La recensione di Mulan, il pessimo remake live-action del film d’animazione del ’98 che arriva direttamente su Disney+ e che non riesce minimamente a tenere testa con l’originale.

Questa recensione di Mulan non può che iniziare con il sottolineare che forse questo remake live-action ha l’importanza mediatica che ha non tanto per la rilevanza del progetto in sé, ma per buona parte in funzione della dinamiche di distribuzione che lo hanno coinvolto, tanto da farlo diventare simbolo – insieme a Tenet – delle difficoltà del settore cinematografico tutto in questi mesi.

A differenza di Tenet, con cui Warner Bros. ha chiaramente fatto un audace e virtuosa scommessa sulla distribuzione tradizionale nelle sale, Mulan però arriverà in Italia esclusivamente su Disney+, al costo dei discutibili 21,99€ una tantum esclusivamente per chi già abbonato, rimanendo sull’abbonamento fino alla disdetta dello stesso.

Tra chiacchiericcio sull’uscita annullata, incertezza alimentata dal perdurare della pandemia e varie polemiche sull’arrivo on demand, non c’è particolarmente da stupirsi che il remake sia un po’ sulla bocca di tutti.

 

 

Ebbene, Mulan, remake del classico e iconico film d’animazione del ’98, che si incastona nella serie di rifacimenti Disney dell’ultimo decennio, è quantomeno un buon film? La risposta veloce che vi posso dare all’inizio di questo articolo è un secco no. Mulan è un film pessimo, pessimo senza appello, che aggiunge poco/nulla rispetto ai temi dell’originale, limitandosi a sviluppare ulteriormente e/o correggere – ma con molta pigrizia – alcuni snodi di quanto trasposto in passato, specchiando come ovvio le sensibilità del dibattito più attuale.

Non esagero in questa recensione di Mulan quando dico che quello diretto da Niki Caro è davvero un film mediocre in ogni suo aspetto e nel senso peggiore del termine

Non esagero in questa recensione di Mulan quando dico che quello diretto da Niki Caro è davvero un film mediocre in ogni suo aspetto e nel senso peggiore del termine, insipido nel casting e da dimenticare in regia e montaggio. É un film che ha un budget mostruoso (200 milioni di dollari), ma che vanta scenografie anonime e effetti visivi di qualità problematica; complesso dunque capire cosa sia andato storto in produzione per arrivare a sbagliare così tanto in una resa finale praticamente senza anima.

Andiamo con ordine però, prima di iniziare vi ricordo di nuovo che Mulan arriverà su Disney+ al costo di 21,99€ da domani 4 settembre, mentre arriverà a dicembre nell’abbonamento standard.

 

 

 

Passaggio al live-action

Il soggetto (e buona parte del racconto) del remake di Mulan è ovviamente lo stesso del classico Disney a cui fa riferimento (che a sua volta non è originale, ma di una ballata della tradizione cinese). Mulan (Liu Yifei) è una giovane ragazza di un villaggio nella Cina imperiale, destinata a ricoprire – nel rispetto dell’onore tradizionale di una società androcentrica – il ruolo di moglie e madre, così da dare lustro alla propria famiglia.

Tuttavia, Mulan è una ragazza irrequieta e vivace, tra l’altro molto dotata nel Chi, l’energia che permea tutti gli esseri viventi e che permette a Mulan di essere particolarmente abile nel combattimento e in agilità. Solo ad un uomo però è permesso di combattere e quindi di incanalare un simile potere, con Mulan quindi costretta a nascondere la sua indole con la complicità di un padre straziato dal destino forzato della figlia.

I Rouran però invadono il territorio cinese (prima erano gli Unni, ma nella resa finale cambia poco se non l’etichetta), guidati dal temibile Bori Khan (Jason Scott Lee), che sostituisce e si sovrappone con poco successo a Shan Yu, che era il cattivone del Mulan originale. A loro si accosta una strega mutaforma di nome Xian Lang (Gong Li), che si fa carico di buona parte degli stravolgimenti/aggiornamenti dello script e prende il posto del falco di Shan Yu della trasposizione animata.

Per fronteggiare l’invasione, l’imperatore sceglie di assoldare un uomo per ogni famiglia della regione, ma Hua Zhou (Tzi Ma), il padre di Mulan, non ha figli maschi ed è gravemente infortunato ad una gamba per potere andare in guerra: sicuramente morirà inseguendo il proprio onore. Coinvolta dall’ennesimo fallimento nel tentativo di trovare uno sposo, Mulan sceglie di travestirsi da uomo e andare a combattere al suo posto.

 

 

Con il passaggio al live-action, questo remake di Mulan si prende molto più sul serio rispetto all’originale

Fatto questo riassuntone generale in questa recensione di Mulan, possiamo finalmente iniziare a parlare del film di Niki Caro, nella sostanza. Allora, partiamo col dire che questo Mulan non vuole inseguire l’originale, da cui si distingue marcatamente attraverso un approccio maggiormente votato al realismo. Tra le cose che fecero più discutere mesi fa, l’assenza di Mushu e l’abbandono dei momenti musical (rimangono solo qualche riferimento e qualche melodia originale di quei brani cantati, se non sbaglio una), ma meno nello specifico è un prodotto che si prende molto più sul serio, cosa che risulta decisamente un problema.

Dopotutto, l’insieme di espressività cartoonesca e conseguente tono sopra le righe era parte essenziale della formula che permetteva all’originale Mulan di funzionare (come per molte produzioni animate) e non è un caso che Mushu sia diventato una mascotte famosa allo stesso modo della protagonista. É un lavoro che, per forza di cose con il passaggio in live action, risulta svuotato di quei momenti di colore, delle canzoni e di quei disegni che rendevano credibili e simpatiche alcune situazioni e carismatico con un bel character design il piatto villain principale; un villain che ora è una macchietta talmente fuori posto e interpretata male da raggiungere le vette del comico.

