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Final Fantasy: L’età d’oro su PlayStation

Con i primi sei capitoli Final Fantasy è passata dall’essere l’ultimo disperato tentativo di non andare in bancarotta al diventare il titolo di punta assoluto di Squaresoft, conquistando milioni di giocatori e affermandosi tra i migliori giochi di entrambe le generazioni di console Nintendo uscite fino ad allora, NES e SNES.

Final Fantasy VI poi è stato un vero e proprio capolavoro, di gran lunga il migliore della serie e probabilmente tra i migliori tre giochi di ruolo di sempre per quanto riguarda la grafica in 2D. Nel sondaggio NHK citato nel precedente articolo, a distanza di 25 anni dalla sua uscita e con innumerevoli altri capitoli a fargli da concorrente, si è comunque aggiudicato il terzo gradino del podio dietro a mostri sacri che hanno goduto di diffusioni molto più ampie e una fan base decisamente più larga.

Se da un lato questo rappresentava all’epoca un potente trampolino di lancio per l’uscita del nuovo capitolo, allo stesso tempo quest’ultimo soffriva la pressione di dovergli essere superiore o quantomeno all’altezza per non ritrovarsi a essere definito un passo falso.

Le condizioni poi erano assurde: il mondo del gaming aveva assunto tutt’altre dimensioni rispetto ai primi anni ’90, il fenomeno si era diffuso anche in America e in Europa e il pubblico continuava a crescere.

Sony, dopo il fallimento della collaborazione con Nintendo, aveva presentato al mondo la sua PlayStation, rivoluzionaria console che abbandonava il concetto delle cartucce e si affidava invece ai Compact Disk, capaci di ospitare ben 700MB di dati (contro i 4MB delle cartucce SNES), e soprattutto poteva contare su 32-bit per i processori grafici: le possibilità sembravano infinite e alcuni dei primi giochi rilasciati già nel 1994, come Tekken o Wipeout, avevano lasciato a bocca aperta il mondo intero.

Allo stesso tempo Nintendo non era rimasta a guardare e aveva lanciato poco dopo la sua Nintendo 64, anch’essa capace di supportare la nuova grafica tridimensionale e con processori addirittura a 64 bit, ma optò per una scelta più conservativa mantenendo il format delle cartucce, la cui capienza non superava i 64MB, un limite che si rivelò essere fatale per il successo a lungo termine della console.

Squaresoft non poteva perdere un’occasione simile, doveva approdare sulla nuova generazione di console e realizzare il titolo che avrebbe portato la serie alle stelle.
La scelta, rivelatasi poi obbligata oltre che di grande successo, ricadde proprio su PlayStation: è così che nasce l’età d’oro di Final Fantasy.

Attenti agli spoiler.

 

Road to Final Fantasy VII Remake
In attesa dell’uscita dell’atteso nuovo remake di Final Fantasy, ripercorriamo la storia del franchise in una serie di approfondimenti che speriamo vi interessino, da oggi fino al 10 aprile. Leggi tutti gli articoli

 

 

 

Final Fantasy VII

Nuova console, nuove possibilità, nuove sfide, stesso team.

In quello che per l’epoca fu il processo di sviluppo più costoso (circa 40 milioni di dollari) e più intensivo (più di 100 persone coinvolte) mai visto per un videogioco, Squaresoft decise di continuare a puntare sui suoi cavalli vincenti.

Hironobu Sakaguchi, l’uomo del destino, continuò a supervisionare il progetto in qualità di producer, mentre il meritevolissimo Yoshinori Kitase, dopo gli ottimi risultati di FFVI, venne confermato come director del gioco; Nobuo Uematsu si sarebbe rivelato, come sempre e ancor di più, un elemento essenziale per il successo, con una delle tre migliori colonne sonore di sempre della serie.

La perdita più grande fu quella di Yoshitaka Amano, che riuscì comunque a produrre l’artwork del gioco, ma altri impegni professionali lo costrinsero ad allontanarsi dal progetto principale, lasciando spazio a Tetsuya Nomura, che dopo aver servito come graphic director in FFVI diventò il main character designer di Final Fantasy VII.

