Google lancia un sito contro il coronavirus, ma la sua utilità è limitata

Google ha lanciato un sito web interamente dedicato al raccogliere dati autorevoli su cosa sia il coronavirus e sul come difendersene, ma la pagina delude le aspettative.

La nascita della pagina dedicata a Covid-19 è stata annunciata oggi, 21 marzo 2020, dal blog ufficiale del portale. Si tratta di una soluzione ovvia, per quanto tardiva, che Google ha deciso di proporre in risposta al crescente interesse sviluppatosi attorno al coronavirus.

Facendo riferimento ai trend di ricerca, l’azienda statunitense ha infatti registrato che, col passare dei giorni, le persone sembrano sempre più bisognose di risposte chiare e concise. Un’escalation di dubbi riconducibile al sovraccarico globale di informazioni extra-scientifiche.

 

Google trends

 

È il primo intervento significativo della divisione sanitaria di Google (health.google), ma si tratta di un debutto fiacco che sconforta soprattutto gli statunitensi. L’impegno dell’azienda nella lotta al Coronavirus era infatti già stato anticipato la settimana scorsa dal presidente USA, Donald Trump, il quale aveva millantato un servizio di tutt’altra caratura.

Secondo la versione di Trump – immediatamente smentita – l’intenzione sarebbe stata quella di pubblicare un portale sul quale evidenziare i centri medici dotati di test per Covid-19. Un proposito assolutamente nobile e che è stato testato a San Francisco da Verily, azienda consociata a Google, ma che viene frustrato dalle limitazioni del sistema sanitario.

A quasi quattro mesi dall’inizio della pandemia, il sito nasce in reazione all’estensione dell’emergenza sul suolo statunitense, ma si limita a raccogliere sotto un’unico ombrello i consigli delle autorità. Un approccio tutto sommato omologo a quello che il motore di ricerca sta già offrendo da settimane con gli SOS Alert.

 

 

In altre parole, la neonata pagina di Google non rivoluziona il modo in cui confrontarsi col virus né aiuta concretamente le infrastrutture mediche, piuttosto è, al pari del chatbot medico di Microsoft, un palliativo con cui sedare l’ansia. La mossa dell’azienda californiana evidenzia però due elementi: i limiti politici delle multinazionali e il fatto che il mondo globalizzato sia ancora capitanato dagli Usa.

Con il progredire del neoliberismo si è consolidata infatti l’idea che alcune imprese, via la loro indiscutibile potenza economica, siano ormai libere dai condizionamenti nazionali, che il loro potere occulto sia in grado di sostituirsi ai governi occidentali. Una fobia distopica dalle tinte cyberpunk che ora, nel momento della crisi, si infrange contro l’evidenza.

 

 

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