stava erigendo una particolare statua.
Credo che questo sia il mio primo ricordo nitido del simbolo per eccellenza degli Stati Uniti d’America: la Statua della Libertà.
La Statua della Libertà
La libertà che illumina il mondo (in inglese Liberty enlightening the world e in francese La liberté éclairant le monde) è il suo vero nome di battesimo e rappresenta come sappiamo il monumento simbolo di New York e degli interi Stati Uniti d’America.
Svetta all’entrata del porto sul fiume Hudson, sulla rocciosa Liberty Island (un tempo Bedloe’s Island), come ideale benvenuto a tutti coloro che arrivano negli USA.
Nel secolo scorso, per chi era alla ricerca di una vita migliore, “Liberty” rappresentava la prima immagine che gli immigrati avevano dell’America: un simbolo di benvenuto e di speranza.
Il suo vero nome è “La libertà che illumina il mondo”
Fu ideata da Édouard René de Laboulaye, costruita a Parigi su progetto di Frédéric Auguste Bartholdi, il quale la intese come monumento alla libertà (valore che riteneva carente nella sua nazione) e realizzata ingegneristicamente da Gustave Eiffel.
“Liberty” fu donata dai francesi agli Stati Uniti d’America in segno di amicizia tra i due popoli e in commemorazione della dichiarazione d’Indipendenza di un secolo prima (1776), ma a causa del protrarsi dei lavori fu completata solo nel 1884 e inaugurata il 28 ottobre 1886, dieci anni dopo la ricorrenza.
La statua nelle giornate limpide è visibile da decine di chilometri di distanza, ed è costituita da un’armatura di acciaio rivestita da trecento fogli di rame sagomati e rivettati insieme.
La statua rappresenta la dea Ragione, la cui torcia simboleggia il sapere massonico.
Uno dei vantaggi nell’utilizzare i fogli di rame era quello di alleggerire in modo importante il peso della statua, ottenendo un peso per unità di volume incredibilmente basso, soprattutto per i metalli costosi (il rame non doveva superare lo spessore di 2,4 mm)
A seguito di questa considerazione si decise per un’altezza dell’opera pari a quarantasei metri, il doppio di quella della statua italiana del Colosso di San Carlo Borromeo e del monumento tedesco Hermannsdenkmal di Detmold, dedicato al condottiero dei Germani Cherusci, Arminio, tutte e due realizzate con la medesima tecnica.
L’utilizzo del rame gli ha anche donato il particolare colore verde/blu che conosciamo oggi, risultato dell’ossidazione dopo così tanti anni di esposizione, ma dobbiamo anche immaginarla come l’hanno vista nei primi anni dopo la sua costruzione, doveva davvero essere incredibile.
Il progetto di Eiffel rese la statua il primo esempio di costruzione a facciata continua (Mur-rideau in francese) nella quale la struttura non è autoportante, ma è sostenuta da un altro “scheletro” che sta all’interno.
Eiffel difatti incluse due scale a chiocciola interne per renderne più facile l’accesso ai visitatori che potevano così raggiungere il punto di osservazione nella corona. L’accesso invece alla piattaforma che circondava la torcia venne previsto, ma lo spazio limitato intorno al braccio consentì la costruzione di una sola scala, lunga dodici metri.
Man mano che la struttura cresceva, i due costruttori Eiffel e Bartholdi coordinavano il loro lavoro in modo che tutti i segmenti del rivestimento si adattassero perfettamente allo scheletro di sostegno.
Pare che le forme generali della statua siano state ispirate, tra i tanti altri modelli di derivazione illuministico-massonica, in particolare alla statua della Libertà della Poesia, presente sul monumento funebre di Giovanni Battista Niccolini nella basilica di Santa Croce a Firenze, ad opera dello scultore Pio Fedi.
Per il volto della statua Bartholdi invece ebbe probabilmente come modello quello di sua madre, anche se altre fonti (l’autrice Elizabeth Mitchell) ipotizzano che si sarebbe ispirato al fratello malato che spesso aveva lo sguardo perso nel vuoto.
La Statua della Libertà fu utilizzata tra il 1886 e il 1906 come un vero e proprio faro: il primo faro elettrico, lo si poteva vedere in un raggio di circa quranta chilometri.
Una statua così esposta ha dovuto subire nella storia anche moltissimi eventi atmosferici che l’hanno “stressata” in maniera importante. Nelle giornate ventose che capitano quotidianamente a New York soprattutto in inverno, raffiche di vento di 80 km/h possono provocare un’oscillazione di Lady Liberty fino a sette centimetri, mentre la torcia arriva a muoversi fino a quindici centimetri, oscillando avanti e indietro.
Il (mio) primo incontro con Lady Liberty
“Ma come può una statua emozionare così tanto?”
Era la classica domanda che mi ponevo da viaggiatore e da spettatore oltre oceano, finché un giorno la vidi. Era il mio viaggio di nozze, ottobre 2018.
Tra le tante statue e monumenti di sicuro non è la più bella, eppure intravederne soltanto il suo profilo, dalla banchisa di Mahnattan, mi ha emozionato come se andassi ad un appuntamento importante. Finita la banchisa mi metto in fila con mia moglie e mi metto a leggere qualche informazione su “Miss Liberty”. Saliamo sul traghetto in direzione di Liberty Island e, mentre ci lasciamo Manhattan e il suo skyline alle spalle, la vedo diventare sempre più grande.
L’emozione cresce e ancora non riesco a capire il perché, è solo una statua mi dico, l’avevo vista in decine di film e centinaia di documentari, eppure l’avvicinarmi con una imbarcazione a quella straordinaria “donna” mi fece quasi commuovere.
Capivo e mi immedesimavo nei panni di un profugo, di un sognatore, di un avventuriero, di una coppia di amanti che giungevano a New York e il primo saluto che ricevevano era quello di Liberty.
Mi giro e noto che mia moglie è letteralmente ipnotizzata, uno sguardo sognante quasi fanciullesco, con il dito la indica e con gli occhi carichi di letizia riesce solo a dire “ma è bellissima…”
Il sole infrange i suoi raggi sulla fiamma della torcia, lo sguardo fiero ti dona pace e fiducia. Mentre scendo dal battello e mi dirigo verso la piattaforma sotto ai suoi piedi, mi appoggio alla ringhiera e la guardo: lei guarda l’orizzonte imperterrita, mai stanca e mai doma, e io continuo a guardarla, non potendo fare altro.
Chiudo gli occhi e il vento gelido che mi attraversa il berretto mi provoca un brivido di freddo… Li riapro e per un attimo ho la sensazione che Liberty mi abbia sorriso…
Solo una sensazione…