Pur dicendosi contro i discorsi d’odio, Facebook ospita uno zoccolo duro di musicisti neo-Nazi che incitano al razzismo e alla violenza.

Un’indagine della testata Aljazeera ha portato alla luce più di 120 pagine di gruppi musicali ed etichette discografiche che si affiancano esplicitamente alle ideologie del suprematismo bianco, alcune delle quali sono online da oltre dieci anni.

Poco sorprendentemente, la maggior parte delle suddette rientra in un modo o nell’altro nei registri musicali del metal, genere canoro che ha fatto dell’odio una vera e propria cifra stilistica.

 

white suprematism

 

Nonostante sia facile liquidare le preoccupazioni asserendo che gli atteggiamenti aggressivi siano parte integrante della licenza artistica di un certo tipo di metal, i fatti riscontrati dal giornale sono tanto compromettenti da aver spinto Facebook a reagire immediatamente.

Su queste pagine è possibile trovare tatuaggi di svastiche, collegamenti diretti con movimenti nazionalisti della destra estrema, scatti delle porte di Auschwitz usati come cover per compilation dai titoli antisemiti, contenuti che decantano la sedicente magnificenza di Adolf Hitler.

 

album neonazi

 

A distanza di poche ore dalla pubblicazione dell’articolo, gli amministratori dei social hanno rimosso le pagine di SoldierSS of Evil, Whitelaw e Frakass and Frangar, tutti gruppi colpevoli di aver violato la policy del portale. Altre ancora potrebbero seguire.

Formalmente, Facebook garantisce tolleranza zero nei confronti di ogni forma di discorso d’odio, suprematismo bianco compreso, ma nei fatti l’azienda si è sempre dimostrata lenta e inefficiente nell’intercettare i gruppi che indulgono nell’hate speech.

«Sfortunatamente, tolleranza zero non vuol dire zero incidenti»,

riporta un portavoce.

Mercoledì, la multinazionale fondata da Mark Zuckerberg ha pubblicato una verifica interna riportante i risultati ottenuti dalla piattaforma negli ultimi due anni  nel difendere i diritti civili e nel combattere le propagande violente. I risultati non sono incoraggianti.

Nonostante il processo di verifica si sia dimostrato significativo e abbia condotto ad alcuni miglioramenti significativi della piattaforma, negli ultimi nove mesi abbiamo anche visto prendere decisioni dolorose che hanno avuto conseguenze nel mondo reale e che segnano una battuta d’arresto per i diritti civili,

commenta il documento.

Questo fosco spaccato diviene ancor più cupo quando si nota che l’audit non abbia preso in considerazione gli altri brand posseduti da Facebook Inc., ovvero Instagram e WhatsApp, piattaforme che a loro volta manifestano una serie di complessità legate ai discorsi d’odio.

Nonostante Facebook si sia dimostrata estremamente competente nel creare un algoritmo atto a censurare i capezzoli femminili, insomma, pare che l’azienda fatichi ancora a mettere in atto il l’impegno di ostacolare il suprematismo bianco, impegno che si era presa nel marzo del 2019.

 

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