TeneT, la recensione del “crepuscolare” e palindromo film di Nolan

recensione di Tenet

La recensione di Tenet, l’atteso film di Christopher Nolan che dal 26 Agosto ci riporta in sala. Ma attenzione, così come il suo titolo, anche lo stesso film è un articolato – e fin troppo complesso – palindromo di immagini e suggestioni.

Christopher Nolan sarà davvero il salvatore del cinema in questo triste e complicato 2020? Questo ce lo saprà dire il botteghino nei prossimi weekend a partire dal 26 Agosto. Intanto con la recensione di Tenet posso dirvi – senza spoiler – cosa aspettarvi dall’ultimo maestoso (e complicato) lavoro del regista che, qualche anno fa, ci aveva sorpreso al cinema con Dunkirk e che, negli ultimi anni, si è da sempre distinto non solo per la grande padronanza tecnica a 360° del mezzo cinematografico, per il grande amore nei confronti della sala e del cinema (e la lotta in questi mesi per uscire in sala), ma anche per “un inspiegabile” desiderio di rendere anche la più semplice della storie fin troppo complesse e intricate.

A Nolan le cose semplici non piacciono e lo abbiamo da sempre saputo. Uno dei grandi esempi non può che essere Memento. Se visto nell’ordine cronologico in cui accadono realmente gli eventi, la storia non solo la capirebbe perfino un bambino ma, a tratti, diventa banale.

 

recensione di Tenet

 

A Nolan le cose semplici non piacciono e lo abbiamo da sempre saputo

Qual è la particolarità di Memento? Il montaggio simbolo della mente in frantumi del protagonista che cerca disperatamente di ricostruire la propria identità e gli eventi, anche tragici, connessi ad essa. Risultato? Una pellicola geniale. Semplice eppure geniale.

Negli anni la sperimentazione tecnica del mezzo è arrivata a toccare anche la storia. L’esempio più misurato – e per me uno dei migliori film di Nolan – è The Prestige. In The Prestige c’è tutta la poetica, follia, genio, arte, tecnica della cinematografia di Christopher Nolan, ma senza esagerare.

 

Hugh Jackman

 

Lo fa nella storia, nel modo in cui il doppio di ogni personaggio interagisce con esso proprio come un trucco magico; lo fa con la fotografia, il montaggio e la regia; lo fa con l’effetto speciale e il gusto della sorpresa; lo fa con il dialogo, sempre complesso, articolato, barocco.

Christopher Nolan è un prestigiatore del cinema.

Un prestigiatore talmente tanto abile che il trucco te lo mostra uno, due, anche tre volte. Ti lascia con il fiato sospeso, gli occhi sgranati, le dita affondate sulla poltrona della sala. Poi ti inizia a dare qualche elemento per portarti alla soluzione. Semina briciole di pane lungo tutta la seconda parte dei suoi film e poi te le lascia raccogliere (spesso per questo servono anche due o tre visioni) portandoti a svelare il trucco dietro il gioco.

E poi? Poi la soluzione è tra le tue mani. Ma è davvero così? Si. E no.

Nolan gioca con il suo pubblico. Gliela da quella risposta, ma vuole anche che la risposta alla tesi venga confutata dalla mente dello spettatore, elaborata, messa in discussione. La trottola è la chiave: ma alla fine è solo un sogno o è la realtà?

 

recensione di Tenet

 

Le sorelle Wachowski nel 1999 avevano anticipato questo concetto con un film che avrebbe cambiato per sempre le sorti del cinema contemporaneo e, molto probabilmente, pellicole come Inception, Interstellar, TeneT, neanche esisterebbero.

Ma perché tutta questa premessa per la recensione di Tenet? Perché come tutti i più grandi prestigiatori, anche Nolan negli ultimi anni ha voluto valicare i suoi stessi limiti.

Proprio come Hugh Jackman in The Prestige, anche Nolan tenta il passo più lungo della gamba. A volte ce la fa, altre volte no. Nel caso di Tenet la verità sta nel mezzo.

Se credevamo che con Dunkirk Nolan avesse completamente superato se stesso, ci sbagliavamo. Dunkirk ha la magia del grande schermo con una messa in scena che fa tremare le sedie e palpitare i cuori dei più deboli, la grande tecnica, la padronanza del mezzo senza rivali (perdonaci Sam Mendes), ma a livello drammaturgico non è stata una delle più grandi storie di Nolan.