 

Mulan recensione

Photo: Film Frame..© 2019 Disney Enterprises, Inc. All Rights Reserved.

 

Mulan a questo punto quasi smette di avere qualcosa da dire anche e soprattutto sul piano dello stile visivo, dominato da un piattume complessivo davvero difficile da accettare, accompagnato da valori produttivi a occhio decisamente cheap.

Ed è assurdo credere che un film come questo, costato cifre folli, possa in qualche modo avere un impatto così problematico

Ed è assurdo credere che un film come questo, costato cifre folli, possa in qualche modo avere un impatto così problematico, con scenografie e oggetti di scena poveri di dettagli e senza un’identità (se va bene), effetti non adatti ad un budget simile, nemmeno lontanamente (vedasi il compositing con chroma key/green screen) e una regia sostanzialmente senza idee, se non per l’azzeccata rotazione dell’inquadratura che accompagna determinati movimenti di personaggi in alcune scene d’azione.

Parlando dell’azione, che virtualmente aveva il potenziale di essere interessante con il passaggio al live-action, gli scontri hanno sempre una portata estremamente limitata, impiantati su coreografie pigre e poco sviluppate e su un montaggio decisamente non all’altezza, che lascia seguire poco e taglia troppo, non solo nell’azione, ma anche quando le cose si fanno movimentate.

 

Mulan recensione

Photo: Film Frame © 2019 Disney Enterprises, Inc. All Rights Reserved.

 

 

Leale, coraggiosa, vera

Passando alla sceneggiatura in questa recensione, Mulan al solito è sempre una chiara occasione per discutere delle difficoltà di una donna nel realizzarsi a pieno e nel rispetto delle proprie inclinazioni in società definite dalla pressione maschile. Questa versione live-action insiste prevedibilmente sul tema, che in realtà già l’originale approfondiva a dovere, modificando però leggermente qualche snodo e il finale nei punti più problematici della risoluzione e aggiungendo in maniera oltremodo pedante un personaggio ad hoc che specchi Mulan e ribadisca il messaggio di fondo.

Se oggi ritoccare il finale e determinati passaggi minori all’interno del viaggio dell’eroe della protagonista ha decisamente un senso, lo stesso non riesco a dire della maga Xian Lang, alleata di Bori Khan, la cui stessa esistenza (perfettamente speculare a quella di Mulan, come vedrete) perde di significato nella sua ridondanza.

L’idea alla base di Xian Lang – che poi si estende in questa iterazione di Mulan – riprende molto l’associazione/demonizzazione donna/strega che conosciamo fin dal nostro passato medievale, e su questo il film imposta un superficiale dibattito sull’identità e sul coraggio dell’essere sinceri rispetto alla propria natura e alle proprie azioni (l’essere autentici/sinceri è un vero e proprio mantra del film).

All’interno di questo nucleo tematico, Xian Lang non aggiunge nulla al ragionamento su sessismo e emancipazione femminile, e diventa un mero pretesto per fare in modo che sia Mulan stessa  – e questo è sensato – a riconoscere il proprio ruolo e ad affrontare in autonomia le proprie responsabilità rispetto all’esercito, a differenza di quanto accadeva nell’originale, in cui veniva smascherata.

Per il resto, il personaggio della maga non è praticamente approfondito e si limita all’essere un what if rispetto al percorso di Mulan, una antagonista consumata dal desiderio di un ambiente che la accetti, pure a costo dell’utilizzo della forza.

 

Mulan Recensione Bori Khan

Photo: Film Frame..© 2019 Disney Enterprises, Inc. All Rights Reserved.

 

Nell’ambito #MeToo, di cui Mulan risente pesantemente e – di nuovo – con un po’ di pedanteria, Li Shang, che era l’interesse amoroso di Mulan nell’originale, è ora spezzato in due figure diverse, Chen Honghui (Yoson An), un soldato di suo pari grado, e il comandante Tung (il bravo Donnie Yen di Rogue One). La divisione ha ragioni ovvie (un soldato donna che ha un rapporto con un suo superiore), come ha confermato il produttore Jason Reed.

In questa recensione di Mulan è un dettaglio relativamente da poco, che permette pure a quel rapporto sentimentale di svilupparsi lungo il film, anziché solo nelle battute finali, ma fa capire quanto Mulan sia un film scritto e costruito praticamente col righello (e forse per questo non ha nulla della personalità dell’originale), ricalcando un film animato che già in sé racchiudeva certe sensibilità, per fare leva sui temi più contemporanei (come di norma con Disney).

Il parto di Niki Caro è chiaramente e volutamente anche un film molto meno occidentale rispetto a quello del ’98

Per finire questa recensione di Mulan, il parto di Niki Caro è chiaramente e volutamente anche un film molto meno occidentale rispetto a quello del ’98, con l’obiettivo di imbonire il pubblico asiatico (vedasi l’assenza di Mushu, visto che per il pubblico cinese il drago è un simbolo di rispetto, forza e potere): per Disney in questo caso il botteghino cinese è la potenziale gallina dalle uova d’oro e sono infatti curioso di vedere come andrà in quel territorio.

Riassumendo, Mulan è un film che davvero non riesce ad aggiungere nulla al racconto dell’originale, se non qualche legittima e sensata correzione – che risente della presente sensibilità su certi temi – a determinati passaggi dello svolgimento e della risoluzione del viaggio di Mulan. In più, con 200 milioni di dollari di budget è abbastanza incomprensibile l’impatto estremamente cheap della produzione, che finisce pure per essere appesantito da una regia senza idee e incapace di gestire e costruire l’azione.