Amazon, molla uno dei vicepresidenti: “licenziare chi protesta? È da codardi”

Tim Bray ha mollato in toni polemici Amazon, di cui era uno dei vicepresidenti. Bray ha deciso di dimettersi in solidarietà con i dipendenti licenziati recentemente.

Le dimissioni di Tim Bray da vicepresidente di Amazon diventano in questo modo uno dei più importanti j’accuse nella scena tech americana. Bray ha chiamato le politiche dell’azienda “chickenshit“, e, con una lettera aperta pubblicata sul suo blog, ha detto che la decisione di licenziare i dipendenti che hanno protestato si inserisce all’interno di una strategia deliberata di Amazon «per creare un clima di terrore» trai suoi impiegati.

Bray si riferisce alle accuse (evidentemente da lui abbracciate) rivolte all’azienda di aver licenziato in più occasioni i suoi dipendenti come ritorsione per la loro attività di protesta.

L’ultimo episodio, quello che avrebbe fatto traboccare il vaso, riguarda il licenziamento di Emily Cunningham e Maren Costa. Entrambe erano voci attive dell’organizzazione AECJ, acronimo di Amazon Employees for Climate Justice.

Ancora prima era stato il turno di Chris Smalls, uno dei magazzinieri della sede di New York. Nelle ore successive al suo licenziamento, i media avevano divulgato il contenuto di alcune note interne dell’azienda, dove Smalls era descritto con toni molto poco lusinghieri.

L’AECJ in questi giorni sta chiedendo ad Amazon di offrire ai suoi magazzinieri maggiori protezioni dalla possibilità di venire esposti al covid-19.

L’ex Vicepresidente descrive la decisione di licenziare alcuni dipendenti che avevano iniziato a chiedere condizioni di lavoro più sicure come «la prova che la cultura aziendale è impregnata di una vena di tossicità», aggiungendo di non volere «né bere né servire ad altri questa pozione velenosa».

Tim Bray non si occupava dell’e-commerce, ma lavorava per il dipartimento Amazon Web Services. Bray è un volto estremamente noto della scena tech internazionale, ed è uno dei creatori del metalinguaggio XML.

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