Tenet torna indietro a Interstellar, ripesca le suggestioni di Inception – questa volta però giocando con l’entropia degli oggetti – e riproduce il meccanismo strutturale di Memento.

Il risultato? Un film elevatissimo, frastornante e che nelle scene d’azione lascia senza fiato. Una pellicola dove è il Cinema, il grande Cinema, a regnare e lo schermo prende vita sotto le immagini che giocano con la mente dello spettatore.

Un film elevatissimo, frastornante e che nelle scene d’azione lascia senza fiato

Ma è anche una pellicola che si basa su una storia semplice, così semplice, da venire volontariamente intrappolata in una struttura così grande, così inutilmente complessa, da lasciare dopo una prima visione talmente perplessi da non potersi non chiedere: perchè?

 

 

Perché complicare così tanto qualcosa che non aveva bisogno di essere esasperato fino a questo punto? Perché portare i personaggi a compiere dei voli pindarici estremi quando, lo spettatore più esperto, il trucco lo ha già scoperto nella prima metà del film? Perché seminare così tanto, rimescolare le carte in tavola nel bel mezzo del racconto, e poi comunque raccogliere quelle che sarebbero comunque state le carte della semina precedente al rimescolamento?

Perché è Christopher Nolan e lui può farlo. Legittimo, ma ci basta? Probabilmente no e probabilmente non basta neanche una visione per poter realmente comprendere l’intero sottotesto intrinseco all’interno del film, soprattutto quando la battuta più gettonata di ogni dialogo è:

Non capisco.

 

Ma facciamo un passo indietro – o in avanti, dipende se state vivendo il mio passato nel vostro futuro o il vostro passato nel mio futuro – e addentriamoci meglio nell’universo palindromo di Nolan.

 

 

 

Dall’inizio alla fine, dalla fine all’inizio

Tenet è una parola particolare, ovvero una parola palindroma: possiamo leggerla da destra a sinistra, da sinistra e destra, e le lettere a comporla saranno comunque quelle. La parola Tenet si trova al centro del quadrato di Sator, il curioso quadrato magico composto da cinque parole, tutte palindrome: SATOR, AREPO, TENET, OPERA, ROTAS.

Questa composizione è sparpagliata in giro per l’Europa in diversi reperti archeologici; gli esemplari più antichi e più celebri sono quello incompleto rinvenuto nel 1925 durante gli scavi di Pompei, inciso su una colonna della casa di Paquio Proculo e quello trovato nel novembre del 1936 su una colonna della Palestra Grande, sempre a Pompei.

 

recensione di Tenet

 

Se in Inception la trottola è la chiave, in questo caso il quadrato di Sator è la chiave, perché la soluzione del film risiede proprio nella sua parola, ed è forse questo l’artificio più grande creato da un giocoso, ambizioso e forse anche un po’ pretenzioso, Christopher Nolan.

Da qualsiasi punto lo si guarda, dall’inizio alla fine, da un personaggio all’altro, Tenet nasconde un film nel film, un po’ come il gioco delle scatole cinesi.

Un film nel film che segue un tanto semplice quando banalissimo passaggio: raccontare una storia. La storia di un personaggio senza nome che si muove nel tempo e nello spazio e ricomincia la sua storia – inconsapevolmente – in ognuna di queste direzioni.

Tenet è il collante e il nostro protagonista, l’eccezionale John David Washington già largamente apprezzato in BlacKKKlansman, si muove al centro di questa parola andando da un lato all’altro, dal basso verso l’alto, dall’alto verso il basso.

 

recensione di Tenet

 

La scelta di Nolan è quella di farci vedere un unico punto di vista, un punto di vista che ci porta verso la medesima soluzione (se c’è una soluzione a questo rompicapo). Ma al tempo stesso ci fa vedere che a seconda degli oggetti, dei personaggi, delle linee temporali con cui interagisce il protagonista, la storia può cambiare. Il finale sarà sempre uno e uno soltanto, ma le strade per arrivarci sono diverse e variegate. E Nolan, ovviamente, sceglie quella più complessa.

 

 

 

Io e la mia ossessione, un film di Nolan

Perdonate la battuta, ma quest’uomo te le cava dalla bocca. Ogni regista ha il proprio feticcio, che sia un oggetto, una tematica, una parte del corpo (vero, Tarantino?). Anche Christopher Nolan ne ha una: il tempo.

