Gli scienziati mettono in guardia contro il “greenwashing” degli sviluppi costieri globali: le città sul lungomare del mondo non dovrebbero svilupparsi in maniera falsamente ecologica perché possono ancora causare danni all’ambiente marino e costiero.

Greenwashing è un neologismo indicante la strategia di comunicazione di certe imprese, organizzazioni o istituzioni politiche finalizzata a costruire un’immagine di sé ingannevolmente positiva sotto il profilo dell’impatto ambientale, allo scopo di distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dagli effetti negativi per l’ambiente dovuti alle proprie attività o ai propri prodotti.

Lo stesso concetto si applica alle aree urbane costiere di tutto il mondo che si sono espanse a un ritmo sempre più rapido negli ultimi anni, tentando di minimizzare con il greenwashing il loro impatto sugli habitat naturali.

Le strutture artificiali e le terre bonificate risultanti sono spesso surrogati poveri per l’ambiente naturale che sostituiscono.

Laddove la domanda sociale ed economica renda inevitabile lo sviluppo, si deve prestare maggiore attenzione alle affermazioni sull’aumento della biodiversità perché anche uno sviluppo “ecologico” avrà sempre un impatto sui sistemi naturali.

Lo studio, guidato da ricercatori dell’Università di Plymouth, si concentra in particolare sull’applicazione del cosiddetto inverdimento integrato delle infrastrutture grigie (IGGI).

Nonostante sia già stato implementato in molti luoghi, ritengono che vi sia un ampio margine per essere utilizzato in modo improprio, portando al “greenwashing” applicato, tra le altre cose a frangiflutti e isole artificiali.

La dott.ssa Louise Firth, docente di ecologia marina presso l’Università di Plymouth ed autrice principale dell’articolo afferma

L’artificializzazione della costa globale sta spingendo l’umanità a sviluppare nuove soluzioni per fermare la perdita di biodiversità e migliorare l’ambiente marino costruito. Mentre IGGI ha dimostrato una vera promessa in studi sperimentali e progetti di riqualificazione, ci sono molte limitazioni e incognite e ora è il tempo di discutere apertamente sui suoi rischi e benefici.

Nell’articolo, i ricercatori evidenziano una serie di progetti in cui le strutture o gli sviluppi esistenti vengono rigenerati con lo scopo di generare un beneficio per l’ambiente. Questi includono il Progetto Billion Oyster a New York, che utilizza strutture artificiali per installare ostriche con successo.

Evidenziano però anche aree che potrebbero essere a rischio di greenwashing, tra cui piattaforme petrolifere dismesse nel Golfo del Messico, che potrebbero supportare la vita marina ora, ma potrebbero non farlo a causa del degrado delle loro strutture.

L’articolo aggiunge che negli ultimi 30 anni, l’Asia e il Medio Oriente hanno registrato la più grande crescita della popolazione e delle città mentre costruivano alcuni dei progetti di bonifica dei terreni più ambiziosi e iconici. Tuttavia, tra i primi 50 paesi previsti per sperimentare la più rapida crescita della popolazione dal 2020-2100, l’86% è africano e il 72% è costiero.

Questi paesi hanno alcuni dei più grandi tratti rimanenti di coste “inalterate”, ma limitate politiche di protezione ambientale e come tali sono potenzialmente i più vulnerabili alla perdita di habitat e allo sviluppo futuro.

 

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