Questo fu uno degli elementi più incisivi nello stile dei personaggi del gioco, ma probabilmente ne giocò persino a favore viste le ambientazioni e il setting profondamente diverso rispetto ai toni fantasy che la serie aveva avuto sino a quel momento.

 

Final Fantasy VII - Logo characters

 

Final Fantasy VII rimane ad oggi il capitolo più rivoluzionario della serie

Final Fantasy VII rimane ad oggi il capitolo più rivoluzionario della serie: per quanto il battle system sia fondato sull’ATB, tutti gli altri elementi, tecnici e non, subiscono dei forti cambiamenti rispetto alla tradizione.

Complice l’approdo su PlayStation, optare per una grafica ad elementi tridimensionali su background statici era il minimo che si potesse osare, con un doppio stile dei personaggi: miniature deformed durante la fase esplorativa e modelli più realistici nelle schermate di battaglia. Una scelta legata principalmente a limiti tecnici, come la velocità di caricamento minore dovuta ai CD, che tuttavia si è rivelata vincente grazie alla comunque maggiore espressività dei modelli deformed rispetto agli sprite 2D su SNES, mentre la “realisticità” delle figure durante i combattimenti rappresentava un’innovazione tecnologica mozzafiato per l’epoca.

Altrettanto importante fu l’utilizzo di filmati 3D in CGI per le cutscenes, così come tutte le tecniche per la resa simil 3D di sfondi in realtà 2D. Se oggi tutto questo può sembrare semplice, allora si trattava di vera e propria sperimentazione, una scommessa totale con la quale Squaresoft stava decidendo di andare all-in, investendo gran parte della fortuna che aveva accumulato grazie ai primi capitoli in quello che sarebbe diventato il progetto decisivo per il futuro della software house.

A livello artistico, col senno di poi non si può che lodare il lavoro del team di sviluppo.

Le ambientazioni, lo stile, i colori, l’atmosfera, i giochi di luce sulle tonalità di verde, il level design, il monster design, le animazioni, tutto in FFVII è coerente e riesce a trasmettere lo spirito della trama, trascinando il giocatore in una realtà e una narrazione drasticamente distanti dalla tradizione della serie.

La corruzione dei reattori Mako, la decadenza delle Slums, l’angosciante imponenza di Midgar vista dalla world map sono solo i primi elementi che pongono le basi per un’avventura originale e per nulla fantasy, con anzi elementi scientifici e alternativamente futuristici, fortemente dark e cupa.

Nelle prime ore di gioco il giocatore non è in grado di vedere un raggio di sole ma solo metallo, fiamme, devastazione, morte e miseria. Un setting molto pesante, ma che riesce ad essere magistralmente smorzato da alcuni siparietti più leggeri legati soprattutto alla personalità dei personaggi e in particolare ad Aerith, l’eroina principale, il cui animo candido viene espresso anche affiancandola alle uniche immagini serene e colorite della prima parte di gioco.

Final Fantasy VII ricorre fortemente all’utilizzo di palette specifiche per delineare le varie ambientazioni e fasi di gioco e questo riesce a dare grande carisma persino ai luoghi, oltre che agli eventi più significativi. Analizzandolo a fondo, è un lavoro artistico minuzioso ed elaborato che sfrutta l’immagine per accompagnare e rafforzare ciò che il giocatore sta vivendo con le parole e le azioni dei personaggi.

 

Final Fantasy VII - Midgar

 

Altra rivoluzione nel gameplay riguarda il sistema di gestione delle abilità basato sull’utilizzo delle Materia, cristallizzazioni di magia, abilità, comandi speciali e Summon da assegnare agli slot di ciascun pezzo dell’equipaggiamento per poterne usare il potere in battaglia.