Quanti amano la tematica del tempo? Troppi.

Quanti dominano la tematica del tempo? Pochi.

Il tempo nel cinema di Nolan si configura in maniera diversa, spesso e volentieri con degli oggetti: un cilindro, una carta da gioco, una trottola. Nel caso di Tenet tutto parte dagli oggetti, più precisamente dalla loro entropia: molto semplicemente, la misura del grado di equilibrio raggiunto da un sistema in un dato momento. In un sistema ordinario come il nostro, il buco in un muro di un chiodo caduto sarà un’azione già avvenuta: prendo il chiodo e lo metto con un martello nel muro, il chiodo cade e lascia un buco. Nel caso di Tenet la cronologia degli eventi è invertita, quindi il buco nel muro è il risultato di un’azione ancora non compiuta e che si compierà nell’inverso: il buco nel muro viene riempito dal chiodo caduto per terra, che verrà colpito all’inverso dal mio martello, per poi tornare nella mia mano.

 

recensione di Tenet

 

È lo stesso “trick” usato in un film come memento: si scambiano le carte in tavola, alternando la cronologia degli eventi, dalla fine all’inizio, facendo sì che l’evento si compia comunque. Un’azione, per così dire, palindroma. Esattamente come il film.

Fin qui il processo per quanto complesso nel suo iniziale svolgimento, comincia ad avere senso e iniziamo a prendere sempre più confidenza con questo mondo, messo in scena dalla straordinaria montatrice Jennifer Lame (Marriage Story, Hereditary).

Il tempo e la memoria non agiscono però nello stesso modo su tutti i personaggi, e questo inizia a complicare le cose

Il tempo e la memoria non agiscono però nello stesso modo su tutti i personaggi, e questo inizia a complicare le cose. Ciò che più si temeva prende forma e l’inversione cronologica non si limita a oggetti o piccole azioni, ma inizia ad influenzare l’intero film, aprendo una serie di parentesi che stordiscono, confondo, lasciando inciampare tra il passato di un personaggio e il futuro dell’altro. Eppure il risultato finale sarà sempre lo stesso. Il percorso si complica, ma la meta è comunque quella.

Il film si incastra nel suo artificio, nel suo gioco, nelle linee temporali, nei personaggi che si ritrovano faccia a faccia con loro stessi. La sensazione è molto simile a quella del “sono io sono qui, ma non sono qui”, ovvero qualcosa di già provato da Nolan e non completamente riuscito già in Interstellar.

 

recensione di Tenet

 

Nolan decide di scalare una grande montagna, tortuosa e ricca di ostacoli, ma un sentiero lo avrebbe portato a destinazione, senza per questo rinunciare alla spettacolarità.

Indubbiamente una grande bella sfida per la Lame che, alla fine della giostra, risulta essere la vera eroina di questo film (e non le invidio per nulla i mal di testa).

 

 

 

Sci-fi, drama, spy story: cosa sono?

Se come il suo titolo, Tenet è un film nel film nel film, anche la commistione di genere non scherza per nulla. E anche questo è un altro punto a favore della bravissima Lame.

A Nolan piace giocare con i generi e lo sa fare anche molto bene, bisogna dargliene atto. La grandiosità di tanti film di Christopher Nolan risiede anche nella maestria di padroneggiare una vasta gamma di sfumature cinematografiche: il noir, il war movie, il dramma, la fantascienza, l’horror e il thriller. Gli manca solo la commedia, in fondo, anche se forse un piccolo pensierino ce l’ha fatto nella costruzione del rapporto tra Robert Pattinson e John David Washington.

 

recensione di Tenet

 

In Tenet c’è un po’ di tutto questo. E forse tutto questo aiuta anche Nolan a svincolarsi dalla critica più aspra che spesso gli viene mossa: la freddezza. Tenet è un film molto intimo. Nel suo essere una pellicola epica, dove l’azione è il fiore all’occhiello di tutto il lavoro, Tenet mostra il cuore di molti dei personaggi.

Ognuno di essi, dal nostro confuso e in balia degli eventi protagonista, al cinico e spietato Andrei Sator (Sator proprio come il quadrato, interpretato da un’altrettanto bravo Kenneth Branagh), hanno un cuore. E, a modo loro, tengono a qualcosa. Disposti a tutto pur di ottenere quel qualcosa. E se una guerra tra universi, tra generazioni, tra passato e futuro, viene combattuta è anche per questo.

