La nostra recensione del secondo episodio di The Mandalorian 2, che apre quasi a tinte horror in una puntata di transizione molto più debole della precedente.
Dopo una partenza decisamente inattaccabile ed esaltante, la serie Disney+ più attesa del pianeta torna con una nuova puntata, che però è abbastanza debole e per buona parte riempitiva. Partiamo con la nostra recensione del secondo episodio di The Mandalorian 2.
Prima di continuare, vi ricordo che in questo pezzo non si farà alcuno spoiler (se non qualche anticipazione minore) sulla puntata di questa settimana, ma si farà ovviamente riferimento senza filtri all’episodio precedente, quindi siete avvertiti. Foste rimasti indietro, qui sotto trovate la recensione del primo episodio.
Allora, come detto sopra, l’episodio della scorsa settimana ha avuto davvero dell’incredibile, specie nella direzione e nella scala produttiva (soprattutto gli effetti visivi) della sequenza finale, con lo stupendo scontro contro il Drago Krayt e col passaggio in 16:9; davvero in generale un capitolo memorabile, anche al di là dell’impatto tecnico.
D’altronde abbiamo visto nell’ultima inquadratura il ritorno di Temuera Morrison come Boba Fett, i fan del canone hanno visto l’arrivo di Cobb Vanth direttamente da una serie di intermezzi dei romanzi di Aftermath, con relativa armatura mandaloriana di Boba, e così via. Un grande inizio, a mani bassissime.
Conoscendo però la struttura fin troppo poggiata su episodi autonomi della stagione precedente, il presentimento che il prossimo episodio non sarebbe stato così brillante mi era passato per la testa, ed infatti non ero così lontano dalla verità.
Prima di continuare con questa recensione del secondo episodio di The Mandalorian 2, vi ricordo che la puntata è disponibile da questa mattina su Disney+, con uscita settimanale il venerdì mattina.
The Mandalorian 2 per ora si presenta come una sorta di more of the samedella precedente stagione
Specie una volta visto questo secondo episodio, The Mandalorian 2 per ora si presenta come una sorta di more of the same della precedente stagione, con la stessa impostazione e la stessa fatica nel costruire una progressione orizzontale netta, che leghi gli episodi. Episodi che se visti individualmente sono spesso e volentieri delle piccole perle, ma che se visti in un insieme perdono energia a causa del loro sfilacciare la narrativa con situazioni sconnesse tra loro e pretesti continui per far rimbalzare da una parte all’altra il nostro mandaloriano.
Come detto la scorsa settimana, rimane la speranza che l’andare all in sull’immaginario, con il pianeta natale di Baby Yoda/Yodino e con il ritorno di Ahsoka e Sabine (in pompa magna per il quinto episodio al 99%, visto che lo ha diretto e scritto Filoni), dia una grandissima sterzata al racconto dalla metà della stagione in poi, ma non è per nulla scontato, vedremo.
Tornando a noi e nello specifico a questo secondo episodio, parliamo di una puntata di stanca, in cui il consueto alieno a caso e dal nulla (letteralmente dal nulla) dà un indizio al nostro mandaloriano, che quindi mette gambe in spalla e si prepara ad una nuova avventura spaziale, tra mille peripezie e pretesti così chiari e fastidiosamente violenti da sembrare modificatori in un livello di un videogioco.
Complicazioni apposite per rallentare incredibilmente il racconto, causare l’apertura di contingenze parallele, con relativi mostri da sconfiggere e missioni da portare a termine. Insomma, una storia già vista e rivista per la produzione guidata da Favreau.
Per il resto, l’episodio mostra i muscoli di una stagione chiaramente sotto steroidi sul piano delle risorse e dei valori produttivi rispetto alla precedente, specie in un bell’inseguimento aereo dove Mando fa qualche manovra da criminale con la Razor Crest e nella resa digitale dei mostri di turno, in particolare quelli più mastodontici.
A proposito di mostri, a conti fatti The Mandalorian stavolta vira parecchio sull’horror sci-fi, stimolando un po’ di sincera paura – cosa che difficilmente mi aspetto di vedere in Star Wars – e ribrezzo rispetto allo schifo di determinate specie ripugnanti, grazie pure ad un orrendo (in senso positivo qui) monster design. Monster design tra l’altro mutuato in questo caso da un artwork di Ralph McQuarrie per Episodio V.
Questo episodio vira sull’horror fantascientifico
Vira talmente tanto sull’horror, senza mai puntarci davvero eh, sia chiaro (il target sono anche i più piccoli), che cita direttamente Alien almeno in un paio di situazioni, prendendo di peso a larghe linee l’idea dietro una scena e almeno un paio di elementi, tanto che mi aspettavo comparisse un facehugger da un momento all’altro; non che si vada così lontano. C’è addirittura l’utilizzo del lanciafiamme di cattiveria rispetto alle versioni piccole dei mostri, con Mando come una novella Ripley.
Questo è chiaramente il nucleo migliore dell’episodio, e che un po’ anche lo redime, pure per il modo in cui spezza lo stile e i toni della serie (che si muove in fluidità tra i generi da un episodio e l’altro) e del franchise, facendo un po’ di thrilling e dando ritmo nella puntata.
C’è da dire che è anche un episodio che più di altri strizza l’occhio al rapporto padre/figlio tra Mando e Yodino, azzeccando i tempi e capitalizzando sul carisma e sul comportamento infantile dell’esserino più famoso del web. La serie affonda in una comicità situazionale che viene naturale ad un piccolo personaggio del genere (così adorabile), nel suo andare simpaticamente a contrasto con l’atteggiamento marziale del nostro Din Djarin. Sono parentesi comedy che funzionano, e probabilmente una sitcom con Mando e Baby Yoda non storpierebbe troppo, alla faccia di WandaVision.
In conclusione, un episodio dunque abbastanza buono, ma preoccupante per il futuro della stagione da qui al medio periodo; ci saranno sicuramente persone in grado di digerire l’assenza di un collante tra gli episodi, felici di vedere storie quasi autoconclusive e pretestuose di puntata in puntata. Io non sono tra quelle, e un po’ ci spero in una direzione leggermente diversa.