Così equipaggiare la materia Fire permette di lanciare Fire in combattimento, mentre salendo di livello diventa possibile usare anche Fire2 e Fire3, le versioni più potenti (ma anche più costose in termini di MP). Allo stesso tempo, abbinando accanto a Fire la materia All diventa possibile lanciare la magia in AOE, ovvero colpendo tutti i nemici sul campo (seppur con 1/3 della potenza originaria), e il livello della materia All determina il numero di volte che è possibile sfruttare questa combinazione. In maniera simile si possono abbinare altre materia come Elemental, che attribuisce al pezzo dell’equipaggiamento l’elemento della materia magica (così con Fire la spada infliggerà danni di tipo fuoco o l’armatura li assorbirà), MP Turbo, che consuma più MP per aumentare la potenza della magia, e così via.

La varietà delle materia e delle loro combinazioni ha generato negli anni una vera e propria corsa all’exploit, con numerosi appassionati impegnati a spingere all’estremo la creatività così da trovare gli abbinamenti più efficaci e potenti. Grazie alla materia di comando Counter e quella di abilità Mime è possibile assistere su Youtube ad alcuni esperimenti decisamente folli in grado di generare una quantità di danni sul singolo colpo fuori da ogni immaginazione, ma questo è solo un esempio che dimostra l’ampio e coinvolgente livello di personalizzazione legato a questa sistema.

Con buona certezza si può affermare che quello delle Materia è il sistema di abilità più riuscito e amato di tutta la serie: oltre a essere profondo e ben equilibrato, infatti, contribuisce a non limitare un personaggio in base alla propria classe e lascia al giocatore la libertà di decidere chi portare nel proprio terzetto da battaglia.

L’unico elemento distintivo rimane quindi quello delle Limit Break, un’evoluzione delle desperation moves di FFVI, specifiche per ogni personaggio e alcune delle quali concentrate sull’applicare bonus di status e statistiche piuttosto che a fare danni.

 

Final Fantasy VII - Materia

La forza dei personaggi, tuttavia, si conferma essere l’elemento vincente.

Dopo il successo del cast di FFVI, Nomura, Kitase e Kazushige Nojima sapevano di dover puntare nuovamente su un villain e un protagonista di grande spessore, ma stavolta rafforzando ancor di più il background del resto del party, che a questo punto sarebbe dovuto essere più ristretto.

FFVII vanta sette personaggi principali più due opzionali, comunque non pochi, ma tutti profondamente caratterizzati e con almeno una sezione di gioco dedicata, pur rimanendo la trama focalizzata su Cloud, il protagonista, e Sephiroth, il villain.

Tra lotte ideologiche, flashback, nuove connessioni, colpi di scena e riflessioni interiori la trama principale si presenta come la più matura della serie ma anche la più contorta, capace di un’altalena di emozioni tale da scuotere il giocatore e fargli sviluppare un’empatia con i personaggi non indifferente.

È in mezzo a questo turbine di sensazioni che Final Fantasy VII mette in scena l’evento più iconico, famoso, citato e discusso di tutta la serie e forse di tutta la storia dei videogiochi: la morte di Aerith.

Non è la prima volta che un personaggio principale in FF viene ucciso, ma le circostanze e la regia dell’avvenimento, insieme alla potenza espressiva di un filmato 3D, lo hanno fatto passare alla storia come il momento che ha segnato tutti i fan della serie.

Aerith si è appena allontanata dal party: la sua discendenza la rende l’unica in grado di fermare il piano di distruzione di Sephiroth ed è sua responsabilità fare tutto ciò che è in suo potere in questa battaglia; si reca così presso la Città degli Antichi, dove cerca di evocare il potere di Holy, un’antica magia in grado di salvare il pianeta. Quando Cloud finalmente la raggiunge, dapprima sta quasi per ucciderla lui stesso, controllato mentalmente da Sephiroth, poi però rinsavisce e riesce a fermarsi.

