Uber ha bruciato 2,5 miliardi nella realizzazione delle auto a guida autonoma avanzata. In cinque anni non ha praticamente fatto un solo progresso. Un nuovo report rivela una situazione disastrosa.

Uber sta lavorando alla realizzazione delle auto senza pilota dal 2015. Fin’ora ha speso oltre 2,5 miliardi di dollari ma i risultati raccolti sono pressoché nulli.

Fino a cinque anni fa, le auto senza pilota erano considerate le “next big thing”. I primi big dell’automotive e della mobilità di nuova generazione avevano iniziato a fare sul serio, investendo cifre considerevoli nella progettazione di auto e software per la guida autonomia di Livello 4 e 5.

L’ottimismo per l’avvento nell’immediato della guida autonoma è scemato

Aziende come Nvidia venivano citate come potenziali investimenti redditizi perché pioniere di un settore —non c’erano dubbi— che avrebbe preso il sopravvento sulla società nell’arco di poco tempo. Oggi sappiamo che quell’ottimismo era mal riposto, e che la corsa verso le self-driving car presenta ostacoli monumentali che richiederanno ancora diversi anni di ricerca e sviluppo.

Siamo ancora distanti dall’avere auto senza pilota sufficientemente mature, e il caso specifico di Uber lo testimonia molto bene.

Uber lavora ad un’auto con guida autonoma avanzata dal 2015, ma in cinque anni il colosso non è riuscito a cavare un ragno dal buco.

O almeno questo è quello che rivela un nuovo report di The Information rilanciato anche da altre testate, incluso il NY Post.

Le auto autonome di Uber non sono in grado di viaggiare per più di 1km senza riscontrare errori

Uber ha bruciato più di 2,5 miliardi nella guida autonoma, il risultato è una tecnologia che non è in grado di viaggiare per più di mezzo miglio (800m) senza incontrare un malfunzionamento. La situazione sarebbe così disperata che uno dei manager di punta del dipartimento self-driving di Uber avrebbe allertato i piani alti della compagnia.

Secondo il manager, il dipartimento avrebbe semplicemente «fallito nel raggiungere il benché minimo progresso» in un lasso di tempo così ampio che è «necessario che vengano presi dei provvedimenti prima che l’azienda venga colpita da un disastro».

I problemi di Uber sono tanti e complessi. Nel 2018 il software di guida autonoma della compagnia era stato al centro di un incidente mortale, imponendo una forte battuta d’arresto al progetto. Solamente pochi giorni fa, il tecnico a bordo dell’auto in questione è stato condannato per condotta negligente. A questo si aggiunge un team disorganizzato, con troppe teste e ognuna con background e priorità diverse. «Chi viene dal Governo o dal settore aerospaziale mette la sicurezza al primo posto, mentre gli ingegneri iniziano ad essere frustrati da una progressione così lenta».

Thuam Pham, l’ex CTO di Uber che si è licenziato lo scorso aprile, ha spiegato al The Information che esiste un forte problema di responsabilizzazione e trasparenza.

Semplicemente non riesco a capacitarmi, da un qualsiasi punto di vista, come sia possibile che questa cosa non abbia fatto il minimo progresso

ha detto.

Ora i dirigenti sono terrorizzati dall’ipotesi che le aziende concorrenti, Waymo in testa, escano con un prodotto maturo nell’immediato futuro, lasciando Uber a bruciare la polvere, umiliata davanti agli investitori e all’opinione pubblica.

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