Viviamo in un mondo crepuscolare. Nessun amico al tramonto.

Come ogni film di Christopher Nolan che si rispetti, anche in Tenet ci ritroviamo in un mondo allo sbaraglio, sul bordo del precipizio. Un mondo destinato a finire a causa delle nostre stesse mani. Un mondo che ha perso la speranza ma non le persone che credono ancora in essa.

Ed ecco come questo diventa la chiave per Tenet di passare da un genere all’altro, cominciando con una partenza adrenalica.

Non tornavo in sala da fine Febbraio, e l’ultimo film visto in anteprima era The Grudge…, il bisogno di guardare del cinema, del vero cinema, era forte, e Nolan ha saputo accontentarmi. Siamo nel pieno di un film ad alta tensione. Una spy story degna di James Bond, che ad un certo punto sembra quasi diventare un film fantascientifico. Entropia, cronologia, tecnologia trovate nel passato ma inventate nel futuro. Un mondo dai contorni sfumati e in divenire. E poi siamo nel war movie, le atmosfere di Dunkirk che tornano prepotentemente. Spari, esplosioni, palazzi che esplodono, time bomb impossibili. Il cuore che accelera, il respiro che si fa affannoso (colpa anche della mascherina in sala), le pulsazioni che aumentano. Una gioia, una grande gioia per lo sguardo.

 

 

Per quanto questa prima visione (a cui seguirà presto una seconda in IMAX) sia stata in una sala normalissima, si riesce comunque a gustare buona parte dell’uso tecnologico che da Inception ad oggi Nolan mette all’interno dei suoi film. Vuole stupire, vuole fare di più, sempre di più. Superare ogni limite, essere un Icaro che tocca i raggi del sole.

E ci riesce, tecnicamente ci riesce benissimo – grazie anche ad un direttore della fotografia come Hoyte van Hoytema e un compositore Premio Oscar come Ludwig Göransson – confezionando delle immagini che sono pura poesia, linguaggio cinematografico estremo – e anche un po’ eccessivo per qualche palato – che va al di là dello schermo.

È un peccato che nella smania di grandezza anche sulla narrazione, faccia il passo più lungo della gamba, e come detto in precedenza di questa lunga, lunghissima recensione di Tenet, resta incastrato nel suo stesso prestigio.

 

 

Se c’è una cosa che comunque Tenet lascia vivo fin dalla prima visione è che, in fondo, in questo mondo siamo solo pedine. Eroi, antieroi, antagonisti, non è importante. Restiamo come sempre figurati – a volte anche un po’ stupidi – di un universo molto più complesso, incapaci di prenderci cura di noi stessi, dei nostri cari e della terra che calpestiamo.

 

 

 

Quando la perfezione diventa limite

Che Tenet sarebbe stato un film artisticamente e tecnicamente grandioso era scontato. Da Nolan è impossibile aspettarsi il contrario. Questa volta l’asticella si è alzata ai livelli massimi. Il regista inglese confeziona quello che è forse il film che meglio racconta della sua poetica, del suo genio, della bravura ma anche dei suoi limiti.

Una pellicola che per essere davvero assimilata richiede più visioni, tempo e che probabilmente è uno di quei capolavori che verrano realmente compresi nel tempo.

Eppure una visione basta e avanza per comprendere che  Tenet aspira disperatamente a rasentare la perfezione, ma per quanto questo grande “blockbuster d’autore” si posizioni tra le pellicole più ambiziose e stupefacenti del nostro tempo, la sua esagerata esasperazione nel complicare la qualsiasi, negli spiegoni non richiesti o nei dialoghi criptici a suon di “non capisco” “è complicato”, finisce con il diventare il suo limite più grande e anche il muro che più lo allontana dalla perfezione. E, inevitabilmente, allontana anche il pubblico.

 

 

È complicato Tenet? Si.

È un film per tutti? No.

Lo potrebbe essere? Si.

So che il less is more non può essere applicato da tutti e che a volte un po’ di giravolte fanno anche bene, ma quando finito il girotondo più che il divertimento ci rimane addosso un senso di nausea, confusione e stordimento, forse qualche piroetta a favore di un linguaggio più scorrevole e meno aggrovigliato su se stesso, andrebbe limitata.

 

TeneT vi attende in sala dal 26 Agosto con Warner Bros.
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