Final Fantasy VII aerith smile

Partito il video, Aerith alza lo sguardo, vede Cloud e sorride: quel sorriso vuol dire tutto, rappresenta tutte le volte che la ragazza ha continuato a ripetere all’ex Soldier che lui l’avrebbe protetta, che non avrebbe temuto fino a che Cloud le fosse stato accanto, che alla fine Cloud avrebbe risolto tutto; rappresenta una ragazza cresciuta con la consapevolezza di essere diversa, ascoltando i pianti del pianeta, che aveva anche perso il proprio ragazzo, sparito senza fare più ritorno, ma che grazie a un nuovo gruppo di amici e a una missione per lei importante aveva ritrovato la gioia e la speranza.

È tutto racchiuso in quel breve, fragile ma potente sorriso, spezzato improvvisamente dalla perentoria discesa di Sephiroth, che in pochi secondi e senza esitazioni trafigge l’addome di Aerith con la sua Masamune, non lasciandole scampo. Le braccia della ragazza le cadono sui fianchi, senza forza, lo sguardo si spegne: Sephiroth estrae la spada, lasciando che il corpo della sua vittima si accasci al suolo, esanime.

Accade tutto in poco più di un minuto, tra slow motion e inquadrature fisse, accompagnato da una musica e da effetti sonori fuori sincro altamente alienanti.

Un minuto che ha cambiato per sempre la storia di Final Fantasy VII, della serie e del mondo dei videogiochi.

Non c’è disperazione, non c’è rabbia, non riesce a esserci una reazione forte: è tutto surreale, il giocatore lo vede arrivare ma non riesce comunque a realizzarlo, ne rimane svuotato.

La scena successiva conferma l’atmosfera, con Cloud che prima piange la morte della compagna, poi inveisce contro Sephiroth, il quale si congeda lasciando una parte di Jenova che dà via a una boss battle dove la musica non cambia, rimane quella triste e solenne della morte di Aerith.

Finito il combattimento, Cloud e gli altri danno l’estremo saluto alla ragazza, lasciandola sprofondare nel lago della città dimenticata.

Né i personaggi né il giocatore si riprendono più dopo questo evento: il resto del gioco prosegue all’ombra del sacrificio di Aerith, con un senso di vuotezza che nemmeno il lieto fine riesce a riempire. Nonostante la sua morte arrivi nel primo dei tre CD, Aerith è tutt’oggi il terzo personaggio più amato della serie, sempre secondo il sondaggio di NHK, a dimostrazione che le poche ore in cui ha fatto parte della storia non sono bastate a limitare la sua enorme carica espressiva, il suo carisma e l’impatto che la sua morte ha avuto.

Sapere che rivedremo questa scena nel secondo capitolo del remake di Final Fantasy VII ci fa venire i brividi.

 

 

Final Fantasy VII remake - Sephiroth

 

 

Final Fantasy VII diventa un capolavoro: ogni scommessa fatta da Square si rivela vincente e l’approdo alla nuova grafica, il rilascio worldwide e il nuovo stile conquistano il mondo. In pochissimo tempo vende milioni di copie e non solo in Giappone, ridefinendo i JRPG (giochi di ruolo giapponesi) e raggiungendo un pubblico mai visto prima, ma soprattutto col tempo diventa il capitolo della serie più venduto di sempre, tutt’oggi.

Un gioco che è riuscito ad andare ben oltre i confini dell’intrattenimento, che ha sconvolto il panorama del genere e ha contribuito enormemente alla fortuna della serie e della stessa PlayStation, affermandosi largamente come il FF più significativo in assoluto.

Proprio per questo Square non si è risparmiata negli anni, avviando ad un certo punto anche un enorme progetto basato sul gioco che ha visto la release di tre giochi aggiuntivi – Before Crisis, per mobile, Crisis Core, per PSP, e Dirge of Cerberus, per PlayStation 2 – un OAV – Last Order, un film d’animazione di 25 minuti – e un film in CGI, Final Fantasy VII: Advent Children, ambientato due anni dopo la fine del gioco.

Operazioni più economiche che legate ad una vera volontà di sviluppare la lore del capitolo principale, ma in ogni caso ciò che i fan stavano aspettando è stato annunciato a E3 2015 e arriverà a breve su PlayStation 4: Final Fantasy VII Remake.

