Ci sono CEO d’azienda che mantengono una posizione mite e prudente, ben guardandosi dal fare dichiarazioni potenzialmente divisive, specie quelle di natura politica, e poi c’è Elon Musk.

Nella giornata di ieri, il CEO di Tesla nell’arco di poche ore ha condiviso prima un meme anti-comunista e poi ha dato la sua benedizione all’improbabile candidatura alla Casa Bianca di Kanye West.

Sette cose che ogni ragazzo deve sentirsi dire, recita il claim dell’immagine satirica condivisa da Elon Musk. 1) Ti amo 2) Sono orgoglioso di te… 6) il comunismo ha fallito ogni volta in cui è stato tentato. Whops.

 

Elon Musk se l’è anche presa con Noam Chomsky, filosofo e saggista best-seller americano, da sempre una delle voci più forti e citate all’interno della sinistra anti-capitalista americana.

 

https://twitter.com/elonmusk/status/1279599254873362434

 

E poi Kanye West. Wow. Il rapper fa parte dello stesso partito di Elon Musk, quello degli incendiari.

Kanye era stato un vivace, e insospettabile, sostenitore oltranzista di Donald Trump, tant’è che si era fatto raffigurare in più occasioni con l’iconico cappellino rosso “MAGA”. Le sue posizioni le aveva esternate anche durante più di qualche comparsata nei late show della televisione americana, suscitando l’incredulità dei suoi fan. Ultimamente sembra essersi pentito delle sue dichiarazioni passate.

 

 

Quello per la presidenza è un pallino fisso di Kanye West, e la sua eventuale candidatura alla Casa Bianca è ormai da anni un meme e un inside-joke di diverse community — alla pari di Dwayne Johnson Presidente.

 

 

Kanye West ha annunciato la sua candidatura con un tweet. «Mi candido alla Presidenza degli Stati Uniti #2020VISION», ha scritto. Pronta la risposta di Elon Musk: «hai il mio pieno sostegno».

Ma ci crede davvero? Può darsi, ma tra le ambizioni di Kanye e la realtà c’è un muro insormontabile: quello del tempo. L’artista è troppo in ritardo per candidarsi con successo in almeno cinque stati, dove la deadline per registrarsi alle presidenziali è passata da diversi mesi. Tra questi anche il Texas, che da solo esprime oltre 30 grandi elettori.

Anche laddove decidesse di candidarsi veramente, ottenendo le firme necessarie in tempi fulminei, il suo nome non potrebbe comparire in alcuni degli Stati chiave necessari per vincere. E a prescindere, nessun candidato indipendente è mai andato granché bene.

 

 

Per molti quella di Kanye West è una semplice mossa pubblicitaria in vista del suo prossimo album. Ironia vuole che anche Donald Trump abbia utilizzato questa strategia in più occasioni, millantando candidature che poi non si sono mai concretizzate. La prima volta nel 2000, quando si era candidato con il Reform Party (il partito di Ross Perott) salvo poi ritirarsi una volta aver distrutto la reputazione del suo principale avversario alle primarie; mossa che peraltro, consciamente o meno, spalancò le porte alla prima presidenza di George W. Bush. Vent’anni dopo, eccoci qua.

Chissà, forse per il 2020 è tardi, ma il futuro ci regalerà davvero una presidenza Kanye West. Ormai gli USA ci hanno abituato a tutto.