 

 

 

Final Fantasy VIII

Due anni dopo il titolo di maggior successo della serie, che a sua volta seguiva quello di maggior successo sino a quel momento, Final Fantasy VIII è chiamato ad assolvere l’arduo compito di ripetersi, di confermarsi come un ulteriore progetto riuscito di Square e sfruttare l’ondata di nuovo pubblico generata da FFVII.

La pressione e l’influenza del suo predecessore sono lampanti: pur mantenendo un carattere semi futuristico, in particolare con queste enormi strutture accademico-militari chiamate Garden, FFVIII abbandona i toni dark e angoscianti di FFVII e riporta il giocatore su atmosfere più leggere, luminose e colorate, riportando gli elementi magici e mistici sotto una natura più fantasy e non più legata alla scienza.

Gli stereotipi dei personaggi richiamano in qualche modo quelli del capitolo precedente, ma il background di ciascuno è molto meno sviluppato e la narrazione si concentra molto di più sugli eventi del presente, tralasciando quelle motivazioni e quello spirito che erano stati il punto di forza del party di FFVII.

Squall, Rinoa e compagni ne escono fortemente indeboliti e non è un caso se nessuno di loro rientra tra i primi dieci nel ranking del sondaggio NHK, nonostante un setting molto accattivante (quello delle accademie militari e delle missioni speciali), un character design comunque firmato da Nomura e una grafica più realistica e meno deformed.

 

Final Fantasy VIII - characters

 

La trama inoltre è coinvolgente e alcuni momenti, come la parata della strega alla fine del CD 1, sono realizzati davvero bene, con cinematiche di altissimo livello e alcuni preziosismi tecnici come la sessione in cui i personaggi si muovono con la stessa cinematica come sfondo.

Rimane però spesso un senso di incompletezza, come se nello script mancasse qualcosa per rendere questa o quell’altra scena davvero efficaci, con un risultato di indifferenza generalizzata troppo distante dalla potenza espressiva che era stata vista in FFVII.

A conti fatti, tuttavia, Final Fantasy VIII rimane uno dei capitoli più amati e fortunati, per molti addirittura il primo della serie, ma gran parte di questo merito è dovuta al fatto che è stato anche il primo ad essere stato localizzato in Multi6, ovvero in giapponese, inglese, francese, tedesco, spagnolo e italiano. FFVIII rappresenta quindi il primo amore per la serie per moltissimi giocatori italiani, che nel 1997 potevano aver avuto problemi ad apprezzare FFVII uscito solo in inglese.

La grafica realistica, le bellissime cinematiche, le sequenze animate delle Summon (chiamate Guardian Force) sono stati altri elementi accattivanti per i novizi, mentre a giocare a loro sfavore è stato invece il sistema di sviluppo delle Junction.

Dopo la perfezione delle Materia, la complessità del sistema Junction puntava a proporre un metodo innovativo e originale per avere la stessa libertà di personalizzazione, ma col tempo si è affermato tra i fan come un metodo di paragone con corsi di laurea o test durissimi.

Ogni magia ha un suo effetto diverso a seconda dell’attributo a cui viene assegnata e l’efficacia aumenta in base alla quantità posseduta.

I personaggi acquisiscono nel gioco dei Guardian Force (GF), equivalenti alle Summon, che equipaggiati permettono di usare comandi speciali, far crescere alcuni attributi e assegnare delle magie ad alcune statistiche per ottenere dei boost. Le magie, a loro volta, non si comprano o sviluppano, ma si assorbono dai nemici, da punti di raccolta sparsi durante l’esplorazione o raffinando alcuni oggetti, diventando quantità da accumulare e “lanciare” in battaglia o assegnare alle stats, come gli HP, la forza, la magia, la velocità e così via.

Ogni magia ha un suo effetto diverso a seconda dell’attributo a cui viene assegnata e l’efficacia aumenta in base alla quantità posseduta. Tradotto in sistema di gioco, i Junction si rivelano dolcissimo pane per i fan più accaniti e principale causa di mal di testa per chi è nuovo al genere, ma la loro complessità rimane indubbia per chiunque, soprattutto considerando che la maggior quantità di tempo necessaria a perfezionarli non riusciva comunque in alcun modo ad avvicinarsi all’efficacia e alla varietà delle Materia. Un sistema innovativo e originale, sì, ma probabilmente uno dei maggiori punti di incertezza del gioco.

 

Final Fantasy VIII - Junction

 

Tra alti e bassi, tra personaggi poco carismatici e grafica eccellente, tra setting coinvolgente e battle system complesso, Final Fantasy VIII verrà ricordato per sempre da tutti per il Triple Triad, il primo minigioco presente lungo tutto un FF, un trading card game vero e proprio inserito all’interno del mondo di gioco, con carte ispirate ai mostri e carte uniche dedicate ai protagonisti della storia.

Un minigioco disponibile praticamente sempre e non solo andando in una specifica location come il Gold Saucer di FFVII (o Fort Condor), talmente ben riuscito da aver avuto anche alcune release come app standalone: semplice, divertente, coinvolgente, ma soprattutto un importante apripista che di lì in poi avrebbe spinto Square a inserire minigiochi disponibili lungo tutta l’avventura anche nei titoli successivi.

Final Fantasy VIII non è quindi stato in grado di conquistare i fan come il suo predecessore, ma si è comunque affermato come un validissimo capitolo della serie, anche grazie alla sua localizzazione in più lingue, confermando una striscia positiva ormai più che decennale e una crescita esponenziale per i GDR di Square.

È il capitolo della conferma su PlayStation e forse anche il più giocato in assoluto, fatto impossibile da verificare a causa del dilagante fenomeno della pirateria che proprio in quegli anni potrebbe averlo danneggiato e che ne giustificherebbe le vendite (leggermente) inferiori rispetto a FFVII.

Nei cuori di molti italiani, in ogni caso, rimane il primo Final Fantasy mai giocato, quello che non si scorda mai.

 

 

 

Final Fantasy IX

Se Final Fantasy VI aveva chiuso perfettamente la trilogia SNES e l’era 2D della serie, Final Fantasy IX rappresenta la perfetta chiusura della trilogia su PlayStation 1 e un’ode a tutti capitoli che lo hanno preceduto.

Dopo i futuristici FFVII e FFVIII, l’avventura di Gidan, Daga, Vivi e compagni riporta tutti gli elementi fantasy medievali che erano stati tipici della serie per un generale ritorno alle origini che si rivela essere una mossa vincente: FFIX infatti non solo è il capitolo con il ranking più alto su Metacritic ma è anche il preferito di Sakaguchi e Nobuo Uematsu.

Che sia per un effetto nostalgia o perché il fantasy medievale è stato ciò che ha conquistato i fan sin dal primo capitolo, Final Fantasy IX prende nettamente le distanze dai toni dark e scientifici dei suoi due predecessori e ci riporta su Gaia, un mondo i cui continenti ospitano città governate da sovrani e regine, borghi costruiti intorno a sontuosi castelli e cavalieri con spade e armature a loro protezione.

Lo stile e il design ricordano molto quello dei FF su SNES, soprattutto quello dei personaggi che ritornano ad avere dimensione ristrette ma con lineamenti più realistici rispetto a quelli deformed di FFVII: in pratica una versione ad alta definizione di quelli di FFVI, e non è un caso visto che è principalmente dovuto al ritorno di Yoshitaka Amano, che riprende il posto di Nomura in questo capitolo.

Un design rivisto anche in funzione delle classi che rappresentano, anche questo un elemento di ritorno al passato: così il goffo Steiner, con la sua pesante e vistosa armatura, rappresenta un perfetto Knight, mentre l’agile ed esile Gidan (Zidane nella versione originale) non può che essere un Thief; Vivi, infine, col suo cappello a punta, i guanti e la veste larga è senza dubbio il mago del party.

 

Final Fantasy IX - characters

 

L’impegno nel caratterizzare i personaggi non si ferma al solo aspetto fisico ma spinge il team di sviluppo a introdurre per la prima volta gli Active Time Events, brevi cutscenes che fungono da “finestre” su eventi che stanno accadendo contemporaneamente lontani dall’azione principale: in questa maniera il giocatore può osservare cosa sta succedendo ad altri personaggi che si sono separati dal party, o semplicemente alcune scenette che aggiungono colore alla loro storia e al loro background, così come scoprire informazioni che potrebbero rivelarsi importanti in seguito.

Altro fattore caratterizzante, legato alle limitazioni di comandi reintrodotte dalle classi, è quello delle abilità: in FFIX ogni personaggio ha le sue peculiarità, quindi Gidan non può usare la magia nera così come Daga ed Eiko sono le uniche due a poter invoca gli Eidolons, ovvero le Summon. A loro volta, però, Gidan e Steiner possono usare dei loro comandi speciali, come Ruba e Gladius, mentre tutto il party può apprendere nuove abilità tramite l’equipaggiamento.

Che si tratti di magie, tecniche di spada o altro, Final Fantasy IX introduce un sistema di apprendimento mai utilizzato nella serie basato su abilità legate a oggetti, armi e armature, equipaggiando i quali non solo si rendono disponibili ma iniziano ad accumulare AP (ability points) riempiendo una barra utile a ottenere permanentemente quelle abilità, anche dopo aver rimosso l’equipaggiamento in questione.

Un metodo che spinge quindi a cercare i pezzi più rari non solo per i loro bonus alle statistiche ma anche per le abilità uniche che potrebbero donare.

Tra le curiosità più strane di FFIX la più interessante riguarda la localizzazione italiana del gioco.

Nonostante nella versione inglese si limitino a un moderato uso dello slang, alcuni personaggi del gioco come la razza Qu e i Tantalus, la banda di ladri legata a Gidan, vengono tradotti in Italiano con diversi e marcatissimi dialetti o inflessioni che ne hanno fortemente influenzato il carattere e l’apprezzamento da parte del pubblico, regalando loro una fama e una capacità di essere ricordati che non esiste nella versione inglese originale.

Baku, il capo della banda, diventa Kalò e inizia a parlare raddoppiando spesso la “R”, Cinna viene cambiato in Er Cina e si ritrova con un marcatissimo dialetto romanaccio, mentre Marcus, pur mantenendo il nome originale, assume un accento da Tedesco italianizzato quasi comico, ma la cosa che colpisce di più è che nulla di tutto questo deriva da qualcosa in particolare della versione originale.

Innocue e rare troncature tipiche di un inglese informale, come “outta here” o “gotta go” invece di “out of here” e “got to go”, davvero comuni già all’epoca, vengono trasformate nel totale stravolgimento della lingua di questi personaggi che per tutto il gioco si esprimono in modi quasi incomprensibili per un pubblico meno abituato ai dialetti regionali italiani. È una scelta davvero strana, quasi inspiegabile, il cui risultato però è bellissimo e ha rappresentato uno degli elementi più caratterizzanti di Final Fantasy IX in Italia, garantendo ai Tantalus un posto a vita nel cuore dei fan del Belpaese.

 

Final Fantasy IX - er cina

 

In questo capitolo non c’è nessuna Aeris, nessun Kefka, non ci sono le Materia e nemmeno un protagonista duro e tenebroso con un passato tormentato. Non c’è un elemento che lo contraddistingue maggiormente rispetto agli altri della serie, nulla che lo abbia fatto passare alla storia, e forse è per questo che pur essendo uno dei FF meglio realizzati di sempre non ha raccolto lo stesso successo in termini di vendite, per quanto comunque altissime.

Criticamente acclamato e considerato il migliore dagli stessi sviluppatori, ma storicamente il Final Fantasy dell’era PlayStation 1 meno diffuso e ricordato, a dimostrazione che a volte non basta essere eccellenti per conquistare i fan.

Una chiusura più che degna per la trilogia più fortunata della serie e la preparazione perfetta per ciò che sarebbe arrivato poco dopo: l’approdo su PlayStation 2.

 

 

 

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